Dov’è Dio? In chi soffre e in chi aiuta
Il terremoto che ha devastato il Centro Italia solleva tante domande. E fra queste una domanda che interpella in modo particolare i credenti: perché, o Signore? Dov’eri tu quando il terremoto si abbatteva su tante case, tante persone, tanti bambini innocenti?
È la domanda lacerante, inquietante, che si pone ogniqualvolta il male si abbatte su noi, non da oggi, da sempre.
“Dove sei, mio Dio?” fu anche il grido angosciato di Gesù sulla croce. E non dimentichiamo la provocazione sprezzante di alcuni che stavano sotto la croce: “dov’è il tuo Dio?”.
La stessa domanda, se ci pensiamo bene, l’aveva posta anche Pilato, sia pure in forma più astratta, più filosofica: “dov’è la verità?” Ma non aveva ricevuto risposta da quell’uomo flagellato. O forse la risposta era in quella Presenza muta, quasi a sottolineare il fatto che la domanda non ha risposta. O se ce l’ha è una risposta che non comprendiamo.
Come spiegare infatti il problema del male, della morte, del dolore innocente? Il dilemma è antico, ma sempre attuale. Se Dio è buono, è misericordioso, perché permette il male? Forse non è onnipotente. Se viceversa è onnipotente perché non impedisce il male?
Il non sapersi dare una risposta adeguata a queste domande produce una ferita nella fede.
Si continua certo a credere, ma il punto oscuro rimane, è come un buco nero che cattura la luce della fede. Parlo naturalmente della fede cristiana, non della fede musulmana o di altra credenza. E ne parlo perché il male può ben mettere in crisi la fede, ma può anche essere di stimolo ad approfondire la conoscenza della fede e il senso della nostra esistenza sulla terra, che secondo la Bibbia è lo specchio dove Dio ha lasciato impresso il suo volto. Ora però lo specchio si è nuovamente infranto e noi non vediamo più il suo volto.
Lo stato in questi giorni sta intervenendo materialmente per venire in soccorso a quanti in un momento hanno perso tutto, i loro cari, i loro beni, il loro futuro.
Anche la chiesa sta intervenendo, ma il suo intervento non può limitarsi ad essere solo materiale. Deve anche illuminare il senso dell’esistenza umana quando ci troviamo coinvolti in eventi che sembrano segnare la fine di tutte le nostre speranze.
Ciò è più che mai necessario per riaccendere la speranza e non dimenticare che gli eventi favorevoli e sfavorevoli della storia, della nostra vita, sono sempre nelle mani di Dio, anche quando calano le tenebre e noi non vediamo il suo volto.
I pensieri di Dio, ci avverte il profeta Isaia, non sono i nostri pensieri: «Quanto il cielo sovrasta la terra, tanto le mie vie sovrastano le vostre vie, i miei pensieri sovrastano i vostri pensieri».
Poi continua: «Come infatti la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza avere irrigato la terra, senza averla fecondata e fatta germogliare, perché dia il seme al seminatore e pane da mangiare, così sarà della parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza effetto, senza aver operato ciò che desidero e senza aver compiuto ciò per cui l’ho mandata» (Is 55,8-11).
Subito dopo il terremoto abbiamo visto tante persone aggirarsi come fantasmi impolverati fra le macerie senza sapere cosa fare o a chi affidarsi.
Ma abbiamo visto anche altre persone che si prendevano cura di loro e lavoravano giorno e notte, senza posa, generosamente. E questa a me sembra la risposta alla domanda: dov’è Dio?
Dio è nelle persone che soffrono e si disperano come Gesù in croce. È nelle persone che si danno da fare per lenire i loro dolori, la loro disperazione. È nei cittadini che osservano attoniti le macerie e si commuovono, partecipano, si sentono solidali, si dichiarano pronti a fare quello che possono per aiutare chi soffre o è nel bisogno.
«Portate i pesi gli uni degli altri così adempirete la legge di Cristo» (Gal 6,2).
L’esortazione dell’apostolo Paolo ricorda a tutti che il problema del male non ha una soluzione teorica, razionale, ma pratica. Così l’unica risposta che possiamo dare alla domanda: “dov’è Dio?”, ci viene ancora una volta, paradossalmente, dalla fede.
Che per quanto scossa e vacillante ci insegna che se Dio è amore il suo volto è il volto di quanti soffrono come Gesù in croce. Ma è anche il volto di quanti per amore si adoperano a portare i pesi gli uni degli altri, ciascuno secondo le proprie possibilità e la misura della sua generosità, del suo cuore.