Prorogato il termine per l'entrata in vigore della riforma delle intercettazioni
Slitta al 31 marzo 2019 il il termine per l'entrata in vigore della riforma delle intercettazioni. «Abbiamo impedito il bavaglio alla stampa», annunciano in conferenza stampa il premier Giuseppe Conte, coi ministri Giovanni Tria e Alfonso Bonafede.
Il Consiglio dei ministri di martedì 24 luglio ha prorogato al 31 marzo 2019 il termine per l'entrata in vigore della riforma delle intercettazioni «al fine di completare le complesse misure organizzative in atto per l'attuazione delle nuove norme in materia di intercettazioni, introdotte dal decreto legislativo 29 dicembre 2017, n. 216, anche relativamente all'individuazione e all'adeguamento dei locali idonei per le cosiddette “sale di ascolto”, alla predisposizione di apparati elettronici e digitali e all'adeguamento delle attività e delle misure organizzative degli uffici, il termine di applicazione di dette disposizioni viene prorogato» ha spiegato in conferenza stampa il presidente del Consiglio Giuseppe Conte.
Inoltre, in relazione alle nuove norme contenute nella legge 23 giugno 2017, n. 103, che estendono il regime della multivideoconferenza anche ai processi con detenuti non in regime di "41 bis", constatata la necessità di una revisione organizzativa e informatica di tutta la precedente architettura giudiziaria, con l'aumento dei livelli di sicurezza informatica, e di incrementare il numero di aule negli uffici giudiziari e di “salette” negli istituti di pena, il Governo ha previsto il differimento dell'efficacia delle stesse norme fino al 15 febbraio 2019.
«Il nostro grido d'allarme – spiega Francesco Minisci, presidente dell'Associazione Nazionale Magistrati – è andato a buon fine e dunque la riforma delle intercettazioni è stata bloccata».
«Lo abbiamo sempre detto – aggiunge – che si trattava di una cattiva riforma, chiedendo che non fosse adottata, perchè non solo non avrebbe raggiunto l'obiettivo di tutelare la privacy, ma soprattutto avrebbe danneggiato le indagini, rendendole meno efficaci, e violato il diritto di difesa».
Le intercettazioni sono «un importantissimo mezzo di ricerca della prova dei reati – conclude Minisci – di cui non si può fare a meno, e purtroppo abbiamo corso l'alto rischio di vedere vanificate centinaia di indagini, soprattutto quelle più delicate in materia di corruzione e criminalità organizzata. Dopo aver raggiunto questo risultato, da noi sempre chiesto e auspicato, ora ci aspettiamo che non si tratti solo di uno slittamento che porterà gli stessi problemi fra qualche mese, lo strumento per un ripensamento complessivo di una riforma di cui francamente, così come era stata strutturata, il sistema giudiziario non aveva bisogno».