I tanti reati che i nostri ragazzi consumano inconsapevolmente
L’esperienza professionale di avvocato penalista a Padova mi porta molto spesso ad assistere ragazzi coinvolti in procedimenti penali per aver posto in essere condotte che non avevano ben valutato essere reati, o che avevano agito per spirito di emulazione perché così fanno in tanti. Per non parlare di quei genitori che, pur non giustificando il modo di agire dei loro figli, fanno capire che, tutto sommato, quanto accaduto non sembra poi così grave da determinare una effettiva sanzione penale.
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Accade così di difendere ragazzi minorenni o poco più, accusati di furto aggravato di oggettini di valore inferiore ai 10 euro in un grande magazzino pur avendo i soldi in tasca sufficienti per pagarli; ragazzi che hanno insultato sui social network un coetaneo (trattasi di ingiuria e diffamazione); ragazzi che hanno regalato una canna a un amico (la legge punisce lo spaccio di stupefacenti), eccetera.
Solo quando si trovano a risponderne davanti a un giudice realizzano il disvalore sociale e penale di quella condotta, ignorando i più comuni principi della legalità.
Un problema di cultura e di educazione
Essere un operatore del diritto insieme ai magistrati e alle forze dell’ordine, fa subito comprendere come la concezione materialistica prevalente nella società odierna abbia determinato un sensibile affievolimento del senso dei doveri sociali e del rapporto costruttivo tra gli uomini, tra genitori e figli, tra nuove e vecchie generazioni.
La scuola, sotto questo punto di vista, potrebbe fare molto di più non puntando soltanto ad aumentare la cultura dei ragazzi ma coltivando l’educazione alla socializzazione, insegnando allo studente bambino prima, e ragazzo poi, le regole del vivere civile, spiegando quali siano i doveri sociali, intesi quali l’obbedienza alle leggi, il rispetto della persona e della dignità, dell’identità, della sessualità, della proprietà, l’astensione dalla giustizia privata e quindi la rinuncia alla vendetta, la solidarietà nel lavoro.
Ogni progetto di crescita implica fatica e momenti di dolore non eliminabile e si colloca in una società che, oggi più che in ogni altro tempo, invia messaggi gravemente illusori che creano nei ragazzi un senso di onnipotenza e di diffusa irresponsabilità, anestetizzandoli sulle conseguenze della loro condotta e sulla necessità di coltivare i rapporti personali.
Tra nuove tecnologie e relazioni superficiali
La libertà virtuale della quale godono crea nei ragazzi grandi aspettative: “postando” un video sui social e raccogliendo centinaia di “mi piace” si sentono realizzati. Tutto questo però in un contesto di relazioni interpersonali superficiali, tra ragazzi che non hanno ricevuto un progetto educativo con regole certe.
La legalità si impara sin da bambini e va insegnata sin dalle piccole cose, giorno per giorno, a casa, a scuola, nello sport, nelle relazioni sociali tra coetanei e tra persone di diverse generazioni. Cosa avranno imparato quei ragazzi che giocando una partita di calcio vedono che i loro genitori azzuffarsi fino all’intervento dei carabinieri per una azione di gioco sbagliata o per un fallo non fischiato?
Quale comportamento terrà da adulto il figlio del genitore che guida inviando sms o insulta gli altri automobilisti che non sono stati pronti a lasciargli la strada o che semplicemente parcheggia negli spazi dedicati ai disabili non rispettandone i diritti?
In classe, a tu per tu con gli studenti
Quando sono invitato a parlare agli studenti delle medie o del liceo del rispetto delle leggi, appaiono molto interessati ad ascoltare i casi concreti dei quali si tratta nelle aule dei tribunali perché molto spesso riguardano fatti che in maniera diretta o indiretta li hanno già visti coinvolti.
I ragazzi delle scuole medie hanno un’età nella quale stanno iniziando a “girare” da soli per la strada e a confrontarsi con la maleducazione degli automobilisti. Cominciano ad affrontare da soli la società. Dalle domande che mi pongono capisco quanto sia vivo il loro interesse per l’argomento “legalità”. Vogliono conoscere cosa si può e cosa non si può fare e cosa succede se si violano le regole, avendo tutto sommato ben chiaro il principio che chi sbaglia paga.
Quando un adolescente mi fa una domanda tocco con mano il senso di legalità che ha respirato all’interno delle mura domestiche, del rispetto delle regole sociali che ha visto tenere dai suoi genitori e dal suo “gruppo” di appartenenza.
Diverso è invece l’approccio avuto con i ragazzi che frequentano il liceo
Qui siamo di fronte a giovani pienamente digitalizzati e capaci di sfruttare ogni potenzialità dei social network. In tema di legalità hanno già sviluppato un preciso atteggiamento che molto spesso si manifesta in un sentimento di sostanziale indifferenza e sfiducia verso le sanzioni imposte dalle leggi e che, al sentire parlare di condanne in relazione a determinate condotte per loro abituali, sgranano gli occhi per lo stupore.
I nuovi reati che si consumano in rete
Quando, ad esempio, si parla loro di rispetto dell’onore e del decoro delle persone, hanno ben chiaro che dare del “deficiente” a una persona che è lì presente costituisce una ingiuria o che dare del ladro a uno che non è presente sia diffamatorio ma, incredibilmente, quasi nessuno ha ancora capito che scrivere quelle stesse offese su Facebook, Whatsapp o altri social costituisce un reato che il destinatario può denunciare.
Il ruolo fondamentale della scuola
Quando queste condotte vengono portate all’attenzione dell’autorità giudiziaria, ci si rende conto che la scuola avrebbe potuto fare molto per fornire ai ragazzi gli strumenti sociali adeguati, promuovendo una cultura della legalità, insegnando il rispetto delle regole, degli altri, educandoli a confrontarsi positivamente con chi la pensa in maniera diversa e si comporta in maniera differente dal branco, spingendo le vittime ad avere il coraggio di segnalare subito le situazioni di sopruso subito.
L’esperienza professionale insegna che con forme più sottili, e quindi se possibile ancor più pericolose, anche molte ragazze si sono rese responsabili di episodi di bullismo verso la o le compagne deboli del gruppo, ree magari di sgarbi involontari e inconsapevoli e, per questa ragione, punite con uno stillicidio di violenze sottili e spesso sadiche che vengono a lungo accettate dalle stesse vittime, parti di un contesto sociale e scolastico che viene governato da regole completamente distorte, rese possibili da un clima permissivo dove è più forte l’approvazione del gesto prevaricatore che la critica per il danno provocato alla vittima.
Dalla bravata all'aula di tribunale
Incredibilmente, si arriva così a giudicare nelle aule di giustizia situazioni molto gravi protrattesi per mesi, che avevano portato a un annientamento della personalità della vittima fino a farle perdere l’autostima in una totale assenza di conoscenza di tale situazione da parte degli insegnanti e delle famiglie.
Situazioni determinate, oltre che da scarsa attenzione di chi è preposto a vigilare e dall’indifferenza di molti genitori in altre faccende affaccendati, da un clima di omertà dei compagni che, viceversa, una adeguata responsabilizzazione avrebbe potuto far denunciare.