Sporchi, ladri e stupratori. Ecco gli emigrati italiani
La relazione shock dell’Ispettorato per l’immigrazione Usa del 1912 sui nostri connazionali che sbarcavano a Ellis Island. Il testo sembra il disco rotto populista che, ancora oggi a distanza di un secolo, sentiamo ogni giorno da molti nostri politici. Ma poi la storia ha fatto giustizia: gli Usa oggi sono quel che sono anche grazie ai migranti.
Nel viaggio lungo la storia dell’emigrazione italiana ci sono enormi somiglianze con la storia dell’immigrazione straniera in Italia
Simili i motivi che spingono alla difficile decisione di partire; gli agguati degli sfruttatori; i “mercanti di carne umana”; le precarie condizioni del viaggio; le tragedie in mare e lungo i confini; i controlli, i soprusi, le lacrime.
Ora riportiamo una pagina sorprendente, che contiene considerazioni e pregiudizi intercambiabili tra italiani e stranieri.
A voler utilizzare un’immagine, sembra un vestito logoro, sporco e stretto, che viene gettato sulle spalle di chi ha la sola colpa di essere dovuto partire dalla propria terra per cercare e chiedere accoglienza da un’altra parte.
Quando la pagina, che qui viene riproposta, viene letta in qualche incontro di sensibilizzazione, lo stupore e la sorpresa sono garantiti quando vengono svelati solo alla fine i protagonisti, la data e la provenienza dello scritto.
Qui lo sveliamo subito: siamo nel 1912, si tratta della relazione che l’Ispettorato per l’immigrazione degli Stati Uniti ha consegnato al Congresso, riguarda gli immigrati italiani. Sono sicuro che continua ad avere un effetto dirompente, nonostante si scarti l’effetto sorpresa.
Ecco dunque cosa si diceva degli italiani da poco sbarcati negli Stati Uniti d’America
«Generalmente sono di piccola statura e di pelle scura. Non amano l’acqua, molti di loro puzzano perché tengono lo stesso vestito per molte settimane. Si costruiscono baracche di legno ed alluminio nelle periferie delle città dove vivono, vicini gli uni agli altri. Quando riescono ad avvicinarsi al centro affittano a caro prezzo appartamenti fatiscenti. Si presentano di solito in due e cercano una stanza con uso di cucina. Dopo pochi giorni diventano quattro, sei, dieci. Tra loro parlano lingue a noi incomprensibili, probabilmente antichi dialetti. Molti bambini vengono utilizzati per chiedere l’elemosina, ma sovente davanti alle chiese donne vestite di scuro e uomini quasi sempre anziani invocano pietà, con toni lamentosi e petulanti. Fanno molti figli che faticano a mantenere e sono assai uniti tra di loro. Dicono che siano dediti al furto e, se ostacolati, violenti. Le nostre donne li evitano non solo perché poco attraenti e selvatici ma perché si è diffusa la voce di alcuni stupri consumati dopo agguati in strade periferiche quando le donne tornano dal lavoro. I nostri governanti hanno aperto troppo gli ingressi alle frontiere ma, soprattutto, non hanno saputo selezionare tra coloro che entrano nel nostro paese per lavorare e quelli che pensano di vivere di espedienti o, addirittura, attività criminali. Si propone che si privilegino i veneti e i lombardi, tardi di comprendonio e ignoranti ma disposti più di altri a lavorare. Si adattano ad abitazioni che gli americani rifiutano pur che le famiglie rimangano unite e non contestano il salario. Gli altri, quelli ai quali è riferita gran parte di questa prima relazione, provengono dal sud dell’Italia. Vi invito a controllare i documenti di provenienza e a rimpatriare i più. La nostra sicurezza deve essere la prima preoccupazione».
Che dire? Assomiglia al disco rotto che continuamente ripete lo stesso pezzo di musica lungo i secoli.
I pregiudizi si sprecano, le difficoltà sono elevate all’ennesima potenza, la soluzione populista di mandare a casa tutti sembra una proposta intelligente. Quanto si diceva degli italiani, lo si sente dire degli immigrati che appartengono a questo o a quell’altro gruppo etnico.
Poi però la storia fa giustizia: e se gli Stati Uniti sono la grande nazione di oggi, lo devono in gran parte agli immigrati di ieri.
Questa storia che ci riguarda potrebbe diventare maestra di vita, o almeno arginare sul nascere le facili chiusure e i facili pregiudizi, quando ripropone sulle nostre terre le stesse situazioni che i nostri italiani hanno vissuto in terra straniera..