Sanremo 2023. Bernardini: “Un Festival ‘medio’, ma la presenza di Mattarella è stata un riconoscimento alla musica popolare italiana”
Non ci sarà molto da ricordare della 73ª edizione della manifestazione, con testi allineati alle mode, provocazioni facili e poca originalità. Un momento commovente, secondo il giornalista, c’è stato, comunque, all’inizio della prima serata con l’inno cantato da Morandi davanti al capo dello Stato
Nessun testo memorabile, un grande allineamento alle mode e una classifica finale scontata. Così Massimo Bernardini, giornalista, autore e conduttore di Tv Talk (RaiTre), sintetizza al Sir l’edizione 2023 del Festival di Sanremo. Eppure, per l’esperto, un momento che resterà nei nostri ricordi è la presenza alla prima serata della kermesse canora del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.
Che qualità delle canzoni ha riscontrato nel Festival di Sanremo 2023?
Tutto sommato è stato un Sanremo medio. In questo senso è abbastanza sintomatica la canzone vincitrice della kermesse, “Due vite” di Marco Mengoni.Il cantante aveva già vinto il Festival nel 2013 con “L’essenziale”, che era una canzone molto più interessante dal punto di vista musicale. Al contrario, quest’anno Mengoni ha portato sul palco dell’Ariston una canzone molto più melodica, benché come cantante non lo considero in questa chiave melodica per il resto del suo repertorio, mi è sempre sembrato qualcosa di più. Ecco, “L’essenziale” era una canzone diversa, mentre “Due vite” è molto allineata allo stile sanremese, una canzone a 360 gradi, che non parla solo ai giovani.
Credo che un po’ tutta la produzione di quest’anno presentata a Sanremo sia allineata così. Basti pensare al cambiamento di Tananai, che ha portato al Festival una canzone melodica.
C’è almeno qualche canzone che l’ha colpita maggiormente?
Per me la canzone più interessante resta quella di Madame, “Il bene nel male”, obiettivamente la più moderna anche per il fraseggio del ritornello. Si vede che c’è ancora vitalità, Madame è andata al Festival ma portando la sua originalità, senza allinearsi.
Indubbiamente, poi, la qualità delle canzoni di quest’anno è resa ancora più povera dallo schiacciante confronto con quelle del passato, come quando sono arrivati sul palco dell’Ariston tre grandi vecchi, come Al Bano, Massino Ranieri e Gianni Morandi e pur portando solo una fettina del loro repertorio hanno fatto ascoltare canzoni scritte così bene, così ben definite e cantate così bene.
Perfino una canzoncina semplice come “Fatti mandare dalla mamma” di Morandi era costruita molto bene. La musica italiana di una volta era di qualità: insomma la classica canzone italiana del passato ha ancora molto da insegnare ai giovani, che hanno manifestato un’ansia di allineamento al mercato e alle mode, un’ansia di normalizzazione che non mi è piaciuta, a partire dallo stesso vincitore Mengoni.
Tra i testi c’è qualcuno che le è piaciuto?
Per molte canzoni si è fatto molto rumore per nulla. In alcuni casi c’è stata una sfilza di provocazioni, ma niente di più. Ancora una volta torno alla canzone di Madame, ha scritto un bel testo su una storia di una prostituta, in modo molto toccante. Per il resto non mi ha colpito praticamente nulla o quasi, non c’era un testo veramente potente, a dir la verità.
Un testo che aveva una sua forza, oggettivamente, è quella “confessione al padre” di Grignani, ma purtroppo il cantante l’ha rovinata, perché non è stato in grado di cantarla con la forza giusta.
Nei testi delle canzoni di quest’anno si è parlato anche di amore da diversi punti di vista, di depressione, di violenza sulle donne, anche psicologica…
Sì, ma anche in questo caso c’è stato un allineamento alle mode, ai temi di cui si parla e alla “fluidità”.
Non c’è stato un testo che ha lasciato un segno.
