"Università aperta" a Palermo, con i corridoi per giovani rifugiati
Yodit Tewelde Habtay e Michael Kebedom Henok, originari di Eritrea e Etiopia, accolti grazie alla rete, che coinvolge Ateneo, Caritas, Centro diaconale valdese e Centro Astalli. Potranno completare gli studi in Italia
Essere accolti per continuare a studiare e per costruire un futuro migliore. Yodit Tewelde Habtay e Michael Kebedom Henok, studentessa e studente originari di Eritrea e Etiopia, attraverso il progetto dei Corridoi Universitari #Unicore 3.0 hanno iniziato il loro percorso di studi presso l’Università degli studi di Palermo. Il progetto è stato avviato in via sperimentale nel 2019, grazie all’impegno di Caritas Italiana, insieme al ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, l’Unhcr, Diaconia Valdese, il Centro Astalli, Gandhi Charity.
Quest’anno a Palermo, grazie al protocollo d’intesa siglato fra l’Università degli Studi di Palermo, la Caritas diocesana, il Centro Diaconale "La Noce" e il Centro Astalli Palermo, i due giovani rifugiati sono stati accolti per due anni, per completare i loro studi. Ieri nella Sala dei Baroni di Palazzo Steri del rettorato universitario, il rettore Fabrizio Micari insieme agli altri partner del progetto ha voluto dare loro il benvenuto.
Sono 45 le studentesse e gli studenti rifugiati vincitori di borse di studio arrivati, il 16 settembre, all’aeroporto di Roma Fiumicino grazie al progetto. I vincitori delle borse di studio sono rifugiati e rifugiate provenienti da Eritrea, Somalia, Sudan, Sud Sudan e Repubblica Democratica del Congo. Il progetto Corridoi Universitari consiste nel rilascio di visti di ingresso per motivi di studio per studenti che siano titolari di protezione internazionale in Etiopia. La selezione da parte dalle Università si basa su requisiti accademici e motivazionali all’interno di un bando che prevede l’iscrizione in Italia a corsi di laurea.
"Sono davvero molto contenta di essere arrivata a Palermo - dice Yodit Tewelde, studentessa Unicore di Mediterranean Food Science and Technology che ha 26 anni -. Mi sento una ragazza molto fortunata ad essere stata intanto selezionata rispetto ad altri giovani. Nel mio Paese ho studiato biotecnologia e adesso vorrei completare con la laurea magistrale. Sono riuscita solo in parte a studiare nel mio Paese perché i problemi - dovuti alla crisi umanitaria, economica e politica -, sono moltissimi e non ci permettono di continuare in maniera più approfondita gli studi. Per me, quindi, proseguire gli studi non è una semplice opportunità ma una possibilità importante di dare un cambiamento significativo al futuro della mia vita".
"Mi sono preso la laurea triennale in ingegneria chimica e adesso vorrei proseguire con ingegneria gestionale - dice Michael Henok, studente Unicore di Management Engineering di 25 anni -. Appena completerò gli studi mi darò un tempo necessario per capire se rimanere a Palermo oppure tornare nel mio Paese per potere dare il mio contributo lì. Sono aperto, naturalmente, a tutte le possibilità in qualsiasi parte del mondo perché la cosa più importante sarà trovare un lavoro. L'idea del rientro nel mio Paese avverrà quando mi sentirò pronto a farlo nell'ambito delle competenze universitarie che avrò acquisito. Sono sicuro che questa sarà una opportunità di crescita molto significativa. Pertanto, sono felice di essere stato scelto tra i pochi ad avere questa possibilità di entrare a fare parte di questo progetto".
"La Caritas ha accolto Yodit e Michael garantendo loro ospitalità dentro il nostro centro San Carlo - ha sottolineato don Sergio Ciresi, vicedirettore della Caritas diocesana di Palermo - dove sono sostenuti ed accompagnati in tutto quello di cui hanno bisogno. Trovarsi da noi, sarà per loro un grande motivo di arricchimento umano perché, dentro una parte della struttura, abbiamo accolto, nel polo notturno e diurno con il pon metro, 20 persone senza dimora e alcune persone dell'area penale che hanno dei permessi. Poi abbiamo anche la mensa dedicata alle persone più povere della città. Tutto questo lo vedo come una possibilità positiva non solo per loro ma anche per tutte le persone che ospitiamo che potrebbero avere modo di conoscerli".
"Siamo coinvolti nel progetto attraverso la nostra operatrice sociale e mediatrice culturale Safa Neji Neji - aggiunge Anna Ponente, direttrice Centro diaconale La Noce -. Lei si occuperà di tutta quella parte che riguarda il disbrigo delle pratiche dei loro documenti. Un'altra parte significativa sarà pure il loro accompagnamento di conoscenza della città ma anche di sostegno per quanto concerne la parte sanitaria e dell'inclusione sociale. Nella piena logica del lavoro sinergico in rete, insieme, ai nostri partners, siamo impegnati per i corridoi universitari che hanno le stesse modalità organizzative dei corridoi umanitari che, invece, in passato, abbiamo garantito per le persone migranti ed in particolare per alcune famiglie siriane".
"La prima cosa per tutti noi è quella di dare loro opportunità - ha affermato Fabrizio Micari, rettore dell’Università degli Studi di Palermo - che è alla base del progetto e della politica per una università inclusiva che è stata portata avanti in questi anni. L'idea è quella di creare una università sempre più aperta che accoglie e che dà a tutti, anche a coloro che hanno maggiori difficoltà, la possibilità di crescere attraverso la cultura e la conoscenza. Naturalmente tutto questo è un percorso che stiamo garantendo grazie alla collaborazione sinergica con tutti gli altri partners coinvolti".
"Riuscire come università a fare arrivare in sicurezza questi giovani rifugiati è un passo importante - aggiunge infine Bijou Nzirirane dello sportello immigrati della Cgil -. Sicuramente questo è un buon segnale e spero che sia solo l'inizio virtuoso di un progetto che occorrerà continuare per creare un sistema di accoglienza costruttivo per tutti. A questi giovani bisogna farli sentire realmente a casa loro e quindi dobbiamo come comunità attivarci in tal senso. Ricordiamoci però che questo dovrebbe spingerci a studiare le altre strade per favorire i corridoi umanitari per altre persone migranti rifugiate che devono evitare di rischiare la vita nel Mediterraneo per arrivare da noi e in Europa".
Serena Termini