Verso l’Alto. Ricordando il beato Pier Giorgio Frassati
Diverse sono le iniziative che l’arcidiocesi di Torino promuove in questi mesi per far conoscere Frassati alle nuove generazioni. In primis attraverso i social media
“Con l’ottima guida Cavagnet ho scalato oggi per la cresta est la Grivola con tempo magnifico. Della guida non posso che lodarlo, poiché egli non ha solo tutte le qualità di un abile conoscitore della montagna, ma unisce ad esse una grande moralità e una cortesia da renderlo prezioso amico e compagno di gite”.
È il 12 settembre 1924. Pier Giorgio Frassati giunge in cima alla Grivola, montagna che con i suoi 3.969 metri è la terza per altezza nel massiccio del Gran Paradiso, nelle Alpi Graie. La montagna per Frassati era una delle sue grandi passioni. “Ogni giorno che passa – scriveva – mi innamoro sempre più della montagna; il suo fascino mi attira. Io capisco questo desiderio di sole, di salire su, in alto, di andare a trovare Dio in vetta. Oh, come le opere di Dio sono grandi e meravigliose! Vorrei passare intere giornate sui monti a contemplare in quell’aria pura la Grandezza del Creatore”. Un desiderio, che il giovane torinese vissuto agli inizi del Novecento ha coronato. Mercoledì scorso, 20 novembre, a margine dell’Udienza generale, Papa Francesco ha annunciato durante il Giubileo ormai alle porte canonizzerà due nuovi santi giovani: “Nella giornata degli adolescenti canonizzerò il beato Carlo Acutis e nella Giornata dei giovani canonizzerò il beato Pier Giorgio Frassati”.
Ma chi era Pier Giorgio Frassati?
Pier Giorgio Frassati nasce a Torino il 6 aprile 1901, sabato santo. È figlio di Alfredo Frassati e Adelaide Ametis. Il padre è da sei anni il proprietario e direttore del quotidiano “La Stampa” e sarà l’artefice del grande successo che il giornale godrà negli anni Dieci e Venti. Liberale e amico di Giovanni Giolitti, per molti anni capo del governo italiano, Alfredo Frassati nel 1913 diviene senatore e sette anni più tardi ambasciatore a Berlino. Tutti incarichi, questi, che lo tengono lontano dalla famiglia. Alla cura dei figli si dedica Adelaide, che si occupa della crescita e dell’educazione di Pier Giorgio e di Luciana, nata poco più di un anno dopo. Come era usanza nelle famiglie signorili di un tempo, Pier Giorgio e Luciana iniziano a studiare insieme a casa, con degli insegnanti privati. Successivamente frequentano le scuole statali, ma Pier Giorgio non dimostra molto entusiasmo per lo studio. Finite le medie entrambi vengono iscritti al liceo classico Massimo D’Azeglio di Torino. Ma il giovane Pier Giorgio fatica a prendere confidenza con il latino e quindi viene iscritto dai genitori all’Istituto sociale di Torino, un ginnasio-liceo retto dai Gesuiti. Qui approfondisce la conoscenza delle Sacre Scritture e getterà le basi di quella fede granitica e quotidiana che sarà la bussola di tutta la sua vita. Inizia a fare la Comunione tutti i giorni e a 17 anni entra a far parte della Conferenza di San Vicenzo de’ Paoli, dedicandosi alla cura dei poveri e dei bisognosi. Nel 1918 si iscrive al Politecnico di Torino, perché vuole diventare ingegnere minerario “per poter ancora di più servire Cristo tra i minatori”. Entra a far parte del circolo “Cesare Balbo” della Fuci, per lui luogo di formazione cristiana e amicizia e fa suo il motto della Gioventù cattolica “preghiera, azione, sacrificio”. Ha a cuore in particolare i poveri, gli invisibili, verso i quali si prodiga in gesti di carità fraterna, sia nella San Vincenzo, che da solo, per le strade di Torino, nei quartieri poveri e al Cottolengo. Sono gli anni del primo dopoguerra e Pier Giorgio si impegna anche nell’apostolato sociale, che lo vede presente nelle fabbriche. Quando, nel 1920, il padre viene nominato ambasciatore in Germania, Pier Giorgio lo accompagna a Berlino, dove visita i quartieri più miseri ed entra in contatto con i circoli dei giovani studenti e degli operai cattolici tedeschi. Figlio del direttore de “La stampa”, fa propaganda ai giornali cattolici e, fin dalla prima salita al potere di Mussolini, si schiera apertamente contro il fascismo. Legge quotidianamente la Sacra Scrittura, in particolare le lettere di San Paolo. Legge anche gli scritti di santa Caterina da Siena e i discorsi del Savonarola. Sono proprio queste letture a spingerlo ad entrare, nel 1922, nel Terz’Ordine Domenicano con il nome di “fra Girolamo”. Ama stare in compagnia dei suoi amici e, il 18 maggio 1924, durante una gita al Pian della Mussa, fonda con loro la “Compagnia o Società dei Tipi Loschi”, un’associazione caratterizzata da un sano spirito di amicizia e allegria. Ma non solo. Dietro le apparenze scherzose e goliardiche, la Compagnia dei Tipi Loschi nascondeva l’aspirazione a un’amicizia profonda, fondata sul vincolo della preghiera e della fede. “Vorrei – scriveva il 15 gennaio 1925 – che noi giurassimo un patto che non conosce confini terreni né limiti temporali: l’unione nella preghiera”.
