Seminario minore: verso un "laboratorio vocazionale"
Si è concluso un percorso di riflessione, durato un anno, sull'identità e sul futuro del seminario minore di Padova. «La scelta – spiega il rettore don Giampaolo Dianin – non è quella di chiudere la comunità delle medie ma di posticipare in avanti il nostro impegno per le vocazioni dei più piccoli».
Un minore, quindi, sempre più "centro vocazionale" a servizio di tutta la diocesi.
A settembre scorso, nella Giornata del seminario, il rettore don Giampaolo Dianin scriveva sulle pagine della Difesa: «Quest’anno saremo impegnati in un cammino di verifica dell’identità e futuro del seminario minore soprattutto per quanto riguarda il gruppo dei più piccoli, i ragazzi delle medie». Questo cammino – durato un anno – ha portato a delle decisioni importanti rispetto al seminario minore di Padova. Ma non solo.
Don Giampaolo, raccontaci da dove è partito e chi ha coinvolto questo cammino di riflessione.
«La riflessione parte da lontano, già dai tempi del trasferimento del minore da Tencarola a Rubano. Negli ultimi anni più volte eravamo sul punto di chiudere le medie a motivo del calo numerico; senza un gruppo significativo, infatti, viene meno la ricchezza di una comunità formativa. C’eravamo dati come criterio di non scendere sotto i quindici ragazzi. Un leggero incremento ci ha fatto posticipare ogni scelta. Abbiamo ritenuto saggio non essere in balìa dei numeri vivendo una costante provvisorietà, anche perché guardando alla realtà italiana abbiamo verificato che i seminari con i più piccoli delle medie si possono contare in una mano. Un anno di riflessioni e di confronto ci ha portato a sottoporre alcune proposte al consiglio presbiterale che ha riconosciuto la fondatezza delle nostre ipotesi».
Che aspetti sono stati verificati rispetto all’identità del minore?
«Possiamo dire che la scelta non è quella di chiudere le medie ma di posticipare in avanti il nostro impegno per le vocazioni dei più piccoli. Oggi i ragazzi delle medie sono più piccoli e fragili di alcuni decenni fa, hanno ancora tanto bisogno delle loro famiglie; i tempi di crescita e di maturazione si sono posticipati e tra la famiglia e una comunità formativa, la bilancia tende a dare ancora una priorità alle dinamiche relazionali e affettive della famiglia. La scelta è di lavorare con i ragazzi delle medie puntando a un eventuale ingresso in seminario nel tempo dell’adolescenza, stagione delicata dove una comunità formativa può essere un vero aiuto e sostegno anche al compito formativo delle famiglie e della comunità cristiana di appartenenza».
A cosa porta questa verifica? In altre parole: quale sarà il futuro del seminario minore in diocesi di Padova?
«Il seminario minore da alcuni mesi è anche la sede di casa Sant’Andrea. Liberandosi il piano che ospita la comunità dei ragazzi potranno essere accolti gruppi per iniziative formative o settimane di fraternità. Un seminario abitato, quindi, dagli adolescenti delle superiori e dai giovani di casa Sant’Andrea, un vero laboratorio vocazionale. Vorremmo che la sede di Rubano diventasse sempre più un “centro vocazionale” per ragazzi e giovani anche pensando alle ultime tappe del cammino di iniziazione cristiana».
Da quando il minore è nella sede di Rubano, si è investito anche nella scuola media paritaria aperta al territorio. Che futuro avrà?
«La conclusione dell’esperienza delle medie comporterà anche la chiusura della scuola media paritaria. Una scelta dolorosa per la stima che questa scuola gode nel territorio. D’altra parte non è nelle finalità del seminario gestire una scuola anche per le risorse economiche ingenti che esige e di cui ora non disponiamo. Quando abbiamo comunicato le nostre scelte ai genitori mi ha molto colpito la stima e l’amore per questa piccola ma preziosa scuola. Non è una decisione definitiva, perché se subentrasse qualche fatto nuovo, soprattutto a livello gestionale, questa decisione potrebbe essere rivista, ma per ora la scelta è di andare gradualmente a chiudere la scuola».
Il seminario diocesano – in tutte le sue espressioni: minore, maggiore, casa Sant’Andrea – non è questione per “addetti ai lavori” ma di tutta la diocesi.
«La pastorale vocazionale è il vero nodo che sta a monte di tutte queste decisioni e che condizionerà anche il futuro. Se a pensarci saranno solo gli educatori del seminario non ci sarà futuro ma se tutta la nostra diocesi sentirà suo questo tema sarà possibile che le “potature” di oggi portino frutti nuovi domani. Il pensiero va in particolare alla pastorale giovanile chiamata ad accompagnare i giovani a cercare la volontà di Dio per la loro vita».
Con tutte queste premesse, don Giampaolo, ha ancora senso oggi un’esperienza come quella del minore?
«Crediamo fortemente che Dio chiama anche i più piccoli. Se non fosse così non avrebbe senso tutto il percorso dell’iniziazione cristiana. E crediamo che la dimensione vocazionale dovrebbe essere centrale perché, come dicevo, si tratta di cercare quello che Dio vuole da ciascuno di noi. Il seminario minore è una comunità vocazionale, un segno preciso e visibile di questa attenzione. In seminario arrivano oggi tanti gruppi di ragazzi della cresima e incontrano una comunità bella e vivace che cura in modo particolare questa dimensione. Inoltre il minore in questi anni ha maturato delle competenze in ordine alla formazione umana, cristiana e vocazionale; nel caso dell’adolescenza è una risorsa importante per una stagione della vita bella ma anche difficile. Molti preti in questi mesi di riflessione ci hanno chiesto di essere aiutati a lavorare con gli adolescenti. Mi piace pensare al minore come a una piccola “città sul monte” che può illuminare ed essere un riferimento per le comunità e i cammini formativi delle nostre parrocchie».