Ecuador. A Carcelén Bajo e Luz y Vida parrocchie cresciute insieme alla loro gente
A Carcelén Bajo e Luz y Vida i fidei donum della nostra Diocesi hanno fatto nascere e accompagnato alla piena maturazione delle strutture e delle iniziative le comunità parrocchiali di San Lucas Evangelista e Maria Estrella de la Evangelizaciòn fino alla “riconsegna” al clero locale. Il “modello padovano” ha saputo adattarsi senza forzature all’ambiente ecuadoriano
Dopo la “restituzione” al clero locale delle parrocchie di Maria Reina del mundo (Carcelén Alto), nel 1996, e di Madre del Redentor a Carapungo, nel 1998, la presenza dei fidei donum padovani si è concentrata sulle due nuove parrocchie germinate dalle prime: San Lucas Evangelista a Carcelén Bajo e Maria Estrella de la Evangelizaciòn a Luz y Vida.
Entrambe le chiese sorgono in cima a una collina, in vista l’una dell’altra, distanti sette chilometri in linea d’aria, ma separate da un burrone: per passare dall’una all’altra ci vuole un’ora a piedi o 50 minuti in auto. La nascita e la crescita delle due comunità è stata seguita dai padovani in tutta la loro evoluzione: le prime case a un piano, con i grigi blocchi di cemento a vista e gli spuntoni di ferro infissi sui tetti provvisori, sono state completate in una decina d’anni, man mano che aumentavano le possibilità, con i secondi piani, i tetti e gli intonaci, dipinti a colori vivaci. Allo stesso modo sono cresciute in queste grandi periferie le strutture urbanistiche e sociali, anche grazie al lavoro d’aggregazione dei preti e dei laici. Col passare del tempo i quartieri poveri sono diventati meno poveri, anche se sono rimaste forti le disomogeneità tra zona e zona. Ma l’espansione urbana non si è fermata, spostandosi sempre più verso nord con la realizzazione di nuovi grandi quartieri, come il barrio del Bicentenario, 1.800 alloggi di piccole dimensioni ideato per dare spazio, in teoria, alla gente che viveva nelle baracche abusive. Sono però anche continuate le occupazioni di aree malsane e insicure, come le quebradas, burroni caratteristici delle zone andine, soggetti al rischio di frane e inondazioni.
Anche in queste nuove urbanizzazioni, dove si sentono i sintomi della secolarizzazione, i sacerdoti padovani hanno cercato di rendere viva la presenza della Chiesa, con la costruzione di cappelle e lo sforzo, non sempre facile, di trovare spazi per dire messa, organizzare la catechesi per i bambini e corsi di formazione biblica per gli adulti. «Un lavoro di nuova evangelizzazione – commenta don Saverio Turato, giunto a Luz y Vida alla fine del 2011, ultimo padovano a lasciare la periferia di Quito nel luglio del 2016 – chiamata ad accogliere indios della sierra e della selva come afroamericani della costa del Pacifico, in cui la tradizione religiosa sradicata dal contesto originario tendeva a farsi devozione personale, con tentazioni superstiziose. Qui si è manifestata l’efficacia del nostro “stampo parrocchiale”, fatto di pastorale ordinaria, liturgia curata, solidi gruppi di catechesi e promozione umana».
«A Quito – conferma don Giampaolo Assiso, l’ultimo parroco padovano di San Lucas, dove ha operato dal 15 novembre 2007 al 22 ottobre 2012 – abbiamo beneficiato del lavoro quasi quarantennale di chi ci ha preceduto. Abbiamo consegnato al clero locale parrocchie con una chiesa, un patronato col campetto per i ragazzi, aule per la catechesi, canonica e casa per le suore. Comunità in grado di sostenersi da sole e di mantenere il proprio prete».
Otto preti padovani in 18 anni
Dal 1998 al 2016 i preti fidei donum che hanno operato a San Lucas e Luz y Vida sono: Francesco Fabris Talpo (1998-2005), Giuseppe Nante (2001-09), Nicola De Guio (2002-13), Fabio Lazzaro (2003-07), Mauro Da Rin Fioretto (2005-13), Giampaolo Assiso (2007-12), Giovanni Olivato (2011- 16), Saverio Turato (2011-16).