Il 30 giugno 1925 Pier Giorgio accusa una strana emicrania. Nessuno gli dà però molto peso, pensando a una comune influenza. In quei giorni, inoltre, tutta l’attenzione della famiglia è rivolta all’anziana nonna materna, Linda Ametis, che morirà il 1° luglio. Pier Giorgio sta così male che non riesce nemmeno ad alzarsi per partecipare al funerale della nonna. Stava morendo senza che nessuno se ne fosse reso conto. Meningite virale causata dalla poliomielite, probabilmente contratta facendo visita ai bisognosi che vivevano nei quartieri più poveri di Torino. Pier Giorgio muore, a due mesi dalla laurea, il 4 luglio 1925. Due giorni più tardi, ai suoi funerali, piazza del mercato accanto alla Chiesa della Crocetta si riempie di una folla di amici e persone con le quali Pier Giorgio aveva condiviso la sua quotidianità declinando la sua fede in opera di carità e forme disinteressate di amicizia. Ed è proprio in quel momento che si rivela alla famiglia e al mondo intero la grandezza della testimonianza cristiana di questo giovane. Il 20 maggio 1990 san Giovanni Paolo II lo proclama beato definendolo “il ragazzo delle otto beatitudini”. “Il beato Pier Giorgio Frassati, che era un giovane, diceva che bisogna vivere, non vivacchiare”, ha ricordato il 13 giugno 2018 Papa Francesco, che canonizzerà Frassati nell’agosto del prossimo anno. Un anno, il 2025, in cui ricorre anche il centenario della morte di Pier Giorgio. Diverse sono le iniziative che l’arcidiocesi di Torino promuove in questi mesi per far conoscere Frassati alle nuove generazioni. In primis attraverso i social media. Agli inizi del Novecento si comunicava scrivendo lettere. E di lettere Frassati ne ha scritte molte. Sicuramente avrebbe apprezzato le moderne forme di comunicazione che coinvolgono in particolare le nuove generazioni. Una pagina Fb e un account Ig accompagnano un sito intenet sono stati interamente dedicati a Frassati. Ed è proprio attraverso i social media che è stato lanciato in questi giorni un nuovo progetto: il “museo” che racconterà Pier Giorgio Frassati. Nascerà nella canonica adiacente alla chiesa di Santa Maria di Piazza, nel centro di Torino.
Il 1° dicembre partirà proprio sui social “Frassati 100” la campagna di “crowdfunding” per raccogliere finanziamenti che proseguirà fino al 1° febbraio del prossimo anno. Il progetto museale, allestito nelle sale della canonica della chiesa retta per oltre un secolo dai padri Sacramentini – nella quale Frassati si recava spesso per l’adorazione eucaristica – si propone come una sorta di viaggio nella vita di Frassati, grazie anche a installazioni multimediali. La contiguità tra la canonica e la chiesa permetterà, inoltre ai visitatori singoli e ai gruppi, di concludere con un momento di preghiera. Il nuovo museo sarà inserito, inoltre, nel “Frassatour”, un itinerario attorno ai luoghi frequentati da Frassati durante la sua vita. Una vita vissuta “verso l’Alto”, come ebbe a scrivere lo stesso Pier Giorgio, un mese prima di morire, sulla foto che lo ritrae in Val di Lanzo, aggrappato alla roccia con lo sguardo verso la cima, durante la sua ultima escursione in montagna.