«Risponderò alla tua chiamata amando, amando, amando...»
Il racconto di una giornata storica (qui il video della cerimonia) per due chiese. Quella di Mantova, che ha salutato uno dei suoi preti più rappresentativi, e quella di Padova, pellegrina nella città lombarda per «chiedere» l'ordinazione del suo nuovo pastore. Una giornata iniziata con le messe del mattino e quei 60 giovani sotto la finestra del loro (quasi ex) parroco per l'ultimo saluto prima della biciclettata verso la basilica di Sant'Andrea. E infine i ringraziamenti del vescovo Claudio: «O Signore, che io sia chiamato a tanto è cosa straordinaria: questo è un miracolo! A te la mia lode, a te la mia vita!».
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Il significato della giornata di ieri a Mantova, ad alto tasso emotivo ecclesiale, gira tutto attorno a quella frase, pronunciata dal “decano” dei sacerdoti padovani don Giuseppe Zanon, all’inizio della liturgia di ordinazione. Quel «Reverendissimo Padre, la santa chiesa di Padova chiede che sia ordinato Vescovo il presbitero Claudio Cipolla» ha reso l’immagine plastica di un’intera diocesi, la «grande e antica chiesa che è in Padova», che obbediente al papa chiede alla chiesa sorella di Mantova un suo sacerdote come propria guida pastorale.
Non un invio, dunque, non un arrivo, inatteso per giunta, di don Claudio Cipolla sulla cattedra che fu di Prosdocimo, a cui il nuovo vescovo fa chiaro riferimento nel suo stemma episcopale. Al contrario, i significati profondi dei segni liturgici hanno mostrato una chiesa, rappresentata domenica 27 nella grande basilica di Sant’Andrea dall’amministratore diocesano don Paolo Doni, dal consiglio pastorale diocesano e da un centinaio di sacerdoti, che con umiltà chiede un pastore.
Per la diocesi di Padova dunque quasi un pellegrinaggio in una giornata storica, che segna chiaramente una cesura nel cammino di fede euganeo. Claudio Cipolla, nato 60 anni fa a Goito in una casa povera in riva al Mincio, oggi è a tutti gli effetti il «vescovo eletto» di Padova, diocesi che per lui, vent’anni alla guida della Caritas mantovana, ha il doppio volto di due preti, Giovanni Nervo e Giuseppe Benvegnù Pasini.
Don Claudio e i suoi giovani
Una giornata iniziata presto per don Claudio, che ha celebrato la messa delle otto davanti ai pochi fedeli che non si sono poi recati a Sant’Andrea nel pomeriggio: fedeli reduci dalla veglia di preghiera che sabato 26 in serata aveva riempito la chiesa e il piazzale di Sant’Antonio a Porto Mantovano di almeno 400 tra adulti e giovani.
Quegli stessi giovani su cui don Claudio ha puntato forte nei suoi 17 anni da parroco e che alle 14 di ieri affollavano la piccola strada tra chiesa e canonica pronti a raggiungere il centro città inforcando le loro biciclette. Una pedalata per sessanta tra animatori e membri dei gruppi parrocchiali segnata da un clima surreale: un parroco, amatissimo, che diventa vescovo, un nuovo parroco (di cui ancora non si conosce il nome) da accogliere, una celebrazione mai vista prima eppure così importante. È stato il loro vociare che poco dopo ha indotto il nuovo vescovo di Padova ad aprire la finestra della sua stanza, al piano superiore della casa parrocchiale, per chiedere ironicamente alla piccola folla che cosa ci facesse lì. A due ore da una delle messe più importanti della sua vita, don Claudio che si prepara indossando la talare vescovile affacciato sui giovani di Porto Mantovano (una chimera per la parrocchia prima del suo arrivo) è un simbolo del suo ministero.
La cerimonia
Nella grande basilica, capolavoro di Leon Battista Alberti, l’atmosfera è sospesa. C’è curiosità per un rito così raro (lo sottolinea anche il vescovo Roberto Busti). Ma si percepisce chiaramente la sensazione del distacco che non è solo dei parrocchiani di don Cipolla, ma di tutta la chiesa di Mantova, che perde un «pilastro», ma anche un «personaggio scomodo – dice qualcuno – perché promotore di iniziative impegnative, come il Sinodo diocesano, che negli anni i preti e i laici li ha fatti lavorare per davvero». E poi c’è Padova, in attesa di scoprire questo nuovo pastore che per papa Francesco «pare avere le caratteristiche» giuste per guidare «l’antica e grande chiesa» veneta, come scrive nel suo mandato.
Davanti all’ottagono, sotto la grande cupola, il nuovo vescovo patavino siede con don Giuseppe Zanon e don Roberto Frigo, prete novello, in rappresentanza del clero di Padova. Di fronte a lui, oltre a mons. Busti, anche il segretario della Cei Nunzio Galantino, il patriarca di Venezia Francesco Moraglia e il vescovo emerito di Mantova, il padovano Egidio Caporello. «Vuoi essere sempre accogliente e misericordioso, nel nome del Signore, verso i poveri e tutti i bisognosi di conforto e di aiuto», è una delle interrogazioni pubbliche del vescovo Busti all’«eletto». E poi «vuoi pregare, senza mai stancarti, Dio onnipotente per il suo popolo santo?».
L’immagine più potente dell’intera cerimonia arriva dopo gli impegni da vescovo: don Claudio è prostrato a terra davanti all’altare, la chiesa prega per lui invocando i santi nelle litanie, il celebrante chiede per lui la «grazia» di Dio, prima di imporgli le mani e di ungerlo con l’olio del crisma. La consegna del Vangelo, dell’anello «segno di fedeltà», della mitra e del pastorale prelude all’invito di prendere il primo posto tra i vescovi presenti. È solo in questo momento che l’assemblea si scioglie in un applauso a cuore aperto.
Il discorso
L’emozione è incontenibile anche per il nuovo vescovo. Dopo gli abbracci con gli altri vescovi, percorre la navata della concattedrale per la sua prima benedizione al popolo di Dio: le lacrime che gli solcano il volto, i segni di croce diventano a tratti saluti ai tantissimi amici presenti per lui. «Sono al centro dell’attenzione della chiesa; mi perdonerete per questo», dice all’inizio del suo discorso di ringraziamento, scritto per non soccombere all’emozione come nel giorno dell’annuncio della sua ordinazione.
«Andrò a Padova e amerò come fratelli e sorelle tutti i tuoi fratelli e le tue sorelle, i privilegiati saranno i più deboli: lo farò nel tuo nome e con la tua forza. Cercherò lì la mia gioia!», è uno dei passaggi più significativi, dopo i ringraziamenti a più riprese alla chiesa di Mantova. «Le mie mani, i miei piedi, le mie parole, pur essendo mie, stanche e screpolate, saranno mani, piedi e parole di Gesù! Dovranno annunciare che il pastore buono e fedele non ci ha abbandonati. Mostrerò lui e il suo volto. Se ne sarò capace, è chiaro che non sarà per merito mio! O Signore, che io sia chiamato a tanto è cosa straordinaria: questo è un miracolo! A te la mia lode, a te la mia vita!».
Infine, quello che è il programma del suo ministero: «Risponderò alla tua chiamata amando, amando, amando… come Pietro: alla luce delle mie debolezze, ricco solo del tuo mandato».