Oggi la convivenza è molto diffusa. Che ne pensa la Chiesa?
Più che parlare di convivenza, sarebbe opportuno parlare di convivenze, al plurale
Non solo perché sono molte, ma perché sono di diverso tipo, anche se in apparenza si assomigliano. Infatti, c’è chi sceglie di convivere perché è contro l’istituzione del matrimonio o non le dà valore; chi va a convivere per “prova”; chi va a convivere a 40 anni (“finalmente!”), dopo aver portato avanti una relazione rimanendo a casa dei genitori e trovando tutto pronto; chi è andato a convivere a motivo delle zone rosse durante gli anni della pandemia; ci sono conviventi credenti e altri che non sono interessati alla fede cristiana e all’appartenenza alla Chiesa; chi va a convivere con una data del matrimonio già fissata; chi, invece, per pagare un solo affitto anziché due o per altri vantaggi fiscali; chi probabilmente per altri motivi. Come si vede da questa carrellata di situazioni, non tutte le convivenze sono uguali, ma, anzi, ognuna è una storia a sé e, come già Giovanni Paolo II aveva insegnato, ci è chiesto, «per amore della verità», di «ben discernere le situazioni», di distinguerle, cioè, tra loro. La Chiesa non smette di annunciare ai credenti il matrimonio come la via per vivere l’amore in pienezza, senza riserve, in cui l’aspetto pubblico, sociale, generativo è l’altra faccia dell’affetto e dell’affidamento reciproco, tanto da permettere anche di superare il senso di insicurezza (“se non vuole impegnarsi con me, mi ama veramente?”), divenendo come coppia segno e strumento dell’amore di Dio per l’umanità. Nel contempo, la Chiesa non manca di accompagnare con tenerezza e compassione le coppie conviventi, aiutandole a compiere “un passo in più” verso il sacramento del matrimonio e a far crescere la loro relazione, mettendosi al loro fianco per superare eventuali ostacoli. Papa Francesco afferma, infatti, che «la Chiesa si volge con amore a coloro che partecipano alla sua vita in modo imperfetto: invoca con essi la grazia della conversione, li incoraggia a compiere il bene, a prendersi cura con amore l’uno dell’altro e a mettersi a servizio della comunità nella quale vivono e lavorano».
don Francesco Pesce
Docente di Teologia Pastorale Familiare - Facoltà Teologica del Triveneto e Istituto Superiore di Scienze Religiose Giovanni Paolo I di Belluno-Feltre, Treviso, Vittorio Veneto. Direttore del Centro della Famiglia di Treviso