Da Livorno a Padova, addio rendite a sinistra
Un sostanziale suicidio politico del Pd apre le porte nella città toscana al sindaco espressione del Movimento Cinque Stelle su cui sono confluiti voti da sinistra e da destra. Da roccaforte rossa a laboratorio politico del Movimento di Grillo. A Filippo Nogarin gli auguri del vescovo Simone Giusti: «Affidi questo suo ruolo di primo cittadino al Signore in cui, so, Lei crede profondamente».
La roccaforte rossa è caduta. Per la prima volta dal dopoguerra il comune di Livorno, la città dove nel 1921 è stato fondato il Partito Comunista italiano, sarà amministrato da una giunta che non è espressione del principale partito della sinistra. Il nuovo sindaco di Livorno è Filippo Nogarin, ingegnere aerospaziale, esponente del Movimento Cinque Stelle.
Che qualcosa di storico stesse maturando in una delle città simbolo della sinistra lo si era capito già quindici fa, quando, in occasione del primo turno delle elezioni amministrative, il candidato del Partito Democratico, Marco Ruggeri, aveva raccolto appena il 40 per cento dei consensi in un comune che non aveva mai avuto la necessità di andare al ballottaggio per scegliere il proprio sindaco. Ma il dato era ancora più sorprendente se confrontato con il 53 per cento raccolto dal Partito Democratico nello stesso giorno alle elezioni europee.
Il vantaggio sul candidato del Movimento fondato da Beppe Grillo era comunque molto ampio, visto che Nogarin aveva raccolto il 19 per cento dei consensi riuscendo ad agganciare il ballottaggio con solo il 3 per cento in più dei voti raccolti da una lista civica di sinistra chiamata “Buongiorno Livorno”.
Ma il ballottaggio ha riservato ulteriori sorprese facendo prevalere il candidato cinquestelle con il 53 per cento dei voti, dopo aver raccolto il sostegno di quasi tutte le altre liste che si erano presentate al primo turno.
Dai numeri del secondo turno emerge anche che il candidato del Partito Democratico non solo non ha raccolto ulteriori consensi, ma ha perso quasi il 7 per cento di quelli conquistati al primo turno. I numeri dicono quindi che gli elettori livornesi, dinanzi alla possibilità di cambiare per la prima volta dal dopoguerra la guida politica della città, hanno deciso di scegliere una proposta inedita su cui si sono ritrovati tutti quelli che non si riconoscevano nel Partito Democratico. Ma non solo: lo stesso Partito Democratico, che, solo quindici giorni fa, nelle elezioni europee aveva raccolto il 53 per cento dei consensi, si è clamorosamente diviso facendo aumentare il partito di coloro che non sono andati a votare al quale ha aderito praticamente il 50 per cento dell’elettorato livornese.
Chi legge oggi questo sorprendente risultato elettorale trova una spiegazione anche nell’anima ribelle dei livornesi che ha accolto la sfida nuova proposta dal Movimento Cinque Stelle. Per altri la motivazione principale sta nella voglia di cambiare la guida politica di una città che, negli ultimi decenni, è stata caratterizzata da un grave declino economico e sociale.
Non a caso anche il vescovo, monsignor Simone Giusti, aveva spesso richiamato i politici cittadini ad affrontare con concretezza le questioni essenziali di una città che si scopre ogni giorno più povera: casa, lavoro ed eccesso di burocrazia sono i nodi che monsignor Giusti, anche alla vigilia delle elezioni, aveva chiesto di sciogliere in vista del bene comune della città.
E anche su questi temi il nuovo sindaco è riuscito ad essere più convincente nelle due settimane che hanno preceduto il ballottaggio. Nel giorno della sua elezione il vescovo Giusti ha inviato al nuovo sindaco un messaggio di augurio e di incoraggiamento in cui si legge tra l’altro: «Non si lasci abbattere dalle difficoltà che incontrerà, confidi nella collaborazione di tanti che vogliono il bene di questa Livorno e affidi questo suo ruolo di primo cittadino al Signore in cui, so, Lei crede profondamente».