Terzo settore, ecco la riforma: c’è il via libera del Senato
Approvato il testo del ddl che delega il governo a emanare entro un anno i decreti legislativi che riformeranno il terzo settore. Il testo votato dalla maggioranza, 146 i voti favorevoli, 90 fra contrari e astenuti. Si torna alla Camera per l’approvazione definitiva.
La riforma del terzo settore ha un volto definito.
Il Senato ha infatti approvato, a distanza di quasi un anno dal via libera della Camera dei deputati, il testo del disegno di legge delega di riforma del terzo settore ed istituzione del servizio civile universale. Sono stati 146 i voti a favore, con 74 voti contrari e 16 astensioni.
Il testo approvato differisce in numerosi punti da quello votato a Montecitorio, ragion per cui il provvedimento tornerà alla Camera nelle prossime settimane per quello che nelle intenzioni del governo e della maggioranza sarà un passaggio blindato, che porterà al via libera definitivo del provvedimento. Dal momento dell’entrata in vigore il governo avrà 12 mesi di tempo per emanare i decreti legislativi.
Un settore diversificato e in continua crescita
Quasi 5 milioni di volontari, un apparato informale di oltre 390mila organizzazioni censite dall’Istat con un raddoppio rispetto ai dati di dieci anni fa, 800mila occupati come dipendenti diretti, 12mila cooperative e imprese sociali con una media di 10-12 addetti, 8mila fondazioni di comunità, il tutto per un giro d’affari stimato in circa 74 miliardi di euro che corrisponde al 4% del Pil italiano: è la fotografia sintetica del “terzo settore”, quella realtà multiforme e ancora poco conosciuta che, a vario titolo, coinvolge un decimo della popolazione del nostro Paese. Chi di noi non si è mai imbattuto in una cooperativa sociale, oppure in una realtà di volontariato, o in una impresa senza fine di lucro? Quello è il “terzo settore” che, come dice il nome, si colloca a metà tra lo Stato e il mercato, tra i servizi pubblici e le aziende private.
La soddisfazione del Forum
“Salutiamo con soddisfazione l’approvazione da parte del Senato del Ddl di riforma del terzo settore, dell’impresa sociale e per la disciplina del servizio civile universale”.
Il testo che Palazzo Madama “ha finalmente approvato risponde a molte delle istanze che abbiamo sollevato: la definizione di finalità e oggetto di ente di terzo settore e la questione della revisione fiscale, il riordino in materia di servizio civile nazionale con il riconoscimento della difesa non armata della patria e l’allargamento agli stranieri con regolare permesso di soggiorno”.
“Molto buono l’articolo cui infine si è giunti sull’impresa sociale e il complesso lavoro di sistematizzazione e riordino di tutto il quadro normativo che ha caratterizzato per trent’anni il nostro mondo”. Dopo l’approvazione al Senato il testo torna alla Camera – dove potrebbero essere apportati ulteriori miglioramenti – e quindi essere applicato con l’attuazione della “delega”, cioè dei decreti attuativi da parte del Governo stesso.
Verso un “registro unico”
La portata di questa iniziativa legislativa è molto ampia, non solo per i numeri coinvolti. Riformare e codificare una nuova configurazione per il “terzo settore” significa, per l’Italia, introdurre modalità diverse e più avanzate con le quali i cittadini potranno associarsi, attivare autonome iniziative di portata sociale, culturale, assistenziale. La miriade di realtà filantropiche, caritative, promozionali di welfare popolare oggi presenti troveranno una nuova e più completa cornice giuridica, oltretutto realizzando – questo sembra uno degli intenti principali del legislatore – una codificazione nazionale grazie alla istituzione di un “registro unico”. Finora, infatti, se ne contano circa 350, sparsi tra comuni, province, altre realtà amministrative.
Con la riforma si dovrebbe arrivare a un’unica banca dati, accessibile da parte di tutti i cittadini, che tra l’altro potrebbero contare su una informazione credibile e in grado di tranquillizzarli circa la reale affidabilità delle organizzazioni con cui hanno a che fare.
Welfare rinnovato di matrice popolare
La riforma presenta aspetti piuttosto complessi. Ad esempio, quello fiscale che prevede che possano accedere ai benefici soltanto quelle realtà che rispondono a precisi criteri. Dovrebbero così progressivamente cessare gli “abusi” che hanno consentito a numerose organizzazione di beneficiare del 5 per mille, pur non essendo se non di facciata volte a finalità sociali o ad attività civiche e solidaristiche. Oltre a una revisione piuttosto profonda del meccanismo del 5 per mille, si dovrebbe introdurre un nuovi sistema di donazioni liberali, probabilmente senza tetti, così da incentivare le erogazioni da parte dei privati.
