Per i giovani il volontariato è la rappresentazione di se stessi

Presentata la ricerca del Csv Taranto sul rapporto tra le nuove generazioni e l’impegno solidale. Famiglia, amici e insegnanti sono figure determinanti per avvicinarsi a questo mondo, molto più dei media. Tabò: “La propensione dei giovani al volontariato deve spingerci a metterci in discussione”

Per i giovani il volontariato è la rappresentazione di se stessi

Il volontariato tra i giovani in terra jonica non è uno sconosciuto; forse non tutti lo frequentano ma di sicuro sanno di cosa si parla quando se ne parla. Per il 67 per cento dei ragazzi e le ragazze che hanno partecipato ad una ricerca promossa dal Csv di Taranto, il volontariato rappresenta la traduzione concreta dei propri riferimenti etici, politico, sociali e religiosi; per il 18 per cento di loro fare volontariato significa svolgere azioni utili sia alla comunità che a se stessi, ma è anche un modo per socializzare e impiegare il proprio tempo libero in maniera significativa.

Sono alcuni dei dati emersi dall’indagine condotta dal Csv in collaborazione con l’università degli studi Aldo Moro di Bari – dipartimento Jonico in Sistemi giuridici ed economici, la Lumsa sede di Taranto e l’università di Pisa, per meglio comprendere il rapporto tra i giovani e il volontariato sul territorio.

Gli esiti della ricerca sono contenuti nel libro “I giovani e il volontariato. Un’indagine in terra jonica”, edito da Studium e presentato ieri, 27 maggio, in diretta streaming.

L’analisi dei 583 questionari compilati dai giovani universitari del campione, ha ricostruito le misure e le proprietà della loro propensione al volontariato, delineando inoltre alcune possibili vie per tradurre tale inclinazione in impegno concreto nel volontariato, in particolare in quello organizzato.

Il questionario su cui si è basata la ricerca è stato somministrato agli studenti delle 3 università già citate: il 37 per cento erano iscritti all’università di Bari (sede decentrata di Taranto), il 17,5 per cento erano studenti della Lumsa e il 42 per cento dell’università di Pisa, a cui si è aggiunto il 3,5 per cento di iscritti all’istituto di Scienze religiose di Taranto. Dal punto di vista del genere, il 70 per cento del campione era composto da studentesse, mentre il 29 per cento da studenti. La presenza di una quota così elevata di donne è connessa al percorso di studi a cui appartengono gli intervistati. Per il 35 per cento si tratta di iscritti al corso triennale di discipline giuridiche ed economiche, per il 34,5 per cento di iscritti al corso triennale di servizio sociale, il 22 per cento frequenta il corso triennale di scienze politiche e sociali, il 6 per cento il corso di Scienze per la pace. Per quanto riguarda l’età, invece, la maggior parte dei rispondenti al questionario è molto giovane; nello specifico, il 28 per cento ha 18-19 anni, il 34 per cento ha 20-21, il 21 per cento ha tra i 22 e i 24 anni, mentre il 15 per cento ha 25 anni o più.

Secondo quanto è emerso sul coinvolgimento, il 26 per cento degli intervistati svolge attività di volontariato; di questi poco più del 10 per cento lo ha fatto sulla base di esplicite richieste provenienti dalle proprie “relazioni primarie”. Familiari, amici e insegnanti rappresentano dunque figure determinanti nell’avvicinamento al mondo del volontariato; l’esposizione ai media, invece, non riveste altrettanta rilevanza. Da sottolineare poi il 35 per cento di coloro che dichiarano di aver deciso da soli di compiere il primo passo verso il volontariato, senza nessuna “influenza”.

I volontari attivi in un’organizzazione costituiscono il 15 per cento degli intervistati, mentre quelli “informali” sono pari all’11 per cento.

Il libro rappresenta uno strumento utile per tutti coloro – enti del terzo settore, insegnanti, formatori, professionisti del sociale e amministratori pubblici – impegnati nel costruire sul territorio le basi per una cittadinanza attiva.

Alla presentazione, moderata Marco Dotti, giornalista di Vita non profit, è intervenuto il presidente di CSVnet Stefano Tabò, che ha detto: “La ricerca mette in luce alcune delle caratteristiche tipiche dei centri di servizio per il volontariato: un sistema che non si accontenta di quello che sa e di quello che già fa; una rete – ha aggiunto – capace di mettersi in discussione e di porsi domande, che è un modo di interpretare in maniera fedele il mandato affidatoci dalla nuova normativa”. Tabò ha sottolineato uno degli esiti dell’indagine svolta, vale a dire la propensione dei giovani al volontariato che “ci richiama a valutare e verificare la ‘nostra’ propensione a metterci in discussione, davanti ai giovani. È una propensione al cambiamento, che deve essere fatta propria dagli stessi Csv, senza paura di attivare riflessioni”. “La sfida che ci pongono le nuove generazioni – ha detto – ha molto a che fare anche con quella della digitalizzazione, che soprattutto con la pandemia si è posta davanti al mondo del volontariato e del terzo settore, e che può far intuire l’apporto significativo che possono dare i giovani all’associazionismo”.

Sono intervenuti, inoltre, insieme a Francesco Riondino, presidente del Csv Taranto, gli autori del volume: Antonio Panico - professore associato di Sociologia generale presso l’università Lumsa, Adriana Schiedi - ricercatrice di Pedagogia generale e sociale presso il dipartimento Jonico in Sistemi giuridici ed economici del Mediterraneo dell’università Aldo Moro di Bari, Marinella Sibilla - ricercatrice presso il dipartimento di Giurisprudenza, economia, politica e lingue moderne della Lumsa di Roma e Andrea Salvini - professore ordinario di Sociologia generale presso il dipartimento di Scienze politiche dell’università di Pisa. Hanno partecipato infine l’assessore regionale al Welfare Rosa Barone, l’assessore comunale ai Servizi sociali Gabriella Ficocelli e l’assessore comunale alle Politiche giovanili e Pubblica istruzione Deborah Cinquepalmi.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)