Ucid Padova: una città con la persona al centro a partire dalla Laudato si'
Venerdì 22 gennaio l'Unione cattolica di imprenditori e dirigenti di Padova incontra l'architetto Gloria Negri che da anni studia la relazione tra etica e urbanistica. Al centro dell'attenzione le periferie, la qualità della vita e delle relazioni, il superamento di quella sensazione di anonimato ed estraneazione che stesso si genera tra cemento e palazzi.
«Periferie» è una delle parole che più ricorre nei suoi discorsi: non stupisce quindi che il papa “venuto dalla fine del mondo” nell’enciclica Laudato si’ abbia voluto dedicare una forte attenzione al tema dell’urbanistica e del disegno delle città del futuro, a partire dalla consapevolezza che gli ambienti in cui viviamo incidono sul nostro modo di vedere la vita, di sentire e di agire (151).
Una riflessione al centro dell’incontro “La città come casa comune”, promosso da Ucid Padova (Unione cristiana imprenditori dirigenti), venerdì 22 gennaio a partire dalle 21 presso la sala congressi dell’Opera immacolata concezione di via Nazareth. Ospite della serata sarà Gloria Negri, architetto che da anni si dedica all’approfondimento delle relazioni fra etica, urbanistica e architettura.
Come progettare le città mettendo al centro la qualità delle vita e le relazioni? Come ripensare le periferie urbane che spesso sono luoghi in cui l’esperienza quotidiana di passare dall’affollamento all’anonimato sociale, che si vive nelle grandi città, può provocare una sensazione di sradicamento che favorisce comportamenti antisociali e violenza?
Una ricerca che l’ha condotta a esplorare esperienze significative avviate in altri paesi europei: uno degli esempi più interessanti viene da quella stessa Francia che negli ultimi anni ha visto esplodere il problema delle banlieue, immensi agglomerati urbani sorti a partire dagli anni Sessanta anche a seguito dell’arrivo dei pied-noirs, ovvero le migliaia di rimpatriati dall’Algeria: quartieri che con il tempo sono diventati luoghi di emarginazione. A inizio degli anni Duemila inizia a crescere, a livello politico, una nuova consapevolezza: nel 2003 nasce l’Agenzia nazionale per la rigenerazione urbana, che programma e pianifica, nelle zone che presentano un’alta concentrazione di popolazione a reddito basso, interventi complessivi sulle abitazioni, le strutture e i servizi pubblici, gli aspetti socio-economici locali. L’Agenzia fornisce inoltre un sostegno finanziario agli enti locali, alle istituzioni pubbliche e anche alle organizzazioni private, come le società di trasformazione urbana, che svolgono operazioni di rinnovamento urbano.
«Questo tipo di azione – spiega l’architetto Negri – è stata ulteriormente sostenuta con la nuova legge di programmazione per la città e la coesione urbana del 2014, che riconosce il ruolo di architetti e urbanisti nella lotta alle povertà». La riqualificazione di interi quartieri spesso rende necessario il trasferimento, temporaneo o definitivo, di centinaia di residenti delle strutture di edilizia residenziale pubblica, ed ecco che la partecipazione dei cittadini al progetto urbanistico, il cui valore è sottolineato con forza anche nella Laudato si’ (150), diventa elemento centrale per non innescare conflitti. «In molti paesi europei esistono luoghi, come ad esempio gli urban center, in cui i progetti vengono discussi e portati alla conoscenza dei cittadini, che si riuniscono in forum tematici per condividerne tutte le fasi. Una partecipazione reale, non di facciata».
Significativa anche l’esperienza di Malmo e Copenaghen, città di due stati diversi, sulle sponde opposte dello stretto dell’Oresund: dopo il crollo del muro di Berlino si sono trovate a vivere il comune problema della decadenza dei loro porti. «A quel punto le due municipalità – racconta Gloria Negri – hanno deciso di unire le loro forze per un progetto comune di riqualificazione che ha visto la costruzione di un ponte di collegamento, la trasformazione delle zone portuali in aree residenziali, la creazione di centri di ricerca che hanno contribuito a restituire una nuova identità alle due città e hanno saputo attrarre una migrazione di cervelli dai Paesi dell’Est».
Per restare in casa nostra, «anche se purtroppo a livello governativo non è mai stata avviata una politica di ampio respiro di rigenerazione urbana, non mancano gli esempi positivi, penso ad esempio alle
esperienze attivate dai comuni di Torino e di Reggio Emilia, dove è stato istituito fra l’altro l’architetto di quartiere, figura a disposizione dei cittadini incaricata di raccogliere le loro istanze, problemi, e proposte e di elaborare nuove soluzioni per contribuire – con piccoli o grandi interventi – a migliorare la convivenza civile».
«Un importante contributo sul tema delle periferie – continua – è l’iniziativa di Renzo Piano: l’architetto ha deciso di finanziare un gruppo di sei architetti under 35 che si sta occupando di progetti di “rammendo delle periferie”. Da anni anche l’ordine degli architetti di Padova, in seno alla Biennale Barbara Cappochin, affronta il tema della rigenerazione urbana: in occasione dell’ultima edizione è stata presentata da Urbanmeta un importante contributo per un progetto di legge per la regione Veneto per il contenimento del consumo di suolo, la rigenerazione urbana e il miglioramento della qualità insediativa».