Cammino sinodale. Mons. Battaglia (Napoli): “Laboratorio di corresponsabilità sociale”
Alla vigilia della prima Assemblea nazionale del cammino sinodale delle Chiese in Italia, un momento cruciale di confronto e discernimento per il futuro della Chiesa nel Paese, parla l'arcivescovo di Napoli mons. Domenico Battaglia
Dal 15 al 17 novembre 2024, Roma ospiterà la prima Assemblea nazionale del cammino sinodale delle Chiese in Italia, un momento cruciale di confronto e discernimento per il futuro della Chiesa nel nostro Paese. Mons. Domenico Battaglia, arcivescovo di Napoli, descrive questo appuntamento come “laboratorio di corresponsabilità sociale” e condivide riflessioni, speranze e proposte concrete emerse dal percorso sinodale della Chiesa campana, offrendo spunti preziosi per comprendere come il Sinodo stia davvero diventando un’occasione di rinnovamento e conversione pastorale per tutta la comunità ecclesiale.
In un contesto così complesso come quello campano, quali sfide specifiche ha dovuto affrontare il cammino sinodale?
La Campania è una terra di incredibili contraddizioni e forti contrasti: bellezza e sofferenza, ricchezza e povertà si intrecciano in un groviglio di esperienze che solo lo sguardo misericordioso di Dio può dipanare. Nel cammino sinodale abbiamo dovuto affrontare sfide concrete che riflettono proprio questa complessità. Due su tutte: la frammentazione sociale e l’indifferenza. In un territorio dove convivono aree di benessere e sacche di povertà estrema, abbiamo dovuto creare spazi di dialogo autentico tra realtà che raramente si incontrano per superare apatia e disinteresse che spesso impediscono di vedere e ascoltare il grido dei più fragili. Eppure, è proprio questa complessità a costituire la trama su cui il Signore ci chiama a tessere il disegno del suo regno.
Il Sinodo è diventato occasione per leggere questa realtà, non per nasconderla, ma per farla diventare il motore di un autentico cambiamento. Abbiamo ascoltato le voci di tante persone, dalle periferie più emarginate al cuore pulsante delle città, cercando di dare spazio a chi spesso non viene ascoltato.
La difficoltà più grande è mantenere viva la speranza laddove la rassegnazione sembra prevalere. Ma è proprio qui che abbiamo scoperto la forza della nostra gente: perché ogni volto, ogni storia, ogni ferita racchiude in sé una luce unica e preziosa, che può illuminare il cammino dell’intera comunità. Solo aprendo i nostri cuori a questo coro di voci, potremo comprendere veramente la complessità del territorio e lavorare per un reale cambiamento sociale.
Il Sinodo sembra un processo lento e a volte faticoso. Come si può garantire che questo cammino non perda di incisività e rimanga rilevante nella vita quotidiana delle comunità?
La velocità non è sempre garanzia di efficacia. Anzi, spesso ci illudiamo che il ritmo frenetico possa compensare la mancanza di un reale cambiamento nelle nostre dinamiche sociali. Il processo sinodale ci invita invece a un passo più lento, ma più profondo e duraturo. È un’occasione preziosa per creare spazi di dialogo reale e autentico, dove le persone possano incontrarsi, ascoltarsi e confrontarsi sulle sfide che il territorio ci pone davanti. Ho avuto modo di incontrare da vicino numerose realtà del territorio – parrocchie, gruppi, movimenti, associazioni, cooperative, comitati di quartiere, gruppi di cittadini – e in quel confronto franco e schietto, ho potuto ascoltare con grande attenzione le loro voci, le loro speranze e le loro preoccupazioni. È stato davvero fondamentale questo processo di ascolto reciproco per avviare insieme, sotto la guida dello Spirito Santo, un cammino di autentico rinnovamento sociale, culturale.
Quali sono state le principali istanze emerse dal cammino sinodale?
Diverse, molteplici, quasi come i tanti colori e le variegate sfumature di un’unica tela. Innanzitutto, c’è stata una forte, accorata richiesta di una Chiesa più vicina alle periferie esistenziali e ai più fragili della società, una Chiesa “in uscita” che sappia farsi prossima a tutti, specialmente agli ultimi, a coloro che spesso la nostra società marginalizza e dimentica. Inoltre, è emersa con chiarezza l’esigenza di processi decisionali più partecipativi, di una Chiesa, cioè, maggiormente sinodale e partecipativa, dove i fedeli laici siano sempre più protagonisti e venga finalmente riconosciuto, valorizzato e messo a frutto il tesoro dei loro carismi e dei loro ministeri, delle loro competenze e delle loro esperienze. Come se la gente chiedesse a gran voce di poter respirare a pieni polmoni l’aria della comunione e della corresponsabilità.
