Senza demagogia, oltre l'austerità

Napolitano a Strasburgo. Il presidente della repubblica italiana è stato salutato come un fervente europeista dal parlamento europeo, che lo ha accolto tributandogli un lunghissimo e caloroso applauso. Non ha fatto sconti agli errori nella costruzione dell'euro, rimarcando il progressivo distacco delle istituzioni comuni rispetto ai cittadini. Da qui la necessità di profonde riforme.

Senza demagogia, oltre l'austerità

Non bastano vaghi richiami ai successi storici dell’integrazione per salvare l’Europa dai fermenti populisti e dai nazionalismi; non è nemmeno sufficiente evocare i “padri” della “casa comune”: oggi il quadro è cambiato, la globalizzazione ha trasformato gli scenari economici, culturali e politici. Per questo serve una svolta, in grado di rilanciare il progetto comunitario, dal quale peraltro non si può prescindere: «nulla può farci tornare indietro».
Il presidente della Repubblica italiana, Giorgio Napolitano, è stato salutato come un fervente europeista dal Parlamento Ue, che lo ha accolto a Strasburgo tributandogli infine un lunghissimo e caloroso applauso. Un discorso dai forti accenti pro-Europa, quello del capo dello stato, che non ha d’altro canto fatto sconti agli «errori» nella costruzione dell’euro, rimarcando il progressivo distacco delle istituzioni comuni rispetto ai cittadini. Da qui la necessità di riforme profonde, che ridiano all’Europa «più unità, più democrazia, più efficacia».

No a scorciatoie demagogiche. Il presidente Napolitano ha toccato nella prima parte del discorso i temi economici e il peso della crisi sui lavoratori, sulle famiglie, sui cittadini europei, indicando la necessità di superare l’austerità «imposta per il necessario riequilibrio» dei conti statali, la quale ha però avuto come conseguenza disoccupazione e stagnazione. È invece doveroso, pur senza intraprendere pericolose scorciatoie demagogiche, operare coraggiose scelte politiche, riforme e investimenti al fine di creare crescita e occupazione e ridare fiducia alle giovani generazioni.
La crisi, per Napolitano, ha creato un «forte disincanto e una sfiducia verso le istituzioni Ue», che non hanno evitato errori e ritardi nella risposta alla crisi. Ma il presidente ha al contempo rimarcato i persistenti egoismi, le meschinità nazionali e gli atteggiamenti anacronistici dei governi di molti paesi membri, chiamati a cercare risposte condivise a problemi comuni anziché ritrarsi nei confini nazionali. I padri dell’Europa avevano, per Napolitano, una visione di lungo periodo e mondiale, mentre «la politica di oggi è rimasta nazionale». Da qui l’invito a un rinnovamento della politica e delle istituzioni e al rafforzamento della democrazia partecipativa.

Oltre la crisi di consenso. Riguardo alle elezioni per il rinnovo dell’Europarlamento, Napolitano ha parlato di momento della verità, che richiede una svolta in Europa, per il rilancio della crescita accompagnata da riforme del mercato del lavoro, dei sistemi formativi, da investimenti nella ricerca.
Il presidente ha quindi bollato come «semplicistici» e infondati i discorsi di chi vorrebbe smantellare l’euro (costruzione «monca», da completare). Napolitano ha piuttosto sottolineato il dovere di un cambio di rotta per rispondere ai bisogni reali e alle attese dei cittadini: «Nella crisi di consenso popolare di cui l’Unione europea e il processo di integrazione stanno soffrendo – ha insistito – c’è tutto il peso del malessere economico e sociale che l’Unione non è stata in grado di evitare; ma c’è anche il peso di una grave carenza politica, in varie forme, sul piano dell’informazione e del coinvolgimento dei cittadini nella formazione degli indirizzi e delle scelte. Il cambiamento da proporre all’elettorato deve andare al di là delle politiche economiche e sociali. Così come al di là di esse deve andare la sfida con le forze che negano e avversano il disegno dell’integrazione europea, nella sua continuità e nel suo necessario e possibile rinnovamento».

Libertà e democrazia. «Penso che quanti di noi credono nella causa dell’Europa unita – ha aggiunto poco oltre Napolitano – possano prepararsi al confronto elettorale con serenità e con fiducia, come portatori di cambiamento, tanto più se si restituirà al nostro disegno e alla nostra esperienza il loro volto complessivo, tutta intera la loro ricchezza, dopo averne visto in questi anni prevalere una versione riduttiva, economicistica, con pesanti connotati tecnici».
Si è attenuata, secondo il presidente Napolitano, «e va riproposta con forza, la visione di quel che si è costruito in poco più di mezzo secolo: non solo un’area di mercato comune e di cooperazione economica, ma una comunità di valori, e con essa una comunità di diritto complessa e articolata nel segno della libertà e della democrazia. La costruzione europea ha ormai delle fondamenta talmente profonde, che si è creata una interconnessione e compenetrazione così radicata tra le nostre società, tra le nostre istituzioni, tra le forze sociali, i cittadini e i giovani dei nostri paesi, che nulla può farci tornare indietro».
Populismi e nazionalismi sono, secondo Napolitano, vacua propaganda e hanno scarsa credibilità. D’altronde ai politici manca la vista lunga, la capacità progettuale. La ricetta di Napolitano è infine ambiziosa ma chiara: «La missione nuova ed esaltante dell’Europa unita è quella di far vivere, nel flusso di una globalizzazione che potrebbe sommergerci come nazioni europee, la nostra identità storica, il nostro inconfondibile retaggio culturale, il nostro esempio e modello di integrazione sovranazionale, di comunità di diritto, di economia sociale di mercato».

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