Parallelamente al discorso fiscale, la riforma prefigura nuove modalità finanziarie per sostenere il terzo settore: si va dai mini-bond a forme di agevolazione nella raccolta di capitali, come il crowdfundig. Si punta anche a estendere il concetto di “impresa sociale”, superando la dicotomia tra volontariato e mondo cooperativo.
Se pensiamo a comparti quali il turismo sociale, il microcredito, l’assistenza agli anziani e portatori di handicap, il mercato equo e solidale, la tutela di arte, cultura e ambiente, ci troviamo in un’area socio-economica composita. Lo Stato, con la sua crisi di bilancio, tende ad arretrare, ed è bene che avanzino le “imprese sociali”, al cui interno sia salvaguardata da un lato la dimensione volontaria e dall’altro sia invece promosso un nuovo modo di fare impresa, come motore di sviluppo di un welfare rinnovato e di matrice popolare.
Una Fondazione a sostegno del Terzo settore
Nel testo approvato figura anche l’istituzione della Fondazione Italia Sociale, che il governo aveva proposto negli ultimi giorni del lavoro in Commissione per poi decidere di spostare il dibattito in Aula. La Fondazione “ha lo scopo di sostenere, mediante l'apporto di risorse finanziarie e di competenze gestionali, la realizzazione e lo sviluppo di interventi innovativi da parte di enti di Terzo settore, caratterizzati dalla produzione di beni e servizi con un elevato impatto sociale e occupazionale e rivolti, in particolare, ai territori e ai soggetti più svantaggiati”.
L’obiettivo è quello di raccogliere importanti risorse dai privati, ma nel frattempo, “per lo svolgimento delle attività istituzionali” è confermata nel testo approvato la dotazione iniziale di un milione di euro, per l’anno 2016, di fondi pubblici. Prevista entro il 31 dicembre di ogni anno la trasmissione al Parlamento di una relazione sulle attività svolte per il perseguimento degli scopi istituzionali.
Arriva il nuovo servizio civile "universale"
In questo scenario che si sta aprendo, dovrebbe trovare nuovo spazio anche il servizio civile, che la riforma propone come non obbligatorio ma “universale”, cioè aperto a tutti i giovani che ne facciano richiesta. Attualmente l’offerta delle centinaia di enti promotori è di circa 50mila posti l’anno e l’obiettivo è di arrivare almeno a 100mila nel giro di un quinquennio.
Di “ampia soddisfazione” dopo la notizia dell’approvazione parla Licio Palazzini, presidente della Cnesc-Conferenza nazionale enti di servizio civile, che sottolinea come sia "importante che la situazione si sia sbloccata. Pur consapevoli delle difficoltà, chiediamo l’approvazione finale prima dell’estate come segno della volontà del Governo e dei gruppi di maggioranza e opposizione che al Senato hanno votato il testo di aprire nei fatti una pagina nuova per il Terzo Settore e per il Servizio Civile”.
Nel merito, per il presidente della Cnesc il testo uscito dal voto del Senato “sia avvicina molto a quello proposto dal Governo nel 2014, e su cui avevamo già dato un giudizio positivo, a cominciare dalla parte che riguarda l’inquadramento del servizio civile nazionale nell’ottica di ‘Difesa civile e non armata della Patria’ e dei valori fondanti della Repubblica”.
“Questo riferimento importante per noi non è un punto di arrivo, ma di partenza, per una riflessione culturale che come Cnesc intendiamo portare avanti, sulla necessità, nelle sfide globali, anche di una difesa civile e nonviolenta”, aggiunge Palazzini. “Siamo pronti fin d’ora – dice ancora – a portare il nostro contributo di soggetti sociali alla definizione del Decreto che attuerà la legge delega. In un quadro positivo consideriamo un elemento di debolezza il fatto che si sia mantenuto un finanziamento su base annuale e l’incertezza sulla stabilità delle risorse, a cominciare da quelle del 2017, cosa che potrebbe rischiare di inficiare la stessa operatività della riforma”.
Nella società del cambiamento
Alcune critiche dal mondo del volontariato e terzo settore sono giunte a proposito di alcune esclusioni: ad esempio il settore sportivo amatoriale, le energie rinnovabili e la mobilità alternativa. Il parere complessivo espresso, a livello di Forum del terzo settore, è comunque positivo pur con alcune sottolineature e richieste di correzioni.
Vedremo come, alla fine del dibattito parlamentare e dei passaggi di approvazione da una camera all’altra, alla fine la nuova legge sarà definitivamente varata. Ma una cosa si può dire sin d’ora: il terzo settore del futuro dovrà essere pronto a recepire quegli stimoli che vengono dalla società del cambiamento e multiculturale nella quale – volenti o nolenti – siamo sempre più immersi. E dovrà essere un terzo settore veramente elastico e pronto a rispondere a bisogni nuovi e impensati.
Sir