Emergenza Covid. La risposta dei Csv, diventati "hub" per il volontariato e non solo
In un’indagine condotta da Csvnet sui Centri di servizio per il volontariato attivi in tutta Italia, la risposta alla pandemia degli operatori e dei volontari. Ripensati servizi e modalità di lavoro. Decine di migliaia di nuovi volontari intercettati. “In queste situazioni si raccoglie quanto si è seminato negli anni precedenti. Impossibile improvvisare”
Hanno dovuto chiudere le sedi come tutti durante il lockdown, ma in poche ore hanno messo in piedi delle vere e proprie “centrali” operative a favore del volontariato e non solo, svolgendo una funzione cruciale di raccordo tra associazioni, cittadini in difficoltà e istituzioni con lo spirito di un “pronto soccorso” e mobilitando decine di migliaia di volontari, spesso alla prima esperienza. La risposta dei Centri di servizio per il volontariato (Csv) italiani ai primi critici mesi di emergenza sanitaria dovuta alla pandemia da Covid-19, documentata nel report “Il volontariato e la pandemia” pubblicato oggi da Csvnet, è stata “tempestiva” e ha confermato “che nell’emergenza non si costruisce nulla - si legge nel report -: in queste situazioni si raccoglie quanto si è seminato con le relazioni e i progetti coltivati negli anni precedenti, ed è quasi impossibile improvvisare”. La pandemia da coronavirus “non è stata la prima emergenza affrontata in questi anni dai Csv - spiega in una nota Csvnet -, ma è stata certamente quella che per la prima volta ha interessato tutta la rete nazionale. Una prova difficile, ma anche una sfida esaltante per verificarne le capacità di tenuta, e per riflettere in profondità su quanto avvenuto nei primi mesi del 2020”. Il report, realizzato da Csvnet e coordinato da Stefano Trasatti, è il frutto di un certosino lavoro di indagine tra tutti i Centri di servizio attivi a livello nazionale (hanno risposto all’indagine 54 Csv su 55 attivi in Italia), unito a otto sessioni di ascolto (per un totale di oltre 20 ore) delle voci di più di 150 dirigenti e operatori. Benché si tratti di una “riflessione ancora provvisoria e a epidemia non conclusa - spiega la nota di Csvnet -, l’analisi e le prime conclusioni dei Csv appaiono già piuttosto definite, sia riguardo allo stato del non profit sul territorio che all’individuazione degli insegnamenti lasciati dall’emergenza”. Un primo dato che mostra la pronta risposta dei Csv all’emergenza riguarda il funzionamento degli stessi Centri. Secondo la ricerca, infatti, “il 69 per cento dei rispondenti non ha diminuito la frequenza delle riunioni degli organi sociali, organizzandole online nel 96 per cento dei casi. L’82 per cento dei Csv ha anche svolto, sempre online, regolari votazioni”. L’85 per cento dei Csv, inoltre, ha riorganizzato gli uffici “entro la prima settimana ed ha attivato modalità di telelavoro o smart working per i propri dipendenti. Solo il 18 per cento ha ridotto l’orario di lavoro, mentre in 6 casi su 10 è stato chiesto allo staff di utilizzare ferie e permessi arretrati”. Quasi tutti i Csv, inoltre, si sono dotati velocemente di nuovi software e piattaforme web per gestire le attività e continuare a garantire i servizi alle associazioni. L’impatto del lockdown, inoltre, ha determinato “un profondo ripensamento delle modalità con cui erogare tutti i servizi”. Secondo Csvnet, “i responsabili dei Centri di servizio hanno preso atto di come le emergenze funzionino da ‘acceleratori di processi già in corso’ e di come, di converso non diano mai modo di improvvisare: si raccoglie insomma “ciò che si è seminato”, per citare uno dei concetti più ricorrenti”. Le aree interessate da profondi ripensamenti sono diverse, ma alcune più di altre lasceranno il segno. “Il processo più visibile è senz’altro quello della digitalizzazione, accolta in modo sorprendente dal volontariato (ma non tutto) e dagli stessi Csv - spiega la nota di Csvnet -, e dalla quale ‘non si deve tornare indietro’. Una piccola rivoluzione per un associazionismo che ha sempre esaltato la socialità e la relazione fisica con le persone, e che invece si è accorto di come il web permetta di attuare forme di aiuto a persone in difficoltà in modo talvolta perfino più efficace che dal vivo”. Il report, inoltre, sottolinea come nei mesi