Il vademecum della Caritas di Padova per l'accoglienza dei profughi
Da una richiesta diretta dei vicarei foranei della diocesi di Padova, la Caritas ha elaborato il nuovo vademecum Accoglienza. Passo dopo passo che risponde alle domande più frequenti sui profughi, offrendo risposte rapide per favorire l'apertura delle parrocchie all'accoglienza.
Quando l’emergenza si rivela motore per trovare e far nascere nuove energie. È quanto sta accadendo in questi mesi in cui chiesa diocesana e territorio sono mobilitati per l’accoglienza dei profughi. E di fronte a un tema e a una situazione così complessa, affiorano perplessità, paure, ritrosie, ma anche necessità di informarsi e capire. Frutto di questo percorso è il neonato Accoglienza. Passo dopo passo, vademecum che Caritas diocesana ha appena apprestato.
«In sintonia con la Conferenza episcopale italiana – afferma don Luca Facco, direttore di Caritas diocesana – abbiamo predisposto una raccolta di domande frequenti che in modo rapido e semplice possano dare risposta sull’apertura all’accoglienza nel rispetto della legislazione presente e in collaborazione con le istituzioni e il privato sociale. Si tratta di un documento frutto di un lavoro e di una sinergia tra uffici diocesani (Caritas, pastorale sociale e del lavoro, Migrantes e ufficio missionario)». La richiesta per realizzare questo strumento è arrivata direttamente dai vicari foranei. «Ci hanno chiesto espressamente di curare i momenti formativi e informativi, prendendo spunto dalle domande che sono sorte e sorgono continuamente nelle nostre comunità».
Gli interrogativi più pressanti e comuni trovano quindi qui ordine, risposte e indicazioni concrete. «Ciò che continuiamo a toccare con mano e ci riempie il cuore è la grande vivacità e richiesta di occasioni formative da parte di parrocchie e vicariati – continua don Facco – C’è davvero una sensibilità molto diffusa, il desiderio di attivarsi e soprattutto carpire informazioni per poi concretamente fare qualcosa. Il tema dell’accoglienza dei profughi è davvero molto complesso e delicato e richiama molte sfaccettature anche dal punto di vista ecclesiale».
La diocesi ha scelto di rendersi disponibile sul territorio, anche di fronte all’autorità civile, in termini di formazione. «Il grande impegno dentro le comunità è lavorare sul fronte culturale, la sensibilizzazione e la relazione con i profughi. Promuovendo tutto ciò che favorisce l’incontro». E traduzioni in questo senso continuano a prendere vita. «Penso a Monselice: a ragazzi accolti a giocare nel torneo di calcetto con gli adolescenti. Penso a Cona-Conetta dove i profughi cristiani a messa leggono il vangelo in inglese. Penso a Enego dove la parrocchia collabora con volontari per la scuola di lingua italiana. Penso alle parrocchie della città che hanno coinvolto i profughi per i pranzi domenicali di solidarietà. Sono tante esperienze, grandi e piccole, che manifestano il ruolo della parrocchia: l’entrare in contatto e costruire relazione». E si tratta di un lavoro enorme e completamente gratuito che in certo senso sta cambiando il volto del territorio. «C’è il desiderio di fronte a questa situazione di trovare nuove strade, così cresce nella comunità l’emergere di nuovi volti, figure e disponibilità. Come Caritas diocesana continua il nostro lavoro di supporto dal punto di vista formativo e di sensibilizzazione nelle comunità, ma anche il grande lavoro di raccolta di nuovi volontari per metterli in contatto con le cooperative che gestiscono la dislocazione dei profughi».
Senso e organizzazione dell'accoglienza.
Il vademecum diocesano Accoglienza. Passo dopo passo si struttura nei seguenti capitoli: I richiedenti protezione internazionale; Enti locali, comuni e prefettura; La diocesi; Vicariato, parrocchia, enti diocesani e comunità religiose; Le cooperative sociali; Accoglienza in famiglia; Per informazioni e aggiornamenti. Si tratta quindi di uno strumento di pronto intervento, in particolare per le comunità cristiane. Diamo allora spazio ad alcune domande e risposte in merito.
Cosa può fare la parrocchia?
«Condividere il tema all’interno del consiglio pastorale; informare nel senso di far circolare le informazioni corrette nel bollettino parrocchiale su quest’argomento attraverso le notizie presenti nel sito della Caritas e nella Difesa del popolo. Formare: utilizzando il materiale predisposto dalla Caritas per sensibilizzare la comunità cristiana, attraverso incontri libri film canzoni. Pregare con la preghiera presente nel Messale romano per i profughi e gli esuli, con una preghiera dei fedeli nella messa domenicale, con una veglia di preghiera specifica. La parrocchia ha il compito di sensibilizzare la comunità e favorire l’incontro tra parrocchiani e ospiti. Il suo intervento è di tipo relazionale: evitare che le persone accolte siano ghettizzate ed emarginate, creare occasioni di incontro e condivisione da cui possano nascere amicizie e coinvolgere le persone in attività di volontariato in parrocchia e di incontro con i giovani».
Se una parrocchia decide di accogliere, quali sono le possibilità?
«Mettere a disposizione uno spazio inutilizzato come un appartamento, una canonica chiusa, stipulare un contratto con la cooperativa sociale del territorio che ha piena e totale responsabilità dell’accoglienza; individuare un appartamento presso un privato, quest’ultimo firmerà il contratto d’affitto con la cooperativa sociale; incontrare e conoscere i richiedenti asilo già presenti sul territorio della parrocchia».
Chi individua e segnala la cooperativa alla parrocchia?
«La diocesi di Padova tramite la Caritas ha siglato un accordo con Federsolidarietà e Confocooperative». E Quante persone accogliere? «Da sempre Caritas diocesana promuove le microaccoglienze fino al massimo di 5-6 persone, sulla base del modello Sprar (servizio protezione richiedenti asilo rifugiati). Questo favorisce un più facile processo di integrazione, non è invasivo e impattante per il territorio e realizza un’accoglienza diffusa che coinvolge tutti i territori».
Esiste un comodato d’uso già preparato?
«Sì lo si può scaricare dal sito della Caritas. Prima di iniziare l’accoglienza è necessario firmare il comodato d’uso».
Perché la parrocchia si dovrebbe occupare di questi temi? Non se ne dovrebbero occupare le istituzioni?
«Ci rendiamo conto che è un tema complesso e che spesso siamo schiacciati tra un senso di impotenza e un senso di indifferenza di fronte a una realtà troppo grande e difficile. Ma siamo consapevoli che porre un piccolo segno di accoglienza significa dare concretezza al vangelo, significa dimostrare da che parte sta la chiesa: collaborare e dare il nostro contributo piccolo e concreto».
Non esiste il rischio che ci dimentichiamo degli italiani poveri e in difficoltà o disoccupati?
«Riteniamo che possiamo subire o restare indifferenti a questo richiamo della storia, oppure nella fede possiamo percepire in tutto questo avvenimento un invito, una chiamata e un’opportunità che il Signore ci sta offrendo per far crescere il regno di Dio e dilatare il nostro cuore. Il fatto che stiamo vivendo un tempo di crisi non può essere un alibi per non impegnarsi a fare la nostra parte. Continuiamo a essere accanto a ogni persona, qualsiasi sia il motivo della sua difficoltà. La speranza e il sogno è che da questa situazione possano emergere nuove energie, forze e possibilità di collaborazione».