La professione perpetua di fra Giampaolo Tormena a San Vito di Valdobbiadene
Da tre anni fra Giampaolo Tormena risiede in un eremo a San Vito di Valdobbiadene, alternando preghiera, lavoro manuale e studio. Ora, conseguita la licenza in teologia spirituale, la sua vita sarà interamente dedicata alla preghiera, alla meditazione e all’adorazione. Sabato 27, alle 9.30 nella chiesa di San Nicolò a Padova, il vescovo Antonio celebra la messa con rito di professione eremitica perpetua di fra Giampaolo.
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Sabato 27, alle 9.30 nella chiesa di San Nicolò a Padova, il vescovo Antonio celebra la messa con il rito della professione eremitica perpetua di fra Giampaolo Tormena. 75 anni, originario di Cornuda, in diocesi di Treviso, da tre anni, dopo la professione eremitica semplice, risiede in un eremo a San Vito di Valdobbiadene (nella foto) dove ha continuato a studiare, fino a conseguire il 27 maggio scorso, la licenza in teologia spirituale, e a dedicare interamente la sua vita a Dio.
Fra Giampaolo è il settimo degli eremiti in città ed è anche l’unico laico, cui si aggiungono due sacerdoti, padre Domenico Maria Fabbian (decano e apripista nel 2000), e padre Renato Cappelletto, e quattro suore, suor Maria Teresa Pozzati, suor Michela Mamprin, suor Maria Grazia Masiero e suor Annarosa Guerra. «La stessa data, il 27, non scelta né voluta da me di conclusione di due cammini paralleli e intrecciantisi, quello degli studi teologici e quello della professione eremitica, mi ha fatto riflettere – afferma fra Giampaolo – Il conseguimento della licenza ha coronato gli studi teologici e dopo 30 giorni esatti arriva la professione perpetua eremitica che sancisce in modo irreversibile una scelta esistenziale, umana e religiosa. Lo studio ha segnato la mia vita eremitica e le ha dato anche una caratterizzazione: aver approfondito la parola di Dio e la solitudine come particolare via personale all’incontro con Dio in Cristo, sua parola vivente testimoniata dalle Sacre scritture».
Ed è proprio la solitudine che caratterizza la giornata di fra Giampaolo. «Sono un eremita nella città – spiega – Abito in mezzo alle case dove vive e lavora la gente, sto tra gli uomini, ma al tempo stesso ne sono separato. Io del mondo ho scelto il Creatore! E questo mio dedicarmi completamente a lui dà senso alla mia vita». Il Concilio vaticano II ha individuato la possibilità per i vescovi di accogliere degli eremiti in città. Ma come si attua questa forma di separazione? «Passo la maggior parte, se non tutta, la giornata nel mio alloggio-eremo, telefono poco o niente, solo sms in certi momenti e neanche quelli. Dopo un triennio ho imparato ciò che mi serve per dare risalto al primato del trascendimento che è Dio, per confermare e offrire testimonianza della scelta di vivere con gli altri ma in Dio».
La giornata di fra Giampaolo è così scandita: sveglia alle 5.50 con preghiera e cura della persona, liturgia delle ore, ufficio delle letture e lectio divina; alle 7.30 partecipazione alla messa, in una delle parrocchie del vicariato o ordini religiosi, lodi e meditazione; alle 9.30 studio; alle 11, lavoro manuale cui segue alle 12 la recita dell’Angelus e dell’ora media, il pranzo, il riordino e la distensione; alle 15 c’è un tempo di preghiera, meditazione e adorazione fino alle 15.30 dove si riprende lo studio spirituale e formativo; dopo un’ora svolge un po’ di lavoro manuale; alle 17 c’è la preghiera e la recita del rosario; alle 18 vespri e lettura spirituale; alle 19.45 cena e riordino; alle 20.50 compieta con l’esame di coscienza e la lettura del vangelo del giorno dopo. Alle 21.50 fra Giampaolo dà inizio al 21,50 inizio al grande silenzio.
In questi tre anni lo studio è stato motivo di uscita contingente dall’eremo, come pure la partecipazione quotidiana alla messa. Essendo un laico non può infatti celebrare da solo l’eucaristia. «Adesso che ho terminato la carriera scolastica – sottolinea – potrò dedicarmi ancor di più al raggiungimento di un’interiorità spiritale piena di Dio. Nella mia cappellina ho anche l’Eucaristia: ogni mese il parroco di San Vito me la fornisce e mi ha regalato anche un piccolo ostensorio. La posso così adorare 24 ore su 24 e diventare sempre più fedele a questo pane che è segno della presenza dell’amore del Padre».