La storia di Narciso, dalla strada alla vita grazie all'accoglienza nelle parrocchie dell'Arcella
In due appartamenti – Terra e Stelle – gestiti dalla Caritas e all'interno dell'up di San Filippo Neri, San Bellino e Santissima Trinità all'Arcella, persona senza dimora vengono temporaneamente accolti per intraprendere un nuovo cammino verso la dignità.
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Terra e stelle nel senso letterale sono una dura realtà per le persone senza dimora che non hanno un tetto sulla testa e un letto su cui dormire; in senso simbolico, ma anche concreto, sono tappe di un percorso di rinascita e reinserimento nella società di cui alcune comunità si fanno carico. Hanno proprio questi due nomi – Terra e Stelle – gli appartamenti affidati a Caritas Padova che si trovano in zona Arcella, nel contesto dell’unità pastorale delle parrocchie di San Filippo Neri, Santissima Trinità e San Bellino. Da alcuni anni queste dimore ospitano temporaneamente persone che, dopo un percorso di accompagnamento, cercano con le proprie forze di rialzarsi da situazioni difficili che le hanno portate a vivere la strada come unica risposta sociale alle proprie necessità.
È successo così anche a Narciso, che negli ultimi anni è stato ospite degli appartamenti e che ora, da qualche settimana, ha una sua stanza in un appartamento condiviso con un pensionato. «Lo abbiamo salutato e ringraziato con i volontari e le comunità dell’up – spiega don Marco Galletti, parroco in solido – anche per i tanti servizi che ha svolto nei due centri parrocchiali, non solo durante le sagre, ma anche nelle tante necessità “spicce” dei nostri patronati, per i video che ha realizzato per noi durante il grest a San Bellino o durante l’ultima giornata di Up a Carceri d’Este».
Come sono state coinvolte le comunità e i residenti?
«Innanzitutto con l’informazione di come vengono utilizzati gli appartamenti. I volontari ogni settimana vanno a trovare gli ospiti e tramite loro gli ospiti hanno potuto partecipare ad alcune attività e iniziative della parrocchia. Così facendo si è favorita la conoscenza diretta, per abbattere pregiudizi e preconcetti».
C’è stata qualche resistenza?
«All’inizio c’è stata un po’ di paura, per il fatto di non sapere chi fossero coloro che venivano ospitati negli appartamenti. Poi, pian piano, le diffidenze si sono sciolte proprio incontrando le persone e conoscendo le loro storie, le scelte fatte o subite, le debolezze e le qualità».
Potreste essere pronti a rispondere all’invito del papa a ospitare una famiglia di profughi?
«Su questo vedo che si fa ancora un po’ fatica a ragionare. L’argomento però va affrontato più che evitato, perché in futuro questo ci consentirà di gestire meglio la convivenza. Dato che tra San Bellino e Santissima Trinità abbiamo questi due appartamenti impegnati, nella parrocchia di San Filippo abbiamo dato la disponibilità del campo da calcio per attività sportiva da parte dei profughi presenti nel territorio. È un primo passo».