centrali della pandemia, i Csv siano diventati degli autentici “hub” della comunicazione per il loro territorio “facendo ordine e chiarezza nella gran massa di informazioni diffuse in modo frammentario, soprattutto dalle istituzioni, ma anche diffondendo idee e riflessioni di testimoni ed esperti”, chiarisce il rapporto. “Nella totalità dei casi nel sito web dei centri sono state aperte sezioni speciali e ben visibili sul coronavirus - si legge nel report -. Tra le attività più interessanti si segnalano alcune mappe geolocalizzate dei servizi per i cittadini in difficoltà nei territori di competenza del Csv e alcune campagne concepite specificamente per i social network”. La funzione cruciale di raccordo tra associazioni, cittadini e istituzioni è stata evidenziata anche dall’enorme numero di telefonate ricevute proprio durante l’emergenza, tanto che in alcuni casi si è deciso di rendere pubblico il numero verde solitamente riservato ai soli enti di terzo settore. “Molti cittadini ci telefonavano per chiedere aiuto, - ha ricordato un direttore durante la Consultazione - soprattutto gli anziani, ma anche vittime di violenza di genere. In certi momenti funzionavamo un po’ da pronto soccorso, - ha aggiunto una direttrice, - anche se molti non avevano chiaro a chi stavano telefonando”. Tra le richieste “inedite” ricevute dai Csv, ci sono varie forme di sostegno a cittadini e famiglie in difficoltà, la consegna di beni di prima necessità, la distribuzione di dispositivi di protezione individuale (Dpi), la promozione e diffusione delle iniziative messe in campo dalle associazioni per i cittadini, l’assistenza domiciliare e il trasporto sanitario, il supporto psicologico e l’aiuto per le fasce più giovani della popolazione. Per conoscere il grado di operatività degli enti di terzo settore, i Csv hanno sin da subito attivato un sondaggio tra le diverse realtà operanti sul territorio di riferimento. “I risultati sono tuttora all’esame dei singoli centri - spiega Csvnet - e, per loro stessa dichiarazione, contribuiranno ad impostare la programmazione del prossimo anno”. I primi dati preliminari di queste indagini, tuttavia, mostrano già un quadro attendibile di quello che è successo su scala nazionale. Quasi due terzi delle associazioni sono rimaste pienamente (31 per cento) o parzialmente operative (32 per cento) - spiega il report -, mentre il 37 per cento ha dovuto interrompere del tutto le attività in conseguenza dell’obbligo di rispettare il distanziamento fisico”. Circa la metà delle associazioni che non hanno interrotto le attività, inoltre, sono state in grado di “mettere in campo servizi nuovi per rispondere all’emergenza”.Tra le attività portate avanti dalle associazioni non c’è solo la consegna a domicilio di generi e servizi di prima necessità, ma quasi tutti hanno attivato anche varie forme di assistenza “da remoto”. Un dato di assoluto interesse che emerge dal report, infine, riguarda la disponibilità di nuovi volontari. “Secondo i Csv, il 46 per cento degli enti di terzo settore rimasti parzialmente o pienamente operativi hanno riscontrato durante la “fase1” un calo della disponibilità dei volontari per una entità media di circa il 35 per cento. Il 37 per cento degli enti di terzo settore ha invece dichiarato un incremento pari al 21 per cento. Infine, il 17 per cento non ha notato alcun cambiamento”. Tuttavia, in piena emergenza, è emersa una grande disponibilità di volontari ad impegnarsi. Sebbene le restrizioni hanno imposto l’interruzione delle solite attività in presenza di orientamento e promozione del volontariato, c’è stata la “sorpresa positiva” della straordinaria disponibilità di nuovi volontari evidenziata “non solo dai 26 Csv che hanno lanciato appositi appelli straordinari alla cittadinanza, ma anche dagli altri centri che hanno mantenuto le normali attività”. Difficile snocciolare numeri esatti, ma “in base ai risultati dei citati sondaggi territoriali e all’ascolto durante le 8 sessioni della “Consultazione”, si può affermare che i volontari mobilitati in tutta Italia con l’aiuto dei Csv per i soli bisogni di base descritti nel paragrafo siano stati diverse decine di migliaia”. Una marea di “nuovi volontari”, precisa il report e assicurano le informazioni raccolte dai diversi Csv.