L’album dei ricordi di un padre coi baffi e del suo bambino “speciale”
In “Reparto Paternità”, di Alessandro Domenighini, il rapporto - fatto solo di carezze - tra Agostino e il suo piccolo Hermann. Accanto a loro le storie di altri uomini alle prese con le loro sfide personali
Ermetico, originale, intenso. Anche per come è scritto. Un riassunto di fatti e stati d’animo, ma non servirebbe una parola di più per raccontare ciò che narra. Tredici istantanee immortalano a ritroso i momenti cruciali nella vita di un padre, Agostino, e del suo piccolo Hermann, il suo bambino “speciale”. Accanto a loro compaiono altri uomini alle prese con altre sfide: il lutto, il tradimento, la solitudine, l’incapacità di manifestare i propri sentimenti profondi, il dolore, la rabbia. Pillole di vita propria e altrui. Così l’album dei ricordi diventa un libro universale, autentico e denso. Crudo e poetico allo stesso tempo, compreso il linguaggio. Ci sono gli antidepressivi e c’è la tenerezza, ci sono fatica e stanchezza ma anche determinazione e resilienza, c’è l’amore passionale dei primi tempi e pure il non toccarsi più dopo anni di matrimonio. Tutti sguardi al maschile, quelli di “Reparto Paternità”, di Alessandro Domenighini (Infinito Edizioni), con le figure femminili relegate nel ruolo di comparsa.
Dalle pagine di questo libro non emerge mai se i brevi sprazzi di vita fotografata siano storie vere, con personaggi veri. Probabilmente sono verosimili. Ma di reale c’è che Agostino e Alessandro, l’autore, sono la stessa persona. "Fin dalla prima ecografia abbiamo capito che la gravidanza non stava andando per il verso giusto", scrive nella nota introduttiva. "Nell’immaginario paese dei Kappa, mitici esseri descritti nella letteratura giapponese, spetta al nascituro far sapere ai genitori se voglia davvero venire al mondo, in un grottesco dialogo tra padre e figlio che si svolge attraverso i genitali della mamma. Tra gli esseri umani non è così semplice ed è toccato a noi prendere “quella decisione” per conto del nostro bambino. Dopo tanto tempo ci domandiamo ancora se abbiamo fatto la scelta giusta (ammesso che una scelta giusta esista). Quando una vita può dirsi inutile? Forse quando la disabilità è talmente grave da compromettere perfino le più basilari forme di comunicazione?». Ma l’incomunicabilità strisciante affligge spesso anche le persone “normali”. E poi esistono tante forme di comunicazione. Come per esempio quando Hermann «alza le manine, vuole che “parliamo”. Gliele afferro e le accompagno sul mio viso; mi ispeziona curioso; ritrova i baffi e si lascia solleticare. Poi le nostre mani si incrociano e cominciano a cantare. Mi stringe le dita, chiude il pugno dentro le mie, ci sveliamo mille segreti che nessun altro potrà mai capire".
Alessandro Domenighini, è nato e vive in Valcamonica, nel bresciano. Ha svolto varie professioni, più o meno connesse con una laurea in Giurisprudenza, finché l’arrivo di Saverio, il figlio “numero due” – sordocieco e vissuto solo pochi mesi – non ha rivoluzionato tutto. Oggi l’autore è papà di un altro maschietto, nato a far compagnia alla primogenita. Prima di “Reparto Paternità”, Domenighini aveva scritto “Partita alla cieca”, un piccolo volume autoprodotto pubblicato a sostegno delle attività della Lega del Filo d’Oro.
La recensione è tratta dal numero di SuperAbile INAIL di febbraio, il mensile dell’Inail sui temi della disabilità
Michela Trigari