Il disagio psichico in adolescenza: un romanzo lo racconta senza sconti
Ambientato in una clinica psichiatrica inglese, “In una scala da 1 a 10” illumina un tema di cui si parla poco: i disturbi mentali che affiggono i più giovani. E come la protagonista, anche l'autrice inglese Ceylon Scott ha sofferto di problemi di salute mentale. Recensione pubblicata sulla rivista SuperAbile Inail
Così come Tamar, la protagonista del romanzo “In una scala da 1 a 10” (Rizzoli), la giovane autrice inglese Ceylon Scott ha sofferto di problemi di salute mentale durante l’adolescenza e, in tempi più recenti, si è vista diagnosticare un disturbo borderline di personalità. Un’etichetta pesante da portare per un’adolescente, ma con il pregio di definire, identificare e circoscrivere quanto, altrimenti, sembrerebbe solo un mostro, anzi il mostro che si è divorato la ragazza. "Il mostro che aveva ingoiato me era diverso", si legge a pagina 154, quando la storia ha preso il la ormai da un pezzo. “Gli esperti esaurirono presto le opzioni: manie depressive, schizofrenia, disturbo ossessivo-compulsivo... ma il mostro non aveva bisogno di nomi o etichette. Il mostro ero io”.
Il mostro, però, è anche assai sfuggente e non si lascia, né si lascerà mai, catturare. Non sappiamo dove è nato né perché e in nessun passaggio il romanzo allude alla rassicurante promessa di svelarcene l’origine. Perché Tamar è una ragazza come tante, con una famiglia normale alle spalle, che di lei si prende carico e cura, senza mai trascurarla né opprimerla con ansie e aspettative fuori misura. Così, quando arriva a Lime Grove, l’ospedale psichiatrico per adolescenti, altrimenti detto “il manicomio”, di Tamar si conosce solo che non sa e non vuole prendersi cura di se stessa, ha alle spalle una lunga storia di atti di autolesionismo, si sente responsabile della morte della sua amica Iris e, soprattutto, non vuole vivere.
Tra le mura di quell’ospedale, che odora di candeggina e sforna cibo immangiabile, tra una folla di medici, infermieri e operatori sanitari, che cambiano in continuazione per via dei contratti precari, Tamar non riesce a parlare a nessuno dei suoi fantasmi. Non allo psichiatra e al resto del personale medico, che le rivolge ogni giorno la stessa domanda: “Come ti senti oggi in una scala da 1 a 10?”. E neppure ai suoi compagni di avventura: Jasper, Elle, Alice e il paziente Will (così chiamato per distinguerlo dall’infermiere Will), con cui condivide i pomeriggi, i pasti e qualche temeraria avventura, ma mai il racconto del dolore che la bracca da dentro. E che Tamar si sente costretta a placare solo infliggendo al proprio corpo la tagliente espiazione delle lamette che le sfigurano le braccia. Ci vorrà tempo, pazienza e capacità di resistere per attraversare quel senso di vuoto, che a Tamar dà l’impressione di inghiottirla. Ci vorrà l’abilità di accettare la frustrazione di un tempo che non promette cambiamenti, per riscoprire la propria forza e quello spirito combattivo che agisce, a dispetto di tutto, sottotraccia. Ci vorrà determinazione per oltrepassare l’oscurità e fare propria la verità, liberandosi dal senso di colpa di aver indotto al suicidio una ragazza innocente.
Sullo sfondo la vita nell’ospedale psichiatrico per adolescenti: l’anoressia, la paranoia, il disturbo bipolare che affiggono le giovani vite dei ragazzi che popolano la struttura. Brandelli di una sofferenza precoce, che non sa riconoscere se stessa. E che però non è data per scontata. Perché, ci insegna Ceylon Scott, le cose possono sempre cambiare.
(La recensione è tratta dal numero di agosto-settembre di SuperAbile INAIL, il mensile dell’Inail sui temi della disabilità)