Malavita agroalimentare. Le infiltrazioni della criminalità organizzata continuano a minare uno dei comparti più preziosi per l’Italia

Alla base di quanto accade c’è una circostanza: la preziosità della filiera agroalimentare, che riesce, nonostante tutto, a produrre un giro d’affari di miliardi di euro.

Malavita agroalimentare. Le infiltrazioni della criminalità organizzata continuano a minare uno dei comparti più preziosi per l’Italia

La malavita continua a far man bassa nell’agroalimentare nazionale. Diciamolo subito per togliere ogni equivoco: mafia, camorra e ‘ndrangheta non rappresentano certo tutta la filiera, ma riescono comunque a carpirne alcune parti preziose e significative. Male non di oggi, quello delle infiltrazioni della criminalità organizzata nella produzione alimentare italiana, male, tuttavia, che non si riesce ad estirpare e che, anzi, in alcuni ambiti sembra crescere anziché diminuire. Alcuni ultimi fatti di cronaca dicono proprio questo. Anche se la stragrande maggioranza dei produttori non smette di combattere chi vuole fare affari sporchi con il buon agroalimentare nazionale.

Per essere aggiornati circa il bollettino delle indagini e degli arresti nel comparto, bastano due fatti di cronaca. Nei giorni scorsi, a Roma un’operazione della Direzione Investigativa Antimafia ha portato all’esecuzione di misure cautelari nei confronti di 26 persone accusate di far parte di una “locale” di ‘ndrangheta radicata nella Capitale e finalizzata ad acquisire la gestione e il controllo di attività economiche nel settore agroalimentare, dall’ittico alla panificazione per arrivare alla pasticceria. Sempre qualche giorno fa, il Corriere Ortofrutticolo ha posto in rilievo un altro fatto: per aver dato in subappalto i “servizi di trasporto e di altro genere” a una società ritenuta riconducibile a un imprenditore condannato definitivamente per ‘ndrangheta, il Tribunale di Milano ha disposto l’amministrazione giudiziaria per una azienda di Alagna Valsesia, in provincia di Vercelli, che nel 2020 si è aggiudicata una gara da oltre 15 milioni e mezzo  per lavori di realizzazione della nuova piattaforma logistica all’interno dell’ortomercato del capoluogo lombardo. Cronache italiane che aggiornano un elenco già piuttosto lungo. E che dicono molto su quanto lavoro ci sia ancora da fare.

Che le dimensioni del fenomeno della presenza della criminalità organizzata nell’agroalimentare siano notevoli, lo si capisce dalle consuete rilevazioni effettuate da Coldiretti. Una delle ultime spiega: “Dal pesce al pane fino ai dolci l’agroalimentare è diventato un settore prioritario di investimento della malavita con un giro d’affari criminale che ha superato i 24,5 miliardi di euro”. Ad essere adoperati per arrivare a traguardi (negativi) di questo genere, sono praticamente tutti gli strumenti classici della malavita. Con l’estorsione e l’intimidazione, dicono i rappresentanti dei coltivatori diretti, “le agromafie impongono l’utilizzo di specifiche ditte di trasporti, o la vendita di determinati prodotti agli esercizi commerciali, che a volte, approfittando della mancanza di liquidità, arrivano a rilevare direttamente grazie alle disponibilità di capitali”.

Ma perché tutto questo? Alla base di quanto accade c’è una circostanza: la preziosità della filiera agroalimentare, che riesce, nonostante tutto, a produrre un giro d’affari di miliardi di euro. “La criminalità – spiegano ancora i coltivatori -, comprende la strategicità del settore in tempo di crisi economica perché consente di infiltrarsi in modo capillare nella società civile e condizionare la via quotidiana delle persone”. Tutto con effetti molteplici e diversificati. Non c’è, infatti, solo “l’appropriazione di vasti comparti dell’agroalimentare e dei guadagni che ne derivano”; ci sono anche la distruzione della concorrenza e del libero mercato legale e, soprattutto, la compromissione della qualità e della sicurezza dei prodotti agroalimentari. A lungo andare, si tratta di un’operazione che riesce a minare profondamente l’immagine dei prodotti italiani ed il valore del marchio Made in Italy nel mondo. Tutto, poi, potrebbe aggravarsi ancora a seguito dell’ondata di rialzi dei costi dell’energie e delle materie prime che mette in difficoltà molte imprese esponendole proprio alle infiltrazioni della criminalità.

Da tutto ciò, come è naturale, deriva una seconda domanda. Cosa fare? Non vi sono ricette preconfezionate. C’è, invece, un’indicazione che vale per tutti. Oltre all’applicazione delle leggi, è necessaria una maggiore diffusione della consapevolezza di dovere aiutare gli onesti e di contrastare i disonesti, forti della coscienza proprio dell’unicità del nostro agroalimentare.

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Fonte: Sir