Pnrr e non autosufficienza, le proposte di Carer per una nuova domiciliarità
Il documento redatto dall’associazione dei caregiver familiari dell’Emilia-Romagna racchiude una serie di proposte per riflettere su come impiegare le risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza. “È un’occasione storica, dobbiamo saperla cogliere”
“Il nostro Paese vive un grave ritardo strutturale sul versante dei servizi per la non autosufficienza – in particolare i servizi a sostegno della domiciliarità – e sul riconoscimento del ruolo cruciale svolto dalle e dai caregiver e da assistenti familiari nella cura a persone disabili o non autosufficienti”. Si apre così il documento che racchiude le proposte dell’associazione Carer - Caregiver familiari Emilia-Romagna, sui temi della non autosufficienza e della domiciliarità, nell’ambito del programma Next Generation Eu e del Pnrr. Secondo l’associazione, cruciale è il riconoscimento giuridico del ruolo di caregiver familiare come componente di un nuovo assetto di welfare e portatore di specifici diritti. Ecco perché il Pnrr può essere una opportunità storica per effettuare gli investimenti necessari a sostenere un welfare caratterizzato da una nuova domiciliarità, ma come impiegare le risorse?
“Prima di tutto, è importante rappresentare il complesso campo della domanda, profondamente mutato in questi anni e a seguito dell’impatto del Covid – scrivono da Carer –. Una domanda estremamente diversificata, inserita in contesti di vita e di cura differenziati a livello familiare e territoriale. Una diversificazione che vede un impegno assistenziale sempre più significativo di caregiver informali con funzioni di integrazione e supporto delle funzioni di vita quotidiana rispetto ad una offerta divenuta sempre più prestazionale. Occorre un modello di domiciliarità che tenga debitamente conto di tali situazioni e delle competenze, modalità, strumenti di rapporto tra caregiver informali e servizi professionali”.
Tra le proposte presentate nel documento, e frutto di esperienze sul campo e di un ascolto costante dei bisogni dei caregiver familiari, Carer afferma che una nuova domiciliarità debba innanzitutto declinarsi rispetto alla multidimensionalità dei bisogni di chi riceve e chi presta cura. Fondamentale per un territorio, quindi, in situazioni di cura a lungo termine a domicilio, sono l’attivazione di sportelli unici (one stop shop) per l’informazione, l’orientamento ed il supporto ai caregiver familiari; call center inbound con servizi di tele supporto per rispondere e accompagnare le esigenze di cura domiciliare; la nascita e il potenziamento di centri diurni, come elemento di assistenza ma anche di inclusione sociale, e di servizi che riguardino le modalità di reperimento, formazione e attivazione di assistenti familiari. Sono necessarie inoltre azioni per la conciliazione del caregiver, domotica e tecnologie che facilitino l'autonomia e che consentano il monitoraggio a distanza, e servizi di supporto come ad esempio la consegna di farmaci, della spesa e dei pasti. Infine, servono strutture residenziali “aperte” al territorio, con forme nuove di formazione e accompagnamento della domiciliarità, e strumenti di monitoraggio dei bisogni inerenti la prevenzione della fragilità a livello territoriale.
Tra gli altri spunti, Carer parla dell’importanza di porre al centro la personalizzazione degli interventi e una formazione continua e diffusa sui temi della umanizzazione delle cure, che rispetti la dignità e l’autodeterminazione di chi necessita di assistenza. Si chiede inoltre di assicurare un’articolazione di servizi di prossimità e di sollievo al familiare che si prende cura, e di promuovere una rete di iniziative territoriali che, nello spirito di un welfare di comunità, consentano il riconoscimento e la sostenibilità del valore sociale di cura e della longevità. Infine, è necessario infrastrutturare tecnologicamente la domiciliarità della cura e delle cure su standard nazionali, in un’ottica condivisa e partecipata dai soggetti coinvolti in termini di domanda e di offerta.
“L’obiettivo è quello di arrivare a una domiciliarità in grado di rispondere alle esigenze della persona che necessita di assistenza e nel contempo di chi, come caregiver, nel contesto domiciliare, offre supporto alla vita quotidiana con un pesante impatto sulle proprie aspettative personali, di lavoro, di relazioni”, concludono dall’associazione.
Alice Facchini