Accanto ai dimenticati del Roraima: ecco la nuova frontiera della missione
Roraima, nord del Brasile: una diocesi grande come due terzi dell'Italia, solo 9 parrocchie. Una di queste è affidata a due sacerdoti fidei donum della diocesi di Padova, don Benedetto Zampieri e don Lucio Nicoletto: dalla periferia urbana di Rio de Janeiro alla perifieria umana ed economica della foresta e del fiume. La visita pastorale si fa in barca e molto lavoro lo fanno i laici.
Da giugno 2016 la chiesa diocesana ha un nuovo fronte di impegno nello stato di Roraima
Nel nord della foresta amazzonica, in un territorio grande come due terzi dell’Italia, operano come parroci Don Lucio Nicoletto e don Benedetto Zampieri, due dei sacerdoti fidei donum della Diocesi di Padova. Don Benedetto, nato a Padova nel 1979, è arrivato in Brasile da un paio d’anni; don Lucio, nato a este nel 1972, si trova lì dal 2005. Ci racconta la sua esperienza nella nuova parrocchia, grande più del Triveneto, e condivide con noi alcune riflessioni sull’essere missionario.
“Mi ha colpito la frase scelta per dare avvio alla Quaresima missionaria “la missione ringiovanisce e rigenera”. E’ questo il motivo che la diocesi ci ha messo come pulce nell’orecchio: non fermarsi mai nello stesso posto, nonostante le necessità siano sempre molte. La Baixada Fluminense alla perfieria di Rio De Janeiro ci ha accolti per più di 60 anni ed è stata una pagina molto bella della nostra storia diocesana in Brasile. Era ormai tempo di guardare oltre, anche per lasciarci stimolare in modo nuovo e diverso; non dobbiamo far inaridire il nostro cuore, pensando ad esempio che Duca de Caxias fosse una piccola colonia padovana in Sud America”.
La parrocchia in Roraima dove don Lucio e don Benedetto hanno iniziato il loro nuovo cammino è il frutto del lavoro di molti anni dei direttori del Centro Missionario
In particolare anche don Ruggero Ruvoletto (ucciso a Manaus, che si trova circa 600 km più a sud) già aveva intrapreso questa direzione. Loro stessi avevano dato ai vescovi brasiliani la disponibilità per un nuovo fronte missionario, e la stessa diocesi di Roraima (l’unica che ha il nome di uno stato) ha chiesto a sua volta la presenza di sacerdoti.
“Arrivando a Roraima assieme a don Benedetto Zampieri, ci siamo sentiti proprio sulla scia delle periferie del mondo di cui parla Papa Francesco: era una periferia Duque de Caxias, lo è anche Roraima nel prfondo nord del Brasile, sconosciuta e dimenticata dagli stessi brasiliani. E’ un territorio che racchiude in sé tante speranze, quelle di un popolo illuso dalle promesse politiche ed economiche: quella zona è un punto di approdo per l’umanità dimenticata, molto povera, con i migranti interni che cercano un pezzetto di terra per vivere. Abbiamo poi gli indigeni, con le loro storie di violenze e massacri subiti".
La chiesa cattolica è una presenza importante, perché è sempre rimasta accanto agli ultimi.
"Il vescovo Roque Paloschi che ha guidato la diocesi fino al 2015, ci aveva chiesto di essere una presenza significativa. Io e don Benedetto ci siamo chiesti più volte cosa volesse dire: solo stando lì abbiamo capito che il popolo di Dio non chiede che il prete faccia chissà quali cose, ma sia espressione della misericordia di Dio, che è presente e vicino alla sua vita quotidiana. Alla periferia di Rio avevamo l’agenda degli impegni colma di appuntamenti, in questa periferia invece ci siamo trovati spaesati per la distanza che c’è tra un villaggio e l’altro, per il silenzio impressionante. Abbiamo pensato di non essere fatti per una vita che sembra quasi monastica, ma il Signore con questa chiamata ci ha chiesto di spogliarci. La missione è spogliarsi, anche delle ricchezze che si sono accumulate e di cui ringraziamo; ma l’importante è chiedersi qual è il bene di questa gente. Sono persone molto diverse da noi, ricche di storia e identità, ma con tanto bisogno di essere ascoltate. E’ quello che cerchiamo di fare”.
Voi siete dono della fede della Chiesa di Padova al quella parte del mondo. Come vedete da laggiù le nostre vicende?
