Pochi medici-troppi pazienti, Spi-Cgil: anziani veneti senza cure
Più di 1.500 assistiti per ogni professionista, un numero "superiore alla media italiana". Di Gregorio: "Quadro allarmante, incentivare studi 'integrati'"
Circa 640 zone carenti di medico, il doppio rispetto al 2019, più di 1.500 assistiti per ogni professionista, un numero "superiore alla media italiana", circa 1.300 figure mancanti da qui ai prossimi sette anni, pochissimi studi "integrati", e "migliaia di pazienti, soprattutto anziani, senza punti di riferimento". Messi in fila tutti questi elementi "si fa sempre più allarmante, in Veneto, la situazione dei medici di base". Il report di aggiornamento realizzato dall'Ires Veneto in relazione ai servizi socio-sanitari offerti dalla nostra regione preoccupa tantissimo, "soprattutto per i nostri anziani", il sindacato dei pensionati della Cgil del Veneto (Spi). Elena Di Gregorio, segretaria Spi del Veneto, dice: "Ci sono zone completamente scoperte, soprattutto nei Comuni e nelle frazioni più piccole, dove i pazienti, in particolare quelli anziani, non sanno a chi rivolgersi per farsi curare oppure devono affrontare distanze insostenibili per trovare un medico. La programmazione della Regione su questo fronte è stata davvero deficitaria e la colpa non è del Covid perché la pandemia ha solo fatto esplodere una situazione già di per sé drammatica".
Dal report, dice lo Spi, "emerge in modo chiaro come la questione sia davvero urgente". Le zone carenti di medici di base sono passate dalle 343 del 2019 alle 639 di adesso (nel 2021 erano 561), lasciando "scoperti centinaia di assistiti, soprattutto anziani". A inizio 2022 in Veneto c'erano 2.826 medici di famiglia in servizio, 1.519 pazienti per medico ("quando il rapporto ottimale sarebbe di uno ogni mille"). E in Veneto si prevede l'addio, nei prossimi sette anni, soprattutto per pensionamenti, di 1.878 medici a fronte di soli 595 nuovi ingressi. "Se fosse così, diventerebbe impossibile seguire i pazienti", avvisa lo Spi.
Un modo per tamponare almeno in parte il problema della carenza di medici in Veneto "sarebbe la nascita degli studi di medicina integrata, strutture con più medici e una segreteria comune", dice lo Spi. La delibera della giunta Zaia sul piano di sviluppo delle cure primarie prevedeva che nel biennio 2018-2020 oltre il 60% dei professionisti si aggregassero fra loro. "Invece al 19 maggio 2020, così come indicato dallo stesso Palazzo Balbi, le strutture integrate erano solo 77 con 656 medici, il 22% del totale". Intanto, il quadro si fa ancora più preoccupante tenendo conto delle tante persone anziane, soprattutto over 80, con con più malattie croniche e bisogni di filtro quasi costante con il medico di base. "Secondo il rapporto Ser del 2020 sulle malattie croniche, il 47% della popolazione veneta ha, almeno, un codice di diagnosi di patologia acuta o cronica", evidenzia lo Spi.
Inoltre, un terzo della popolazione (34,1%) presenta almeno una malattia cronica; il 51,1% ha una singola malattia, il 23,2% due patologie croniche compresenti, il 7,5% 5 o più patologie. Messi in fila i numeri, per Di Gregorio "la Regione dovrebbe correre ai ripari per recuperare tutte le carenze delle passate programmazioni". Le borse di studio finanziate dal Veneto nel 2020 (80) e nel 2021 (306) sono "tutto insufficienti per recuperare i ritardi accumulati, ma anche tardive dato che quei medici saranno operativi nel 2025. Palazzo Balbi deve attivarsi per il finanziamento di più borse, almeno 600, altrimenti fra qualche anno ci troveremo una situazione ancora più ingestibile". In parallelo vanno incentivate le aggregazioni fra medici di medicina generale, "solo così si possono tamponare le falle del sistema e garantire un servizio costante a tutti gli assistiti quando uno dei medici non è più in servizio in modo temporaneo o permanente". (DIRE)