Formazione e lavoro per i giovani rifugiati, "senza mai rinunciare ai sogni”
L'esperienza di Sofel della onlus Cies, che dal 2017 ha sostenuto e orientato 500 giovani rifugiati (circa il 20% nel settore ristorazione). Il 10% al termine del percorso ha ottenuto un contratto; nel 2020, in piena pandemia, 18 gli inserimenti lavorativi
Dal 2017 ha orientato verso formazione e lavoro 500 giovani rifugiati (circa il 20% nel settore ristorazione) e uno su dieci al termine del percorso ha ottenuto un contratto. Ha collaborato con 60 aziende partner nei percorsi di tirocinio e inserimento lavorativo e anche nel 2020, in piena pandemia, ha realizzato 18 inserimenti lavorativi. Ha coinvolto 10 aziende in incontri di formazione in Diversity Management e sostenuto una dozzina di giovani in percorsi di avvio all’autoimpresa o allo start up d’impresa. Inoltre 9 ragazzi con talenti sportivi sono stati selezionati per una squadra calcistica semiprofessionistica. Sono i numeri di di SOFeL lo Spazio di Orientamento alla Formazione e al Lavoro promosso da Cies Onlus, che ha come obiettivo promuovere spazi di inclusione socioeconomica e percorsi individuali di inserimento lavorativo per giovani, con una specializzazione nel campo dei migranti forzati, presentati nella Giornata mondiale del rifugiato 2021 “Un luogo dove si possono mettere a fuoco le potenzialità e le vocazioni lavorative senza mai rinunciare ai sogni”.
Numeri che raccontano storie, nomi e volti. Abdoulaye, venuto dal Senegal da minorenne percorrendo la classica tratta gestita dai trafficanti, ora ha con contratto e lavora come aiuto-chef per Ginger, un ristorante al Pantheon: “Aiutare qualcuno non significa dargli qualcosa che poi finisce, ma offrirgli gli strumenti per progettare il suo futuro”. Yankuba, gambiano, cuce borse e accessori artigianali per Samas con un contratto di tirocinio: “È la mia occasione per avere un futuro e una vita migliore, metterò tutto me stesso”. Sharmin, bangladese, dopo la formazione al Cies Matechef, ha realizzato il sogno di diventare capo-cuoca in Svezia: “La formazione a SOFeL mi ha dato tanto, imparare un lavoro è fondamentale, ma non solo per vivere, per realizzare la propria felicità”.
“SOFel non è un ufficio di collocamento - sottolinea la presidente Etta Melandri -, è uno spazio collocato dentro al nostro 'Centro Giovani e Scuola d’Arte MaTeMu’, che prende in carico a 360 gradi il ragazzo o la ragazza che si vuole avviare al lavoro, partendo dall’ aiuto a recuperare fiducia in se e mettere a fuoco le proprie potenzialità e le progettualità. Si comincia con la competenza nella lingua italiana e la capacità espressiva anche offrendo attività di tipo laboratoriale come il teatro e la musica, poi si passa ad un bilancio di competenze e la capacità di esprimerle attraverso un curriculum ragionato. Spesso ragazzi che arrivano da noi dopo il lungo viaggio migratorio, purtroppo per loro, hanno dovuto sviluppare per la sopravvivenza molte competenze non formalmente spendibili ma comunque presenti che li rendono resilienti e li attrezzano per potersi inserire in diversi ambiti di lavoro”.
Terminata la prima parte di intervento, si avvia se necessario un percorso formativo e si accompagna il migrante nelle sedi lavorative con un tutoraggio che instaura un colloquio stabile anche con i datori di lavoro che imparano a vedere questi nuovi cittadini come un prezioso patrimonio non da sfruttare ma da valorizzare. “L’aspetto migliore di SOFeL - spiega Umberto Baldassarra HR business, partner di Eataly, presso cui sono stati inseriti alcuni giovani – è stato presentare dei ragazzi che erano al 100% corrispondenti alle nostre aspettative, motivati, pronti a spaccare il mondo, avevano voglia di mettersi in gioco, regalarsi delle opportunità”. “Quando sono arrivato in Italia - dice Sarbast Ali, un imprenditore di origini curde ex rifugiato titolare di Samas Cases - dormivo per strada e ora che ho un’azienda tutta mia, mi rivedo in loro 20 anni fa. Il mio sogno è assumere Yankuba dopo il tirocinio”. “Siamo nati per formare e avviare al lavoro un numero cospicuo di giovani – rivela Sandro Balducci, coordinatore aggiornamento e formazione di Altrove Ristorante, l’azienda di ristorazione nel quartiere Ostiense di Roma, creatura imprenditoriale nata dall’esperienza formativa di SOFeL – la maggior parte dei quali sono stati collocati a Roma o nelle grandi Europee, o lavorano qui da noi”.
“C’è un tesoro nascosto nelle nostre società che è il patrimonio migrante. – conclude Melandri –È la chiave di volta non solo per un rilancio umanitario e il rispetto dei diritti, ma per la ripartenza della nostra stessa economia. Al di là del diritto, l’esperienza di questi anni a SOFeL ci dice che smettere di sfruttare, legalizzare, regolarizzare e in modo particolare puntare sul migrante e le sua abilità, conviene, non è buonismo, fa bene a tutti, a cominciare dal mercato”. “È molto importante creare all’interno della azienda delle persone – aggiunge Endri Lleshaj, restaurant manager di Eataly – e il percorso che ha fatto Ebou (un giovane gambiano con il pallino della pizza) è semplicemente meraviglioso, tanto che Eataly gli ha fatto un contratto sotto pandemia”.