Sì, l’intelligenza artificiale ha a che fare con la pace
“Algoritmi di pace”. Domenica prossima, 28 gennaio, la Chiesa di Padova e il Patriarcato di Venezia sfileranno per l’annuale marcia per la pace a partire dal messaggio di papa Francesco per la Giornata mondiale per la pace 2024.
Colpisce il fatto che il papa, nel suo primo approccio al tema dell’intelligenza artificiale, abbia scelto proprio la Giornata della pace e non, come avrebbe ugualmente potuto, occasioni relative al lavoro, alla cultura o persino alla Parola. Sbaglia chi crede che le intelligenze artificiali – di cui si parla oggi più che mai – siano un fenomeno più di forma che di sostanza, che, come le criptovalute o i metaversi, si limita a rappresentare il futuro più che a incarnarlo. Gli algoritmi che stanno alla base delle IA, capaci di prendere decisioni autonome anche cruciali per l’energia, l’economia, la difesa e la salute umana sono operativi ormai da decenni. Solo oggi, grazie a oracoli linguistici come Chat Gpt o generatori di immagini come Dall-E o Midjourney, anche gli utenti finali possono assaggiarne gratuitamente le potenzialità. Come sempre, il papa è in grado di guardare alle neutralità di ogni tecnologia. Come tutti i ritrovati dell’ingegno umano, anche le intelligenze artificiali potranno essere messe a servizio del bene comune o potranno concentrare poteri, diffondere false conoscenze, aumentare le disuguaglianze di genere, di stato, di etnia. Non rischiamo, come nei film di fantascienza, che le macchine si ribellino all’uomo (vedi Terminator). Rischiamo però che le IA perpetuino, a vantaggio degli azionisti che le possiedono, discriminazioni, ingiustizie, iniquità sull’accesso a servizi e posti di lavoro (che non diminuiranno, ma si trasformeranno). Per questo occorre che la politica – specie a livello multilaterale e internazionale – riscopra la sua funzione e regoli l’evoluzione di queste tecnologie, perché non si servano dell’uomo ma si mettano al suo servizio.