Terra Santa: pellegrini e cristiani locali insieme per far crescere la pace e la speranza
Dopo l'appello del patriarca latino di Gerusalemme, card. Pizzaballa e del Custode di Terra Santa, padre Patton, a tornare a Gerusalemme, e complice anche la tenuta della tregua a Gaza e in Libano, si nota una timida ripresa di pellegrinaggi in Terra Santa. Ad oggi i gruppi, piccoli nel numero, sono soprattutto dall'Asia, Indonesia in testa, ma si cominciano a vedere anche gli italiani. Tra i primissimi gruppi quello di 26 pellegrini tra laici, religiosi e sacerdoti, provenienti dalle diocesi di Milano, Trento, Brescia, Tortona, Piacenza e Novara. Si sta imponendo un nuovo stile di pellegrinaggio: quello che vede sempre più coinvolti insieme i pellegrini e le comunità cristiane locali.
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(Gerusalemme) Sono stati tra i primi a rispondere all’appello congiunto (18 gennaio scorso) del patriarca latino di Gerusalemme, card. Pierbattista Pizzaballa, e del Custode di Terra Santa, padre Francesco Patton, a tornare a Gerusalemme, dopo quasi sedici mesi di assenza per il conflitto a Gaza. In 26, tra laici, religiosi e sacerdoti, provenienti dalle diocesi di Milano, Trento, Brescia, Tortona, Piacenza e Novara, guidati da Adriana Sigilli (Diomira Travel) sono partiti il 3 febbraio (fino al 7), passando per i tre ‘luoghi giubilari’ di Nazareth, Betlemme e Gerusalemme, con le rispettive basiliche dell’Annunciazione, della Natività e del Santo Sepolcro. Tema del viaggio lo stesso del Giubileo 2025, “Pellegrini di speranza”. Un programma ricco di visite, meditazioni, messe e soprattutto di incontri con le comunità cristiane locali e di visite di solidarietà, come quella a “Effetà Paolo VI”, la scuola di Betlemme specializzata per la rieducazione audio-fonetica dei bambini audiolesi residenti nei Territori Palestinesi.
Pellegrini coraggiosi. Tra i partecipanti mons. Giuseppe Scotti, alle spalle numerosi e prestigiosi incarichi in Santa Sede e oggi segretario della Conferenza Episcopale Lombarda (Cel). “Sono stati giorni unici per me che ho fatto la guida a lungo nei luoghi santi – racconta al Sir -. In tanti anni non avevo mai visto una situazione di questo genere. Non ci sono pellegrini in giro e quei pochi che ci sono vengono considerati dai cristiani locali come dei coraggiosi. In alcuni dei nostri fratelli di Terra Santa abbiamo visto le lacrime agli occhi”. Per mons. Scotti “la bellezza di questo pellegrinaggio è stata proprio incontrare le comunità cristiane e i loro capi, come il patriarca Pizzaballa e il Custode Patton. Abbiamo conosciuto una chiesa locale che prega, che lavora e che ricerca la pace e la riconciliazione”. Dopo questa esperienza il segretario della Cel è sempre più convinto che “i pellegrinaggi, una volta che riprenderanno con continuità, debbano essere svolti a stretto contatto con le comunità locali per conoscerle, per pregare con loro.
Il cristianesimo di questa terra si innerva nei volti dei nostri fratelli cristiani che l’abitano. L’incontro con la comunità cristiana di Terra Santa è importante perché è fatta di cristiani che pregano per crescere nella speranza come ci invita a fare Papa Francesco in questo Anno Santo.
La speranza, alimentata dalla pazienza, ci dice che è possibile cambiare il mondo. E questo vale ancora di più in una Terra Santa martoriata dai conflitti”.
Con le pietre vive. Coinvolgere sempre di più le comunità cristiane locali all’interno dei programmi dei pellegrinaggi è uno degli impegni assunti da sempre da Adriana Sigilli, presidente della Diomira Travel (Milano), tour operator specializzato in itinerari religiosi e culturali all’interno dei quali i temi dell’incontro, della solidarietà, del dialogo ecumenico e interreligioso, sono parte integrante. Per fare questo Sigilli ha fondato anche l’Associazione “Oasi di Pace”, di cui è presidente, che sostiene i bambini di Terra Santa e le loro famiglie. “In questo Anno Santo – spiega al Sir – il pellegrinaggio deve essere anche un’esperienza di incontro con le persone che abitano in Terra Santa per ascoltare il racconto della loro vita. Soprattutto in questo periodo di totale assenza dei pellegrini”. Per la presidente della Diomira Travel “il pellegrinaggio è un elemento importante all’interno della pastorale perché in Terra Santa si può toccare con mano i tanti fatti narrati nei Vangeli che vedono Gesù protagonista.
Il pellegrinaggio ti permette di entrare nella Storia della Salvezza
e non si può rimanere indifferenti davanti al mistero di questi luoghi”. Inoltre, aggiunge, “il pellegrinaggio favorisce l’incontro con le comunità cristiane locali, le pietre vive di questa terra che ci aiutano a svelare questo mistero. Ed è l’esperienza che abbiamo fatto in questo pellegrinaggio: abbiamo conosciuto persone che non lavorano da mesi per via della guerra, che vivono la paura di quello che potrebbe accadere in futuro, che temono per la fragilità della tregua a Gaza e in Libano. Un’incertezza terribile che sprigiona angoscia in tante giovani famiglie preoccupate per il futuro dei loro figli ma che trova, in una fede provata ma forte, uno stimolo ad andare avanti con speranza cristiana. I nostri fratelli cristiani di Terra Santa ci hanno colpito con la fierezza della loro fede mostrata e mai ostentata”. “La testimonianza che ci hanno donato – conclude – ci spinge a tornare pellegrini in Terra Santa superando la paura che attanaglia tanti fedeli nel mondo.
Venire in Terra Santa è sicuro,
come hanno ribadito il patriarca e il custode in un recente appello: ‘Il pellegrinaggio assolutamente è sicuro. È tempo di alzare lo sguardo e ritornare a Gerusalemme e riportare la gioia a tante famiglie cristiane che attendono con ansia il ritorno dei pellegrini’. Torniamo anche per esprimere in modo molto concreto, la vicinanza alla piccola comunità cristiana di Terra Santa che ha bisogno di noi”.