Di nuovo sulla frontiera. In arrivo su Sky e Now la serie “Django” firmata da Francesca Comencini
Coproduzione europea con protagonisti Matthias Schoenaerts e Noomi Rapace.
Tra passato e presente. Il fascino del western, genere cult della Hollywood classica (ma non solo, Sergio Leone docet!), non è affatto al tramonto. Al contrario. Continui infatti i ritorni sulla polverosa frontiera, al crocevia con la modernità. Tra i titoli degli ultimi anni; l’ottimo “I fratelli Sisters” (2018) di Jacques Audiard, con John C. Reilly e Joaquin Phoenix, in concorso a Venezia75; il notevole “Notizie dal mondo” (2020), acuta rilettura di Paul Greengrass con un magnifico Tom Hanks. Infine, l’intenso “Il potere del cane” (2021) di Jane Campion, con uno strepitoso Benedict Cumberbatch, Leone d’argento a Venezia78 e Oscar miglior regia. Dal 17 febbraio approda ora su Sky e su Now l’attesa serie “Django” diretta per una parte degli episodi da Francesca Comencini, responsabile artistica dell’intero progetto: una coproduzione internazionale di Sky Studios con Canal+, Cattleya, Atlantique, StudioCanal e Odeon Fiction.
“Babylon”. Stati Uniti, fine ‘800. Django (Matthias Schoenaerts) arriva nella città di New Babylon sotto mentite spoglie. È alla ricerca della figlia Sarah (Lisa Vicari), l’unica sopravvissuta al massacro della propria famiglia. Scopre che la ragazza sta per convolare a nozze con John Ellis (Nicholas Pinnock), fondatore di New Babylon, città libera per fuggitivi e reietti. Respinto da Sarah, Django rimane in città anche per contrastare gli assalti di Elizabeth Thurman (Noomi Rapace), influente signora di Elmdale che vede in New Babylon il simbolo della corruzione morale.
Pros&Cons. “Un omaggio appassionato al western per cercare di parlare del nostro tempo”. Così dichiara la regista-sceneggiatrice Francesca Comencini (“Mi piace lavorare”, “Lo spazio bianco”), che ha affrontato il complesso progetto della serie “Django” muovendosi tra tradizione, rivisitando l’omonimo film di Sergio Corbucci del 1966, e desiderio di innovazione. In cartellone alla 17a Festa del Cinema di Roma, “Django” è una serie firmata da Leonardo Fasoli (“Gomorra”, “ZeroZeroZero”) e Maddalena Ravagli (“Gomorra. La serie”). Dai primi episodi emerge con chiarezza la forza narrativa-visiva di “Django”, che si posiziona in maniera acuta sulla linea di confine tra passato e presente, tra atmosfere tipiche del western nonché della tradizione italiana (da Corbucci a Leone), sperimentando un andamento serrato, livido, potente, proprio della contemporaneità. Nel racconto Django è un “senzaterra”, perché ha perso tutto; nessuno è sopravvissuto alla furia della guerra e della violenza che si trascina nel Paese. L’unico ancoraggio è sua figlia Sarah, che però ha trovato una vita altra, adulta. Accanto a tale linea si innesta l’opposizione personale-morale tra il fondatore della città di New Babylon e la paladina conservatrice Elizabeth Thurman, che alterna i versetti della Bibbia a criminali colpi di pistola. Un racconto potente e stratificato, tra linee tematiche e topos ricorrenti, secondo il dualismo bene-male, giustizia-reato, violenza-perdono. “Django” parte molto bene, una serie ammantata da forza visiva e vigorosa carica narrativa. Complessa, problematica, per dibattiti.