Il vero volto dell’Avversario. Il filosofo Roberto Esposito affronta l’episodio della lotta di Giacobbe con il misterioso Altro

Chi è veramente l’Avversario? Un demone, un angelo, la personificazione dell’altro sé, quello che fin dal ventre materno lotta con il fratello Esaù per il primato?

Il vero volto dell’Avversario. Il filosofo Roberto Esposito affronta l’episodio della lotta di Giacobbe con il misterioso Altro

Chi volesse oltrepassare i confini tra le discipline del sapere umano potrebbe trovare in “I volti dell’Avversario” (Einaudi, 224 pagine, 25 euro) del filosofo Roberto Esposito il mezzo adatto. Perché nel tentativo di trovare una impossibile completa spiegazione, l’enigma della lotta con l’Angelo, come recita il sottotitolo, ci porta oltre le rigide barriere -religione, pensiero, letteratura, mito, psicoanalisi, arte- del nostro sapere.
Lo fa con una affascinante avventura che parte da un episodio della Genesi: in 32, 23-33, Giacobbe sta per attraversare un affluente del Giordano, il fiume Iabbòq, quando un temibile avversario gli si oppone. Non c’è una ragione apparente, non una proclamazione esplicita di inimicizia. Semplicemente, arcaicamente verrebbe da dire -la lotta è una componente presente fin dalle origini del genere umano- un incontro-scontro che però si conclude con un cambiamento del nome, da Giacobbe a Israele, vale a dire “colui che lotta con il Signore”.
Chi è veramente l’Avversario? Un demone, un angelo, la personificazione dell’altro sé, quello che fin dal ventre materno lotta con il fratello Esaù per il primato? Merito di questo libro è di non esigere da sé una risposta univoca: la storia delle religioni, lo studio dei miti non solo mediterranei, ma caldei, mesopotamici, orientali, lo sprofondamento di Jung, di Schmitt, di Neumann, di Eliade alla ricerca di radici primigenie rivelano un cammino attraverso sentieri mai finiti.
Soprattutto l’altro sé, l’oscuro dentro, divengono qui elementi comuni in grado di spiegare alcuni particolari dell’episodio come la frattura dell’anca, ciò che rimane indelebile, materialmente -ma non solo- esplicito, dopo la lotta con l’angelo o il demone.
Altro merito di questa abissale ricerca è quella di non eludere le domande, ma di presentarle al lettore come tracce di un mistero insolubile: perché l’avversario benedice, prima di scomparire, Giacobbe? Chi e cosa gli conferisce questa autorità?
Non a caso l’episodio della lotta con l’Altro ha affascinato da sempre l’arte e la letteratura. Si pensi alle rappresentazioni di Gauguin, Delacroix, Chagall, Rembrand, e le riprese di Thomas Mann, e prima ancora di Goethe. Ma non solo. La ricerca di radici porta l’autore a tentare ogni possibile strada, come quella dello sprofondamento nel crepaccio originario, nella animalità pura, nei fiumi, nelle acque che diventano lentamente divinità. “Nessuna di queste identità è quella ‘vera’”, commenta onestamente l’autore, che giustamente virgoletta l’aggettivo riferito al concetto di verità. Almeno a livello di studi antropologici, perché il discorso religioso comporta l’assunzione di livelli legati alla scelta e all’adesione.
Il grande fascino del libro di Esposito sta allora in questa capacità interdisciplinare di collegamento e non solo di riferimenti filologici. L’Avversario che si avvicina, la nostra ombra, la vicinanza archetipica e organica con l’altro, ad esempio il gemello, “l’Avversario-fratello” che però non è solo legata alla duplicità genetica, ma anche all’ombra in noi stessi.
L’elaborazione della lotta come del lutto, accettazione dell’altro in noi e fuori di noi diviene tutt’uno con un lungo cammino di emancipazione da una visione del mondo -e della divinità- fatta di scambio mutuo verso una fede in cui lo scambio ceda il posto all’amore e alla accettazione dell’altro da elaborare non più come nemico, ma come fratello e compagno nella lunga strada dell’Essere.

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Fonte: Sir