Accompagnatori dei genitori. Testimoni di Vangelo
Domenica 15 aprile l'incontro annuale degli accompagnatori dei genitori dell'Ic. Quasi 3 mila adulti si sono rimessi in gioco grazie al nuovo cammino.
Un affollato teatro dell’Opera della provvidenza di Sarmeola ospita domenica 15, a partire dalle 15.30, l’incontro annuale degli accompagnatori dei genitori dell’iniziazione cristiana. Di fronte all’équipe – guidata dal direttore dell’ufficio diocesano per l’annuncio e la catechesi, don Giorgio Bezze – e al vescovo Claudio, un migliaio di adulti che, grazie al nuovo cammino catechetico partito sei anni fa, si sono messi in gioco accanto ad altri adulti. Eppure i presenti non sono che una rappresentanza: se tutti gli accompagnatori intervenissero all’appuntamento, di teatri dell’Opsa non ne basterebbero nemmeno tre.
Sono quasi 3 mila gli adulti che hanno accettato l’appuntamento “al buio” con un modello tutto nuovo di annunciare il Vangelo. E non con i piccoli, ma con i loro pari. Se consideriamo tutti i genitori che, "agganciati" attraverso i loro figli, hanno fatto propria la sfida di rimettersi in cammino nella fede, i numeri salgono ben oltre le 10 mila persone. È uno dei segni più lucenti della rivoluzione silenziosa che in questi anni ha investito il territorio diocesano, e in particolare le 250 parrocchie che in queste settimane stanno accompagnando i propri ragazzi ai sacramenti dell’Eucaristia e della Confermazione.
«Quando ripenso a tutte le persone incontrate nei corsi di formazione per accompagnatori, la prima sensazione è una forte gratitudine al Signore. Dietro a questo movimento così grande e fruttuoso, c’è lo Spirito Santo». Maria Teresa Camporese Stimamiglio rilegge questo viaggio nella fede con l’occhio esperto di chi lo ha progettato, fondato e vissuto da dentro. Ma sa che l’impegno dell’équipe dell’ufficio diocesano non basta a spiegare la profondità di quanto continua ad accadere.
A che punto siamo del cammino?
«Quale evangelizzatore per le nostre comunità? È una domanda capitale nata proprio in questi cinque anni di accompagnamento dei genitori, che abbiamo deciso di porre come tema dell’incontro di domenica 15. Raccogliere l’esperienza degli accompagnatori significa fare i conti con la capacità stessa delle comunità di essere grembo che genera alla fede. Il servizio di questi adulti ha portato a un confronto, spesso anche serrato, con persone che avevano abbandonato la vita ecclesiale in gioventù. Questo richiede la capacità di esplorare linguaggi nuovi e modalità adeguate di annunciare il Vangelo oggi».
Una riflessione che va di pari passo con quella lanciata dal vescovo Claudio sull’identità della parrocchia...
«Oggi ci troviamo di fronte a un passaggio importante: raccogliere le domande degli accompagnatori e soffermarsi sulle sollecitazioni, le fatiche, le attese, le domande di fede e la visione di Chiesa dei singoli genitori significa chiedersi proprio di che tipo di comunità cristiana abbiamo bisogno oggi. Tenendo conto del fatto che, in chi sceglie di riprendere il cammino di fede, la riscoperta più grossa è quella di un Dio-amore. La dinamica disegna una traiettoria simile in molti casi, che porta a una conversione totale della propria immagine di Chiesa: dal sentirsi giudicati, magari per una particolare situazione di vita, a una Chiesa che accoglie, esattamente come accoglie il Padre. Si tratta di qualcosa che supera il singolo cammino e interroga i consigli pastorali parrocchiali».
Qual è il fondamento di questo percorso di catechesi per gli adulti?
«La centralità della Parola, trasmessa però senza velleità da biblisti o da teologi in erba. Si tratta viceversa di riuscire a calarla nella vita per un Annuncio che cambia la vita stessa. Da qui l’importanza dell’esperienza personale del singolo accompagnatore. Secondo il metodo dell’apprendimento, si parte dalla propria vicenda personale, ci si rispecchia nella Parola e infine si ritorna alla vita».
Quali criticità avete riscontrato in questo viaggio?
«La fatica principale è quella di non usare pedissequamente i sussidi proposti. Certo, i passaggi della riscoperta del volto di Dio Padre, del Figlio e infine della comunità sono essenziali. Ma sta alle singole équipe degli accompagnatori in parrocchia scovare le giuste provocazioni e il linguaggio capace di fare breccia e coinvolgere i genitori mettendo in campo il loro vissuto, aprendosi a una vera conversione».
Una fatica che però l’ufficio catechistico diocesano accompagna con numerose proposte formative.
«Il 22 marzo abbiamo concluso un corso di terzo livello, rivolto agli accompagnatori che stavano concludendo il loro quinto anno, con una sessantina di partecipanti. Proprio da queste tre serate che si sono tenute all’Arcella, abbiamo mutuato il tema dell’incontro assembleare di questa domenica, chiedendo agli stessi due relatori di portare la loro esperienza su scala più ampia: si tratta di don Ivo Seghedoni e don Marco Bonfatti, parroco e vice-parroco della parrocchia di San Pio X a Modena. Per maggio è in calendario una proposta di secondo livello, per chi ha già seguito il corso base, su “Come dire la Parola di Dio agli adulti”. Cominceremo da Carceri e Breganze (Vi) l’8 e il 10 maggio e poi il 15 e il 17 toccherà a Campolongo Maggiore, Camisano (Vi) e ai Ferri di Albignasego. Il 19 saremo a Segusino (le iscrizioni sono aperte su www.ufficioannuncioecatechesi.diocesipadova.it, ndr)».
Come ha visto cambiare gli accompagnatori e i genitori in questi cinque anni?
«Ho visto persone incerte, dubbiose sulla proposta. Qualcuno anche con la paura dell’approfondimento. Con il tempo però le équipe si sono consolidate, hanno preso a camminare sulle proprie gambe. Molti genitori nel tempo si sono fatti annunciatori di Vangelo, prendendo sul serio questa opportunità formativa. Certo, va superata l’illusione che questo viaggio riporti tutti i genitori alla messa domenicale. Credo che il percorso si misuri piuttosto sulla sua capacità di aprire interrogativi, di mettere in moto la persona. Di fronte all’Annuncio di un Dio-amore, in molti abbiamo visto commozione; genitori scettici, accostarsi al sacramento della Confessione che non ricevevano dal loro matrimonio. Alla fine ciò che conta è riprendere il cammino».