La parola ai preti novelli: Andrea Scalvini, francescano bresciano, missionario per la pace
La missione di pace è uno degli aspetti di san Francesco che fin dapprincipio ha catturato Andrea Scalvini. È anche per l'impegno costante in questo campo che ha scelto di consacrare la sua vita a Dio sulle orme del santo assisiate. Postulante a Brescia nel 2007, dopo gli studi e il servizio a NOale e a Casa Santa Chiara a Padova, ora risiede a Camposampiero ed è impegnato nella pastorale giovanile della provincia Nord-Italia dei conventuali.
Andrea Scalvini (21 agosto 1983) è originario della parrocchia di Castelcovati (Brescia). Ha frequentato l’Istituto tecnico per geometri di Chiari e poi ha frequentato gli studi di architettura a Milano, senza conseguire la laurea. Nel settembre 2007 è entrato come postulante a Brescia presso i frati minori conventuali. Ha vissuto l’anno di noviziato ad Assisi, proseguendo a Padova gli studi teologici; ha prestato servizio nella parrocchia di Noale (diocesi di Treviso) e presso casa Santa Chiara a Padova. Il 3 ottobre 2015, al Santo, ha emesso i voti perpetui e da allora risiede a Camposampiero, dove presta servizio nella pastorale giovanile della provincia del Nord-Italia.
La domanda
Quali aspetti della vita di San Francesco ti hanno affascinato e ritieni possano interpellare ancora i cristiani di oggi?
Ho conosciuto san Francesco in un pellegrinaggio ad Assisi con il cappellano della mia parrocchia che poi è divenuto anche il mio primo padre spirituale. Con lui ho scoperto la mia vocazione alla vita consacrata e ho deciso di entrare tra i frati conventuali a Brescia dopo aver frequentato il gruppo San Damiano (percorso vocazionale dei frati). Uno degli aspetti che mi ha catturato di più in san Francesco è la missione di pace. Egli fu predicatore e artefice di pace, nei confronti di molti uomini del suo tempo e in particolare di famiglie che per inimicizia erano arrivate a combattere tra loro fino allo spargimento di sangue. Questa dimensione la ritroviamo anche nel suo testamento: «Il Signore mi rivelò che dicessimo questo saluto: “Il Signore ti dia la pace!”». Un saluto evangelico, in special modo di Gesù risorto.
L’umanità e insieme la santità di frate Francesco stanno proprio, tra le altre cose, nel credere e nello sperare, che in ogni uomo e donna che incontra lungo il suo cammino, si possa trovare un seme di pace, di vangelo. Questa pace è prima di tutto un dono di Dio che possiamo accogliere o meno; che richiede di saper vivere con coraggio il perdono. La pace, interiore ed esteriore, è una espressione della nostra fede concreta e quotidiana, poiché ci chiama a continue decisioni per diventare “costruttori di pace”.
Come ci ricorda papa Francesco, il mondo non ci offre una pace vera; ci anestetizza per non vedere un’altra realtà della vita: la croce. Le tribolazioni e le sofferenze fanno parte della nostra esistenza, ma la pace che viene da Gesù è dono dello Spirito Santo e ci aiuta ad affrontare ogni situazione. Credo sia questa l’essenza del ministero sacerdotale: portare la pace di Gesù risorto. Non quindi una pace qualunque, ma che tocca il cuore e lo smuove in profondità; che risana e ridona vita. Riguardando le tappe fondamentali della vita, faccio memoria dell’azione del Signore nella mia storia e mi affido a Lui perché possa camminare con gioia nel servizio e nella carità, insieme ai fratelli e le sorelle che incontrerò sulla strada».