“Conserviamo il ricordo vivo di quello che ci ha dato la nostra chiesa madre di Padova in questi anni. Guardando dal Brasile, vedo un fermento molto forte nelle comunità della diocesi di Padova: ci si preoccupa della riduzione del numero dei sacerdoti e si cerca di correre affannosamente ai ripari. Mi pare una visione atea perché i profeti nella Bibbia ci invitano a guardare i momenti di difficoltà e crisi con gli occhi della fede. Certo che fa male doversi disfare di qualche gloria del passato: bisogna invece riconoscere nel difficile presente i semi di speranza per il futuro; dobbiamo liberarci dai vestiti vecchi per essere pasta e vino nuovi. La nostra parrocchia brasiliana è grande il triplo di tutto il Veneto e siamo solo in due!
Nelle comunità brasiliane che abbiamo frequentato il primo proposito dei fedeli è vivere il Vangelo; e per fare questo non c’è bisogno del prete. Nel senso che non serve attaccarsi morbosamente alla presenza del sacerdote, come se fosse quella che determina l’esistenza della chiesa. Padova ha la potenzialità di farlo, ma serve una spiritualità rinnovata per vedere delle opportunità all’interno delle difficoltà e dei problemi. Quando noi missionari rientriamo stabilmente in Italia, ci torniamo dopo molti anni e troviamo una realtà molto diversa da quella che avevamo lasciato. Il mio sogno è di ritornare in terra padovana, sentirmi ascoltato da tutti i battezzati per progettare insieme il futuro”.
La missione non è solo donare. E' molto anche ciò che la nostra chiesa riceve.
"La tensione missionaria è tipica di ogni battezzato. Se noi togliamo dalla nostra identità la missione e la dimensione vocazionale, ci priviamo delle colonne portanti. Non pensare alle missioni per una diocesi è come privarsi di un polmone per respirare".
Come possiamo sostenere la vostra presenza?
"Con la preghiera innanzitutto perché crea comunione e cultura, perché ti costringe ad informarti sulle persone e sulle realtà per cui si prega. I contributi concreti sono utili, ma se nascono dalla preghiera hanno un significato più profondo, perché portano dentro la vita delle persone e non solo il volontarismo che rischia di essere sterile. A Roraima io e don Benedetto abbiamo assunto la guida della parrocchia São José Operario, nei municipi di Caracaraí e Iracema. Ci stiamo impegnando nei confronti delle 7 comunità urbane, di quelle rurali che si estendo su oltre 100 km di raggio e infine quelle fluviali che sono dislocate lungo 600 km. Queste le stiamo visitando un paio di volte all’anno: ci muoviamo con un gruppo di 15 persone (catechisti e collaboratori) e stiamo con loro per circa 1 mese e mezzo. La prossima durerà dal 20 maggio al 3 luglio. Ogni anno servono circa 15.000 euro per la manutenzione e l’uso della barca, per pagare il personale, per il vitto del nostro gruppo e per la carità concreta. La diocesi stessa di Roraima e le sue parrocchie partecipa alle spese o alla raccolta dei beni necessari.
Poi c’è un progetto di formazione pastorale dei leader, ministri della Parola, dell’eucaristia. Noi preti, grazie a Dio, non possiamo fare tutto e servono persone che siano presenti come animatori della comunità. La loro formazione è costosa anche perché gli spostamenti sono molto lunghi. Speriamo che anche con l’arrivo di laici fidei donum da Padova si possa fare qualcosa in più”.
Al confine con Venezuela e Gujana
La diocesi di Roraima è stata istituita formalmente nel 1979 da Papa Giovanni Paolo II; fin dagli inizi del XX secolo si registra una presenza formale prima con l’Abbazia territoriale di Nossa Senhora do Monserrate, poi con una prelature, che comprendeva la zona del Rio Branco, uno dei grandi fiumi del nord del Brasile che confluisce nel Rio Negro e poi nel Rio delle Amazzoni.
Il territorio corrisponde a quello dello Stato di Roraima, che è il più settentrionale della Federazione Brasiliana, al confine tra Guyana e Venezuela, quasi tutto a nord dell’Equatore. La superficie è di 224.300 chilometri quadrati, più di due terzi dell’Italia; ha solo 360.000 abitanti, circa due terzi sono cattolici. L’80% vive nella capitale Boa Vista, il resto nelle località minori lungo il fiume o nei villaggi nel cuore della foresta. La popolazione ha avuto un boom di crescita circa 30 anni fa, poi si è stabilizzata, ma la crescita è costante. Le parrocchie sono solo 9, una quarantina i sacerdoti, un’ottantina i religiosi. Dallo scorso giugno la diocesi è guidata dal vescovo Mário Antônio da Silva; nei 10 anni precedenti la comunità era stata guidata da mons. Roque Paloschi, di chiare origini italiane.