Nel testo della loro canzone gli Articolo 31 hanno messo in scena il funerale del rap italiano, ma almeno hanno scritto su un tema diverso dagli altri. A parte quella di Madame che è l’unica canzone che mi ha colpito, pure quella di Levante non era brutta, ma è di qualità inferiori alle sue precedenti. C’è chi si è strappato le vesti per Rosa Chemical, che aveva un testo pieno di provocazioni facili, ma inoffensive; alla fine, con le polemiche, gli è stata regalata una notorietà che non meritava.
Cosa pensa del podio suggellato dal Festival 2023 e gli altri premi che sono stati assegnati?
Sinceramente è stato tutto molto scontato, si sapeva già tutto da un mese, insomma nessuna sorpresa sotto tutti i punti di vista.
Le ultime edizioni della kermesse canora hanno consacrato dei nuovi idoli e grandi successi musicali, primi fra tutti i Maneskin diventati un fenomeno mondiale, ma anche grande successo hanno avuto l’anno scorso Mahmood e Blanco con “Brividi”. Dal festival di quest’anno cosa possiamo aspettarci?
I Maneskin due anni fa sono stati una sorpresa, una novità, perché la musica italiana aveva perso le sue radici rock e non aveva più grandi band: loro ci hanno fatto ritrovare queste radici rock, che sono comuni a tutta l’Europa. Nell’esibizione da ospiti quest’anno a Sanremo mi ha colpito, però, che i Maneskin sono rientrati nella normalità, nello star system. Ho ascoltato anche il loro ultimo album, ma non c’è nessuna grande novità, mi aspettavo un salto di qualità, ma ripetono quello che hanno già fatto, mi aspettavo qualcosa di più forte. Ora voglio vederli dal vivo.
Per quanto riguarda le canzoni di quest’anno penso che il Festival farà fare un ulteriore salto in avanti a Marco Mengoni e a Ultimo, grazie alla notorietà e all’esposizione che Sanremo offre.
Questo permetterà la crescita della vendita di biglietti per i loro concerti. Ormai la vendita dei dischi è residuale, conta quanto le canzoni sono scaricate.
Rispetto al passato adesso molti cantanti vogliono andare a Sanremo anche in gara, non solo da ospiti…
Si cerca proprio la visibilità e la notorietà. Oggi, come dicevamo, sono pochi i dischi che si vendono e molte le canzoni che si scaricano, ma con Spotify e le altre piattaforme i cantanti guadagnano pochissimo, gli artisti vivono di concerti e di serate di festa di piazza.
Sanremo, soprattutto se ci si piazza bene in classifica, diventa allora importantissimo proprio per accrescere le vendite al botteghino e gli inviti alle feste di piazza da parte degli organizzatori. In Italia saranno dieci, al massimo venti gli artisti che hanno la sicurezza di riempire i grandi spazi all’aperto, gli altri hanno bisogno della notorietà che dà Sanremo.
Cosa resterà del Festival 2023?
Secondo me resterà la prima volta di un presidente della Repubblica alla serata inaugurale.
Sergio Mattarella ha trattato la prima serata di Sanremo come la prima a la Scala di Milano, è un evento senza precedenti ed è un grande riconoscimento alla cultura musicale popolare,
a cui con il suo gesto il capo dello Stato ha voluto dare grande importanza. Questa è una cosa molto importante che non era mai accaduta in oltre settant’anni di Festival e non va sottovalutata. La prima serata, con la presenza del presidente, la performance di Benigni e il canto dell’inno nazionale da parte di Morandi di fronte a Mattarella, cantato anche da tutto il pubblico, è stata un passaggio chiave del Festival. In particolare, il canto dell’inno di Mameli è stato uno dei momenti più commoventi di tutta la manifestazione. È stato un momento di musica impaginato molto bene da Leonardo De Amicis, molto rispettoso e raffinato, reso popolare dal canto di Morandi. Di Sanremo 2023 sicuramente ricorderemo questo.