I Martiri di Damasco, uniti intorno all’Eucarestia
Uniti intorno all’Eucarestia: così sono ritratti Manuel Ruiz e compagni martiri, meglio noti come “Martiri di Damasco”, otto frati francescani della Custodia di Terra Santa e tre laici maroniti, i fratelli Massabki, nell’arazzo che campeggia sulla facciata della basilica di san Pietro, oggi, giorno della loro canonizzazione.
Uniti intorno all’Eucarestia: così sono ritratti Manuel Ruiz e compagni martiri, meglio noti come “Martiri di Damasco”, otto frati francescani della Custodia di Terra Santa e tre laici maroniti, i fratelli Massabki, nell’arazzo che campeggia sulla facciata della basilica di san Pietro, oggi, giorno della loro canonizzazione. I santi fratelli Massabki, spiega la Custodia di Terra Santa, vivevano un rapporto di familiarità e di stretta collaborazione con i religiosi. Francesco era procuratore del convento, Mooti educatore nella scuola dei ragazzi, Raffaele sempre disponibile per ogni necessità. San Manuel Ruiz, superiore del convento, è collocato al centro con la stola rossa e in mano la pisside con le Specie Eucaristiche.
La storia. Dagli atti del martirio che si colloca nel contesto di persecuzione contro i cristiani ad opera dei Drusi sciiti, che a partire dalla primavera 1860 si allargò dal Libano alla Siria, emerge che “la folla fanatica dei persecutori invase il popoloso quartiere cristiano di Damasco, che contava circa 3.800 abitazioni, e si abbandonò ad ogni sorta di violenza, dopo aver chiuso tutte le vie di fuga. La sera del 9 luglio di quell’anno, un gruppo di fanatici penetrò nel convento di san Paolo trucidando tutti quelli che erano presenti in convento – frati e laici – riuniti in chiesa per pregare, confessarsi e ricevere l’Eucaristia, così da trovare in essa la forza di affrontare la prova. Quando gli assassini fecero irruzione, san Manuel Ruiz si recò immediatamente al tabernacolo per consumare le restanti particole, perché non fossero profanate. E proprio sull’altare cadde vittima dell’odium fidei, non prima di ribadire la propria fede con queste parole: ‘Sono cristiano e morirò da cristiano’”. L’arazzo mostra accanto a Ruiz, san Carmelo Bolta e, in ginocchio san Pedro Soler, uno dei frati più giovani della comunità. Il primo era vicario della comunità e mostra la croce di Gerusalemme, simbolo della Custodia di Terra Santa. A sinistra della composizione si trovano i tre santi fratelli Massabki: san Francesco mostra lo stemma del patriarcato cattolico Maronita, san Mooti tiene un rampo di palma, simbolo del martirio, e san Raffele, il più giovane dei tre, tiene le mani giunte, a ricordo del suo amore alla preghiera. A corona di queste figure, spiega ancora la Custodia, sono rappresentati gli altri cinque santi martiri francescani. Alle undici vittime, prima di infliggere i colpi mortali, gli aggressori chiesero di rinunziare alla fede cristiana e di abbracciare l’Islam, invito che fu decisamente rifiutato.
Il significato del martirio. Nel triduo di preparazione alla canonizzazione che si è svolto presso la chiesa di San Salvatore a Gerusalemme dal 17 al 19 ottobre, i frati francescani hanno ricordato il significato del martirio, attraverso la riflessione di fra Alessandro Coniglio, professore presso lo Studium Biblicum Franciscanum. Il concetto di martirio, è stato il punto focale della sua riflessione, è una sorta di filo rosso sempre presente nelle Sacre Scritture, pur con sfumature ed accezioni diverse.
“Non penso – ha spiegato il francescano – che Papa Francesco abbia scelto casualmente il mese di ottobre per la loro canonizzazione. È il mese missionario, ma è anche l’anniversario della guerra a Gaza che non sembra volersi fermare. La scelta di questa data è un segno di vicinanza da parte del Papa a questa terra in cui il cristianesimo sta soffrendo in maniera grave”.
Importanza della missione. I Martiri di Damasco, è stato ricordato, erano in gran parte missionari francescani che avevano scelto di vivere in Terra Santa per portare alla gente del luogo la testimonianza cristiana. La loro storia ricorda l’importanza della missione e dell’annuncio del Vangelo, anche in contesti difficili e pericolosi. “Come frati – ha detto fra Coniglio – ma in generale come cristiani in Medio Oriente, siamo chiamati a rimanere qui nonostante la situazione difficile.
I martiri di Damasco hanno scelto di restare per testimoniare che donare la vita fino alla morte fa parte dell’essere cristiani”.
Il martirio, però, non è solo un fatto del passato. Papa Francesco ricorda spesso che oggi la Chiesa è più perseguitata che mai. Ad esempio, in Medio Oriente conflitti e persecuzioni hanno costretto molti cristiani ad abbandonare le loro terre, ha rimarcato il francescano. Da qui il “messaggio di coraggio e speranza” che arriva dai martiri di Damasco: “Essi hanno scelto di restare e continuare a testimoniare il vangelo ed il loro essere cristiani pur di fronte ad un crescente pericolo. La loro scelta di rimanere fedeli a Cristo, anche di fronte alla morte, è un grande esempio che invita tutti noi a vivere la fede con coraggio e determinazione”.