Recitare le preghiere è sempre più smart
Ufficio delle letture, Lodi mattutine, Ora media, Vespri, Compieta. Sono le parti della Liturgia delle Ore, che il Concilio Vaticano II ha sia riformato che confermato come preghiera ufficiale della Chiesa, invitandone alla recita non più solo i religiosi e i preti, ma anche i laici, specialmente con le Lodi e i Vespri, e per di più nella lingua comune.
Questa apertura, ormai scontata per tutti, sarebbe stata assolutamente impensabile in altri tempi, nei quali partecipare all’Ufficio Divino era considerato nei fatti un lusso: chi ha visitato antichi monasteri – mi viene in mente il Coro dietro l’altare nella Basilica del Santo ma anche conventi come san Damiano, ad Assisi – si sarà trovato di fronte a un “badalone” di legno, quel leggìo gigante, a volte povero, a volte riccamente intarsiato, su cui poggiavano i grandi libri contenenti i salmi per la lettura comune. Il breviario era considerato un lusso anche per i frati: nella Leggenda Perugina, uno dei libri delle Fonti Francescane, troviamo san Francesco che sgrida pesantemente un novizio che desiderava possedere un salterio. Il breviario, poi, era un lusso perché per usufruirne bisognava saper leggere, e saper leggere in latino, tanto che, nelle regole religiose, spesso si prevedono preghiere alternative per i monaci e i frati laici analfabeti. Dopo il Concilio, il breviario è formato da quattro libri che costano e pesano. Nell’era dello smartphone il breviario è ormai un’app. Ne esistono più versioni: quella della Cei con tanto di traccia vocale cantata, e iBreviary, con decine di lingue e varianti a seconda degli ordini religiosi. Il breviario, immateriale, che non pesa e non costa, è parte integrante dello strumento che è diventato la nostra estensione fisica e cognitiva. È l’occasione giusta per scaricarlo e provare a pregare con le stesse preghiere che recitava Gesù.