Francesco a Redipuglia, in preghiera per la pace
Il 13 settembre il papa eleverà una preghiera per «i caduti di tutte le guerre'». Sarà sui luoghi dove cento anni fa iniziava una guerra "Grande" perché la distruzione che ha provocato è andata oltre la misura di ciò che sino ad allora l'uomo era stato capace di percepire. Le ferite di quei giorni rimangono ancora nel profondo della storia e nel vissuto dei popoli, europei ma non solo.
Sarà una preghiera per «i caduti di tutte le guerre» quella che papa Francesco pronuncerà facendosi pellegrino a Redipuglia il prossimo 13 settembre. Il papa verrà nel luogo dove sono stati sepolti i resti di decine di migliaia di militari italiani, vittime di quella “inutile strage” contro cui si era levata, inascoltata, la voce di un altro papa. E lo sguardo non potrà non andare oltre: in fondo bastano solo poche centinaia di metri (lo spazio che separava le trincee dei due eserciti sulle doline del Carso), per scoprire quelle altre croci bianche piantate sopra le tombe dei soldati austro-ungarici.
Giovani dalle storie così simili, pur nella lontananza geografica. Uomini strappati alla propria terra e ai propri affetti, rivestiti con divise dai colori diversi e mandati a combattere e a morire in luoghi remoti e sconosciuti: esseri umani che la morte, beffandosi della propaganda delle ideologie e dell’idiozia dei comandanti, ha nuovamente reso fratelli accomunandoli nello stesso tragico destino di dolore.
Cento anni fa iniziava una guerra “Grande” perché la distruzione che ha provocato è andata oltre la misura di ciò che sino ad allora l’uomo era stato capace di percepire; una guerra “mondiale” perché per la prima volta ha globalizzato lo scontro.
E le ferite di quei giorni, rimangono ancora nel profondo della storia e nel vissuto dei popoli, europei ma non solo. Il “sommacco”, anno dopo anno, ha infiammato col suo rosso violento quelle pietraie da cui granate e bombe avevano cercato di strappare ogni forma di vita. Eppure basta un periodo troppo secco o un mozzicone lasciato cadere perché la roccia torni a mostrare la violenza della sua durezza.
Ma il ricordo dei caduti rimane sterile se non si trasforma in preghiera per la pace. È quello che avverrà il prossimo 13 settembre. È quello che dovrebbe avvenire in ognuna delle celebrazioni che in questi quattro anni si succederanno.
Una preghiera simile alle voci che domenica scorsa si sono levate dai Giardini Vaticani: l’invocazione dei cristiani, degli ortodossi, dei musulmani, degli ebrei per chiedere al Signore la pace per quella Terra che è Santa perché è il luogo dove l’Eterno si è fatto uomo.
La pace non è mai, purtroppo, una certezza raggiunta una volta per tutte; è una conquista da rinnovare ciascuno ogni giorno nella propria quotidianità. Con questo spirito, anche noi ci faremo pellegrini insieme al successore di Pietro il prossimo settembre a Redipuglia.