Orchestra giovanile con 12 stelle: l’Europa unita a suon di musica
Anna Tonini-Bossi, di Alba, suona il violoncello nella European Union Youth Orchestra. Una iniziativa targata Ue per promuovere la cultura musicale di alto livello e favorire l'incontro tra giovani dei diversi Paesi del continente. "La cosa bella dell’Euyo è che gli organizzatori e i musicisti che ci preparano danno molta importanza al valore umano". Ferrara è una delle "basi" dell'orchestra che ha sede legale a Roma
Sono migliaia i giovani musicisti che in tutta Europa ogni anno fanno domanda per diventare membri dell’Orchestra giovanile europea, la European Union Youth Orchestra, chiamata familiarmente “Euyo”. Solo 114 di loro vengono scelti. Anna Tonini-Bossi (nella foto sotto), di Alba (Cuneo), trasferita a Vienna per studiare violoncello, è una di loro. Istituzione musicale nata nel 1976, la Euyo dà a chi è tra i 16 e i 26 anni la possibilità di vivere in concreto l’ideale europeo, ma è anche un percorso artistico di alto livello, che vanta nella sua storia nomi del calibro di Claudio Abbado (maestro co-fondatore) Herbert von Karajan o Zubin Mehta. Dal 2015 è il russo Vassilij Petrenko a dirigere i concerti. Presidente onorario dell’Euyo è il presidente del Parlamento europeo, mentre la Commissione europea, attraverso il programma “Europa creativa”, copre le spese (ma i musicisti non percepiscono compensi). La sede legale è a Roma, il quartier generale a Ferrara dove, a turno con Grafennegg, in Austria, si svolgono le prove prima dei tour che portano questi giovani ambasciatori in giro per l’Europa e il mondo. Anna, insieme a due violiniste, un clarinettista e un contrabbassista, rappresenta l’Italia.
Come si fa per entrare nell’Euyo?
Ci sono delle audizioni con una selezione molto severa. Quest’anno per violoncello in Italia ci sono state due audizioni. In quella svoltasi a Firenze, cui ho partecipato io, eravamo una quindicina di violoncellisti. Ne hanno selezionati tre e altri tre in un’audizione a Milano. In una selezione successiva, tra i violoncellisti italiani hanno preso solo me. È stata una grande emozione essere scelta per questa orchestra.
Qual è stato il segreto per superare le audizioni?
Di me credo sia stata apprezzata una certa precisione dell’esecuzione, ma forse anche la comunicatività dell’interpretazione del pezzo che avevo scelto. Per l’Euyo è importante una certa espansività. Quando io suono cerco sempre di raccontare qualcosa al pubblico, vorrei regalare un messaggio.
In orchestra è più difficile e lo sforzo è di amalgamarsi nell’insieme, ma è affascinante vedere come con il contributo di ognuno si ottiene un risultato magnifico. Quando si suonano sinfonie come la IV di Bruckner o la X di Šostakovič con un organico enorme, il pubblico non riconosce i componenti, ma il risultato finale è incredibile e se mancano anche solo due o tre elementi, è diverso.
Perché sono migliaia i giovani musicisti che fanno domanda per entrare in questa orchestra?
È sempre importante inserire nel proprio curriculum la partecipazione a un’orchestra giovanile come l’Euyo o la Gustav Mahler Jugendorchester, le due orchestre giovanili di riferimento in Europa. È un’esperienza che è parte integrante della formazione di ogni musicista.
C’è un valore aggiunto nell’Euyo?
L’Euyo vuole creare un ambiente in cui contano molto i rapporti umani tra musicisti, non solo per fare musica di alto livello ma per crescere insieme, venendo in contatto con persone di altri Paesi e con i luoghi in cui si suona. Per esempio, nel nostro tour primaverile siamo stati in Oman, nella Royal opera House di Muscat ed è stato incredibile! La cosa bella dell’Euyo è che gli organizzatori e i musicisti che ci preparano danno molta importanza al valore umano. Quest’anno ad esempio hanno pensato il progetto “Orchestra in città”, per la città di Ferrara dove siamo stati una ventina di giorni per le prove prima del tour primaverile. Piccoli ensemble che facevano parte dell’orchestra hanno suonato per scuole, asili, case di riposo. È una caratteristica di quest’orchestra dare importanza al valore della musica e all’umanità della musica, mentre altre sono più focalizzate sulla professionalità. Gli organizzatori hanno sempre cura di lasciarci almeno mezza giornata libera per visitare le città in cui suoniamo e questo è interessante ed è anche un modo per stringere i legami tra gli orchestrali.
Quale impegno comporta concretamente?
Quest’anno, come quasi ogni anno, ci sono due tournée. La prima è stata dal 24 marzo al 25 aprile: venti giorni a Ferrara per la preparazione, con concerti a Ferrara, Milano, Udine e Reggio Emilia. Poi siamo partiti per l’Oman, quindi abbiamo suonato in Austria, ci siamo spostati in Lussemburgo e l’ultima tappa è stata in Germania. Il tour estivo, di sei settimane, sarà invece dall’8 di luglio al 19 agosto: prepareremo i concerti in Austria, a Grafenegg, vicino a Vienna e poi suoneremo a Vienna, Praga, Berlino, Bolzano, Amsterdam e Amburgo. Accanto ai tour ci sono progetti minori a cui non partecipa tutta l’orchestra.
Cosa significa studiare, suonare, viaggiare con persone di altri Paesi europei?
Certo ci sono differenze culturali che si notano ma non sono mai un limite. Quello è un messaggio importante che l’orchestra può dare soprattutto in questo periodo. Interessante è che ci sono anche molti inglesi nell’orchestra perché non è stato ancora deciso se escluderli dalle audizioni; gran parte dell’organizzazione è affidata a musicisti inglesi, come inglese è il nostro preparatore Peter Stark.
Noi musicisti non comprendiamo queste frontiere che si alzano: quando ci ritroviamo tra noi non ci sono differenze. Fa effetto in questo periodo ritrovare legami così forti tra le nazioni europee e poi invece vedere che spesso la gente va in un’altra direzione…
C’è tra voi consapevolezza della portata simbolica dell’esperienza che vivete?
All’inizio del tour ci hanno radunati nel teatro comunale di Ferrara e ci hanno spiegato il senso dell’Euyo, invitandoci a pensare cheognuno di noi è in qualche modo ambasciatore dell’Ue e ognuno è ambasciatore del proprio Paese all’interno dell’orchestra.È molto vivo questo sentimento. Nel momento in cui ci danno il badge, che dobbiamo tenere al collo, con il nostro nome e la sigla Euyo è come una investitura ufficiale. E anche durante i concerti, a noi ragazze danno una stola blu con le stelle gialle da appuntare su una spalla: per me è sempre un’emozione poterla indossare.