Il movimento antimafia in Lombardia: forte nelle scuole, debole nelle imprese

Presentato lo studio curato da Nando Dalla Chiesa per conto della Regione. “Il movimento eccelle nella formazione e nelle scuole. Debole nell'ambito in cui la criminalità organizzata è più attiva”. Il flop degli sportelli antiusura

Il movimento antimafia in Lombardia: forte nelle scuole, debole nelle imprese

Forte nelle scuole, debole nel mondo delle imprese. È il movimento antimafia in Lombardia, fotografato dallo studio condotto per la Regione dal Centro di ricerca sulla Criminalità Organizzata dell’Università Statale di Milano (Cross) diretto da Nando Dalla Chiesa. “La Lombardia può contare su sistema sociale antimafia piuttosto articolato -afferma Dalla Chiesa, che ha presentato il dossier alla Commissione antimafia del Pirellone-. Eccelle nell'area della formazione e della scuola. Insieme alla Sicilia, è la regione più avanzata in Italia sul fronte dell'associazionismo che si occupa di formazione e nelle scuole. Invece l'impegno sociale antimafia nel settore dell'economia, delle imprese e delle professioni è molto più limitato, quindi proprio nell'ambito in cui la criminalità organizzata è più attiva. C'è una sensibilità alta nei vertici delle organizzazioni di settore, che però sciama man mano che si scende nei territori”.

Nel mondo scolastico fioriscono incontri di formazione, laboratori e ricerche condotte dagli stessi studenti. Sono stati istituiti, tra l'altro, 13 Centri di Promozione della Legalità (Cpl), uno in ogni provincia e due nell’area metropolitana di Milano, grazie a una Convenzione siglata tra l’Ufficio Scolastico Regionale (USR) per la Lombardia e Regione Lombardia. I Cpl fungono da coordinamento tra le scuole. In totale coinvolgono 465 scuole, 265 istituti comprensivi e 156 associazioni ed enti territoriali.

Ben diversa la situazione nel mondo del lavoro, delle imprese e delle professioni. Solo i sindacati confederali Cgil, Cisl e Uil si distinguono per il loro impegno anche a livello territoriale. Le associazioni datoriali così come quelle delle professioni invece non brillano per il loro impegno (salvo alcune eccezioni, come Assolombarda). “La fonte principale dei dati raccolti è dunque costituita per lo più dalle interviste effettuate a esponenti 'centrali' delle organizzazioni sindacali e di impresa, corredate da un’analisi delle fonti giornalistiche in materia di legalità e antimafia in Lombardia – si legge nel dossier -. Complessivamente va precisato, e questo è sicuramente un dato significativo, che meno del cinquanta per cento degli esponenti contattati 'per competenza' si è reso disponibile a svolgere un’intervista e a condividere informazioni sulle attività o iniziative attuate in tema di legalità e di antimafia nel corso dell’ultimo decennio”.

La scarsa sensibilità al tema mafia delle imprese e delle professioni si vede anche dallo scarso successo degli sportelli legalità. “Mentre i vertici (delle associazioni di categoria, ndr) appaiono tendenzialmente (ma non uniformemente) sempre più attivi nel promuovere la cultura della legalità nell’esercizio delle differenti attività economiche, mettendo a servizio degli iscritti informazioni o assistenza - sottolineano i ricercatori -, gli snodi organizzativi più vicini al territorio e ai singoli operatori appaiono invece ancora reticenti e non pienamente consapevoli. Ciò spiega come mai gli sportelli di legalità ricevano poche richieste di assistenza da parte degli iscritti e i tassi di denuncia, soprattutto per reati di usura, siano ancora a un livello pressoché irrilevante. L’evoluzione del movimento antimafia, insomma, sembra stia seguendo nel complesso un processo inverso a quello di propagazione della rete mafiosa, la quale notoriamente inizia con il mettere radici sul territorio per poi ascendere ai 'piani alti' delle istituzioni e dell’economia”.

“Nessuna vittima di usura bussa alla mia porta -afferma Alessandra Dolci, Capo della Direzione Distrettuale Antimafia di Milano, intervenuta alla presentazione del dossir- Queste vittime riconoscono il potere delle cosche e non delle istituzioni. Anzi c'è chi va a cercare la protezione della 'ndrangheta. C'è purtroppo un aumento della legittimazione sociale da parte dei cittadini verso la criminalità organizzata”.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)