Overdose. Grosso: “Pesano il ritorno dell'eroina e i tagli ai servizi”
Preoccupa l’aumento dei decessi registrato nel 2018 dalla Direzione centrale dei servizi antidroga, ma anche l’affacciarsi sul territorio italiano di nuove sostanze, mentre si tagliano i servizi. L’analisi del presidente del Gruppo Abele: “Rilanciare prevenzione, ma nelle giuste modalità”.
ROMA – C’è il ritorno dell’eroina (non più in vena), l’arrivo di nuove sostanze come il Fentanyl, ma anche il disinvestimento nei servizi e nella prevenzione tra le possibili ragioni alla base dell’inversione di tendenza in merito alle morti per overdose in Italia. Ne è convinto Leopoldo Grosso, psicologo e psicoterapeuta, presidente onorario del Gruppo Abele fondato da don Luigi Ciotti. I dati forniti dalla Direzione centrale per i servizi antidroga (Dcsa) parlano chiaro. Solo nel 2018 c’è stato un incremento di oltre il 12 per cento dei decessi per overdose su tutto il territorio nazionale. Un trend che conferma la risalita dei morti per droga iniziata già nel 2017, dopo un calo sistematico dei numeri terminato proprio nel 2016. E i dati parziali sul 2019 raccolti sul web dal portale GeOverdose.it non sembrano discostarsi molto da quelli degli ultimi due anni.
Il ritorno dell'eroina
In merito alle ultime tendenze pesano alcuni fattori, spiega Grosso. “Tra gli indizi che abbiamo e che danno un contributo alla spiegazione di questo aumento – spiega Grosso - c’è il ritorno dell’eroina, ad esempio”. Un ritorno in strada avvenuto “con modalità più attenuate e meno crude rispetto al passato”, chiarisce Grosso. Si tratta di “iniziazioni che passano attraverso l’eroina fumata, lo sniffo ma che in alcuni casi poi proseguono anche con l’iniezione e il ritorno del buco”. Un ritorno che per Grosso è dovuto sia alla sovrapproduzione in Afghanistan (e al relativo abbassamento dei prezzi), ma soprattutto alle nuove modalità di consumo. “C’è una cultura del consumo di eroina che non è attraverso la siringa – spiega - e così passa per una droga più gestibile e meno pericolosa”.
I dati forniti dalla Dcsa, infatti, attribuiscono la maggior parte dei decessi all’uso di eroina, ma non mancano i casi di poliassunzione. “Overdose da accumulo di sostanze – le definisce Grosso -, in cui ci si mette tutto: eroina, metadone, psicofarmaci, benzodiazepine. Una sommatoria di sostanze che provocano una depressione cardiorespiratoria e la persona muore d’overdose”. Ci cono poi i casi di decessi per overdose di cocaina, ma in questo caso i dati ufficiali potrebbero sottostimare il fenomeno. “Molto spesso vengono scambiati per infarti – spiega Grosso -, che sono tali ma procurati e facilitati dall’assunzione di droga. Quando non si trova la siringa in vena, molto spesso non vengono considerati overdose”.
Il prezzo pagato dai servizi
Nonostante questi trend, tuttavia, il mondo dei servizi per le tossicodipendenze fatica a far sentire la propria voce alle istituzioni e alla politica. Basti pensare che sono passati ormai dieci anni dall’ultima Conferenza nazionale sulle tossicodipendenze. Dieci anni in cui nessun governo è stato in grado di mettere tutti attorno ad un tavolo per affrontare il fenomeno delle droghe, che nel frattempo è mutato profondamente. “I servizi scontano il disinvestimento che è stato fatto sulla tematica delle dipendenze dal momento in cui le overdose sono diminuite – racconta Grosso – e l’Aids, che si era innestata sulla tossicodipendenza, non è più una malattia mortale ma in qualche modo curabile. Si sono spenti i riflettori e i servizi territoriali, psichiatria compresa, non hanno più beneficiato di investimenti, ma sono stati oggetto di tagli della spesa”. Un taglio “progressivo e strisciante”, spiega Grosso, che ha colpito soprattutto gli organici. “In Piemonte, su cinque psicologi dei Sert che vanno in pensione ne rimettono dentro uno per di più precario e senza possibilità di intravedere un percorso di carriera all’interno di quei servizi”, denuncia Grosso. Servizi che hanno subito tagli alle sperimentazioni, ma anche la prevenzione è stata una “vittima privilegiata dei tagli”, assicura Grosso. “Nei nostri ambiti è stata tagliata di oltre il 40 per cento”.
Fentanyl, primi segnali d'allarme
Tutto questo mentre anche in Italia arrivano i primi segnali d’allarme sul consumo di oppioidi sintetici come il Fentanyl, che negli Stati uniti è diventato ormai un’emergenza nazionale. “In Italia c’è un ritardo di circa 10 anni rispetto a quello che avviene negli Stati uniti – racconta Grosso -. È stato così con l’eroina, per il crack e per la cocaina. C’è sempre stato questo periodo di latenza per la trasmigrazione del fenomeno. Sul Fentanyl e gli oppioidi sintetici qualche problema c’è già, soprattutto nel Nord Est e anche a Torino abbiamo avuto una overdose da Fentanyl di una persona che l’aveva ordinato tramite internet”. Per Grosso, tuttavia, ad oggi è ancora un “epifenomeno, un fenomeno elitario e non di massa – continua -, ma nel momento in cui si propagano questo tipo di sottoculture, poi fanno in fretta a fare presa. Il mercato grigio di queste sostanze si crea presto se c’è la domanda. Per il momento è ancora un fenomeno molto circoscritto, ma se dovesse uscire da questo cerchio rischia di riproporsi con le modalità con cui si è riprodotto negli Stati uniti”.
Rilanciare la prevenzione, "ma con le giuste modalità"
Per Grosso, oggi è quanto mai necessario “rilanciare la prevenzione, ma nelle modalità giuste – spiega -. Il governo giallo-verde tramite Salvini ha cercato di rilanciarla, ma nelle modalità sbagliate, concentrandosi unicamente sui piccoli spacciatori, senza finanziare un lavoro di prevenzione che non riguardasse solo il potenziamento temporaneo della vigilanza urbana. Bisogna attuare la normativa nazionale e organizzare la Conferenza nazionale sulle droghe”. Da qualche mese, infatti, il mondo delle comunità, dei servizi e delle associazioni è al lavoro su un possibile appuntamento autogestito. “Il coordinamento delle diverse associazioni sta cercando di promuovere per febbraio un’iniziativa spontanea – conclude Grosso -. Se non dovesse arrivare la Conferenza nazionale, la organizziamo noi autonomamente. Serva come denuncia, come spinta e anche come un momento di riflessione e confronto a livello nazionale che in questi anni è venuto a mancare”.
Giovanni Augello