Andrea Pierobon: «Mi è mancata solo la serie A»
Andrea Pierobon, portiere del Cittadella, sua città natale, fino all'età di 46 anni, racconta a Simone Francescon il segreto di una longevità davvero invidiabile per un calciatore professonista.
Andrea Pierobon di Cittadella, ex portiere di calcio, è stato uno dei giocatori in Italia più longevi, avendo chiuso la carriera a quasi 46 anni, il 22 maggio del 2015, dopo un triste Cittadella-Perugia 0-2, che determinò la retrocessione in serie C dei granata. Pierobon ha superato nei tabellini Marco Ballotta, anch’egli portiere, ritiratosi con la Lazio all'età di 44 anni.
Anche dopo il ritiro Andrea è rimasto legato al calcio, anzi è rimasto nel suo Cittadella in veste diversa, quella di preparatore dei portieri, ma ricorda ancora volentieri i suoi inizi.
«Avevo 18 anni ed era l'ultima giornata della stagione 1987- 88; il Cittadella era in Serie D, il più alto livello del calcio amatoriale. Giocavamo in trasferta a Schio e mi ricordo che feci una gran parata su un colpo di testa di un attaccante avversario».
Se ne andò nel 1990 e iniziò un piccolo giro d'Italia che la condusse a Treviso, Venezia, ad Andria e soprattutto a Ferrara, dove rimase otto anni.
«Ferrara è stata la mia seconda casa, ma il richiamo di Cittadella è sempre stato molto forte. Promisi all’allora presidente Angelo Gabrielli, che quanto prima sarei tornato a casa. All’epoca avevo 36 anni e avevamo già parlato di un futuro con un ruolo nello staff; poi, prima di appendere gli scarpini al chiodo, rimasi in rosa per un decennio…».
Cittadella non è un club come tutti gli altri e dopo diversi anni di serie B, intervallati da una parentesi di un anno in C, nasconde a fatica l’ambizione di salire nella massima serie.
«Ne abbiamo fatta tanta di strada. Abbiamo sfiorato la promozione in serie A nel 2010, arrendendoci nelle semifinali dei play-off contro il Brescia. Sarebbe stato veramente straordinario conquistare la promozione e avrei potuto scoprire la Serie A all’età di 40 anni..La mia è stata una carriera soddisfacente, ma la massima serie rimarrà per me un piccolo rimpianto».
Qual è stato il segreto di questa sua incredibile longevità?
«È molto semplice: ho sempre sognato di essere un giocatore professionista e ho fatto in modo di mantenermi in attività il più possibile. Le mie motivazioni sono sempre state tante. Non ho mai avuto dei gravi infortuni o grossi problemi muscolari. Ma bisogna aggiungere che mi sono sempre allenato assiduamente e con regolarità. In più di trent’anni di carriera ho saltato solamente cinque allenamenti».
Tre decenni e oltre sui campi da gioco, ma anche negli hotel, in pullman, in treno e in aereo: un ritmo di vita che alla lunga avrebbe potuto pesare su chi le stava accanto.
«Non ci sono mai stati problemi, anzi, il contrario. È anche grazie alla mia famiglia se ho giocato così a lungo. Sono sposato da ventidue anni e ho due figli ormai adolescenti. Loro sono stati i primi a motivarmi, anche se spesso ero lontano. Anche questa serenità familiare è stata la mia forza. E, dopo tutto, adesso lavoro a cinquecento metri da casa».