Non posso tacere neppure la particolare attenzione che è stata rivolta alle tematiche giovanili, familiari e sociali, con proposte concrete e innovative per rispondere in modo più efficace alle grandi sfide del nostro tempo, un grido di speranza che si leva dal cuore stesso della Chiesa e dei territori.
Infine, è stata evidenziata la necessità di una revisione profonda dei percorsi formativi del nostro clero, affinché i presbiteri siano maggiormente preparati ad accogliere, ascoltare e valorizzare il prezioso contributo dei laici. Quasi a voler ricomporre quella sinergia feconda tra ministero ordinato e carismi battesimali, che è segno dell’armonia della comunità credente.
Come intende la diocesi di Napoli dare seguito alle esigenze individuate durante il cammino sinodale?
Posso assicurarvi che stiamo lavorando con tutte le nostre forze, attraverso il XXXI Sinodo della nostra Chiesa diocesana, per tradurre queste preziose indicazioni in un piano pastorale rinnovato e pienamente condiviso con l’intero popolo di Dio. Abbiamo già avviato alcuni significativi processi di revisione e riorganizzazione, come il rilancio dei consigli pastorali a livello diocesano, decanale e parrocchiale. È come se volessimo ricostruire quel tessuto connettivo della comunione, ridando vigore agli organismi di partecipazione, affinché la Chiesa possa diventare davvero una “casa” e una “scuola” di comunione, vale a dire spazio di dialogo e di progettazione condivisa. Inoltre,
stiamo lavorando per una maggiore sinergia e collaborazione tra le diverse realtà presenti sul nostro territorio per ricucire quella trama di relazioni che, sole, possono rendere visibile il volto di una Chiesa sinodale.
E non posso non menzionare la rinnovata attenzione ai giovani, attraverso il “Patto Educativo”. Sarà certamente un cammino graduale ma determinato, perché siamo profondamente convinti che solo attraverso un reale cambiamento di mentalità e di stile pastorale potremo diventare davvero una Chiesa più vicina al Vangelo e alle attese profonde del mondo di oggi. Stiamo investendo molte energie in questa direzione, penso al ramo Ets della Diocesi, a Casa “Bartimeo”, al Museo diocesano diffuso, consapevoli che il rinnovamento della Chiesa passa certamente attraverso un profondo rinnovamento personale ma anche attraverso la costruzione di reti di solidarietà e la valorizzazione del patrimonio “umano” e culturale come strumento di sviluppo del territorio.
In un mondo che sembra sempre più diviso, come possiamo costruire comunità unite e solidali?
La divisione è senza dubbio una ferita profonda, che sembra lacerare il tessuto stesso della nostra società. Ma la nostra risposta non può che essere il perdono e l’amore, quella carità che è capace di ricucire ogni strappo. Dobbiamo cercare con pazienza e determinazione quei punti di incontro, quegli spazi di confronto e di condivisione che possano far rifiorire la fiducia e la speranza.
La Chiesa deve diventare un vero e proprio laboratorio di corresponsabilità sociale, dove le differenze non sono viste come motivo di scontro, ma come un arricchimento e una risorsa preziosa per lo sviluppo del territorio. Solo così possiamo costruire comunità che siano veramente inclusive, capaci di futuro e segni di speranza.
Un invito, quindi, a non arrendersi?
Abbiamo davanti a noi una sfida straordinaria, che ci chiama a sognare in grande e a lavorare con passione e determinazione per un cambiamento possibile. Ogni passo verso l’inclusione, ogni gesto di fraternità, ogni spazio di partecipazione che riusciamo a costruire, ogni parola di speranza che riusciamo a seminare, contribuisce a tessere una nuova trama sociale. Il processo sinodale, in questo senso, diventa paradigma non solo di un nuovo modo di immaginare la Chiesa ma anche di pensare la città: non più come somma di individualità, ma come comunità che cresce attraverso percorsi di ascolto e di progettazione condivisa. Il cammino sinodale è la nostra occasione per scrivere insieme il capitolo di un nuovo inizio.
Doriano Vincenzo De Luca