Play together all'Arcella. Iniziative per ogni età e contesto
Play together, progetto nel quale è stato coinvolto anche il lavoro Sguardi d'Arcella della Difesa del popolo, ha provato, attraverso il gioco, l'arte e la cultura, a migliorare la coesione e l’inclusione tra persone e gruppi differenti che, per diverse ragioni, si trovano in condizioni di debolezza.
Confini aperti, rivolgendosi a tutte le differenze senza esser definite da categorie, ma anzi eliminando forme di barriere e di discriminazione. Volendole contare sulle dita di una mano, queste sono alcune qualità essenziali che una comunità dovrebbe avere per definirsi inclusiva e che spinge verso un cambiamento del sistema culturale e sociale favorendo la partecipazione attiva e completa di tutti gli individui. Il progetto “Play together, creare coesione sociale tramite l’arte, la cultura ed il gioco”, che di fatto ha accolto l’eredità della positiva esperienza di “ContArcella”, avvenuta nel 2016 con diverse iniziative per “rileggere” il quartiere, ha provato a migliorare la coesione e l’inclusione tra persone e gruppi differenti che, per diverse ragioni, si trovano in condizioni di debolezza.
Il progetto, realizzato con il contributo della fondazione Cariparo nell’ambito del bando Culturalmente, ha messo in rete diverse associazioni: sinergie e nuove collaborazioni hanno portato alla realizzazione di molteplici eventi abbracciando tutto l’arco del 2017. Lavorando prima su se stessi, ridefinendo i propri archetipi e mettendosi in discussione, “in gioco”, per l’appunto. Attraverso forme artistiche come il disegno o anche la musica: l’associazione Xena, capofila del progetto, per esempio, tra le tante attività ha presentato il “drum cirle”, un’esperienza ritmica nella quale persone che non si conoscono, sedute in cerchio, hanno suonato tamburi e percussioni, attraverso improvvisazioni dove più si è stati predisposti al dialogo, più la qualità della musica è cresciuta e migliorata.
«Quest’anno abbiamo allargato il concetto di inclusione – spiega Emiliano Bon, responsabile di Xena – non soffermandoci su un singolo strumento o un luogo specifico, come può essere l’Arcella, ma rispondendo alle varie esigenze sparse sul territorio. È stato positivo vedere risposte incoraggianti come la partecipazione dei negozianti a “Stop allo spreco”».
“Stop allo spreco”, realizzato assieme all’associazione Fuori target, aveva l’obiettivo di ridistribuire alcuni prodotti come cibo, vestiti e oggetti vari che rischiavano di rimanere inutilizzati, anche se ancora preziosi alla comunità. Questi articoli sono stati messi a disposizione della cittadinanza da parte di alcuni negozianti dell’Arcella dimostrando un’apertura al dialogo stesso e allo scambio. Un reciproco “dare-avere” che lungo il progetto non è stato solo materiale, ma anche fatto di valori, esperienze umane e racconti. Sempre Fuori target, in collaborazione con l’Albero del miele, ha organizzato una merenda pomeridiana di scambio intergenerazionale nella quale un nonno ha messo a disposizione dei bambini presenti i giochi di una volta da lui realizzati.
Gli anziani, che spesso soffrono la marginalità esistenziale, sono stati coinvolti dall’associazione Domna in una serie di attività sul recupero della memoria da riattivare attraverso il gioco, mentre per i più piccoli, invece, la libreria Limerick, oltre alla caccia al tesoro ambientata in Arcella con il tema di “Alice nel paese delle meraviglie”, ha organizzato alcuni laboratori per esplorare il concetto di identità dalla prospettiva dei più piccoli con la realizzazione di pupazzi strambi solo agli occhi di noi adulti. Confrontarsi, condividere lo stesso tempo e lo stesso spazio, immedesimarsi nell’altro sono tutte forme che contribuiscono al processo di inclusione. Angoli di mondo ha esposto la mostra-installazione "In my shoes" sui percorsi migratori: il pubblico ha vestito i panni di un migrante africano in fuga dalla guerra per intraprendere il proprio progetto migratorio, il cui esito è stato determinato dalle scelte che ogni singolo partecipante ha compiuto per superare gli ostacoli che il duro e speranzoso viaggio impone.
Imparare, insomma, a conoscersi e a conoscere chi ti sta di fronte, con momenti di riflessione, ma anche di festa. Arising africans, per esempio, ha parlato del delicato tema dell’afroitalianità organizzando un festival:
«Abbiamo cercato di creare dialoghi sull’interazione e integrazione – racconta Emmanuel M'bayo Mertens – con un workshop linguistico sulla conoscenza dello swahili e del lingala, ma anche un confronto libero sulla cittadinanza, su chi arriva e su chi è di seconda generazione».
Perché il concetto di marginalità ha numerose sfaccettature e riguarda tutti, italiani, stranieri, giovani e anziani. Questo quartiere l’ha capito: è una delle sfide che le associazioni e alcuni residenti hanno preso come impegno personale.