Coronavirus. Sette preti anziani. Accuditi e accompagnati fino all'ultimo giorno
Come un vuoto che si allarga sempre di più e repentinamente, è stata la morte in diocesi a partire da metà dicembre di sette sacerdoti anziani a causa del Covid19. Inesorabilmente se ne sta andando una generazione fragile nel corpo, ma solida nello spirito, che ha attraversato il secolo scorso vivendo sulla propria pelle la seconda guerra mondiale e i profondi cambiamenti dell’epoca moderna e della secolarizzazione, cercando sempre di restare al passo con una chiesa in continua evoluzione.
«Ci illudavamo – racconta il vicario generale don Giuliano Zatti – di essere stati graziati, a primavera scorsa con la prima ondata di Coronavirus, rispetto a tante altre diocesi che vedevano i loro sacerdoti anziani decimarsi di settimana in settimana. A noi la morte ha bussato solo adesso, soprattutto all’Opsa dove sono ricoverati una quarantina di preti».
Don Elio Tumolero risiedeva al Cenacolo di Montegalda (la comunità religiosa femminile che accudisce una quindici tra preti anziani e loro familiari, ndr), don Carlo Targhetta, don Sergio Martello, don Floriano Riondato e don Carlo Bressan e mons. Oscar Rizzato all’Opsa dove hanno avuto la consolazione di essere accompagnati serenamente fino alla fine dal personale. «Il decorso della malattia è stato rapido, ma non sono stati mai lasciati soli». Mons. Oscar Rizzato è spirato in ospedale dopo pochi giorni prima era stato ricoverato per un aggravarsi delle condizioni. «In questa occasione, come in altre – sottolinea con rammarico don Zatti – abbiamo toccato con mano quanto il nostro sistema sanitario sia sotto pressione e quanta fatica e disagio stia affrontando chi lavora negli ospedali».
Don Luigi Contin è mancato a casa, in via Omboni, accudito, con devozione, dalla badante Cristina, che si è ammalata lei stessa pur di non lasciarlo. «Pur avendo famiglia, la signora Cristina ha scelto di restargli accanto. Don Luigi è morto d’infarto tra le sue braccia. Questo ci racconta una volta di più la bellezza dei legami che spesso si instaurano tra i nostri anziani e le loro badanti, che non si risparmiano davanti alla sofferenza e alla malattia».
La consolazione che don Giuliano Zatti si sente di esprimere è che non abbiano vissuto la solitudine di fronte alla morte. «Sono stati accompagnati da chi da anni già si prendeva cura di loro, sono rimasti dentro a un ambiente familiare e rassicurante. Avrebbero di sicuro potuto continuare a vivere ancora, le loro condizioni non erano critiche prima del Covid19. Don Floriano avrebbe raggiunto i suoi cent’anni senza problemi l’11 gennaio. ma questa è una malattia subdola che non lascia scampo e aggredisce i più deboli».
Ma quale eredità lasciano alla nostra chiesa con la loro testimonianza umana e di fede?
«Targhetta, Martello e Contin erano persone colte, intelligenti, con un’umanità ricchissima, mentre Tumolero e Riondato possedeva una grande fedeltà al quotidiano e alle relazioni. Nutrivano tutti una grande ricchezza pastorale alimentata da una spiritualità profonda. Don Bressan incarnava il vero prete padovano, fedele alle origini dei propri compiti. Erano preti generosi, uomini colmi di cultura».