Elezioni. Le associazioni: “Subito la cittadinanza ai minori adottati dall’estero”

Oggi la cittadinanza italiana non viene acquistata in automatico dai bambini adottati all’estero da italiani. Per gli enti autorizzati all'adozione internazionale, facenti parte del Gruppo Crc, si tratta di “un intoppo burocratico che crea non pochi disagi alle famiglie e agli stessi minori, e per la cui esistenza diversi Paesi rifiutano di collaborare con l’Italia sulle adozioni”

Elezioni. Le associazioni: “Subito la cittadinanza ai minori adottati dall’estero”

Tra i tanti problemi che circondano l’Adozione Internazionale, il cui calo è conclamato ormai da anni e ribadito dai numeri rilasciati dalla CAI  proprio in questi giorni relativi alle adozioni dei primi sei mesi del 2022, ce n’è uno meno conosciuto a chi non è direttamente coinvolto in un’adozione ma che è probabilmente tra i più difficili da comprendere: in Italia non viene riconosciuta in automatico la cittadinanza ai bambini adottati all’estero da coppie italiane. A ricordarlo è l’Aibi, che chiede di colmare questa brutta lacuna.

Mancato riconoscimento cittadinanza: contraddizione per l’adozione internazionale

Afferma l’Aibi: “Detta in breve: nonostante le stringenti verifiche effettuate dalla Commissione per le Adozioni Internazionali dell’avvenuto rispetto delle procedure e, in particolare, della sussistenza di tutte le condizioni e garanzie previste nella Convenzione dell’Aia del 1993 sulla cooperazione tra Paesi in materia di adozione internazionale (verifiche in seguito alle quali viene emesso un certificato senza il quale il minore adottato non può entrare in Italia), la legge italiana richiede un’ulteriore ordine di trascrizione della sentenza straniera nei registri dello stato civile da parte del Tribunale per i Minorenni. Sia per la procedura di doppia verifica del Tribunale sia per la successiva registrazione allo Stato Civile, non sono previsti tempi massimi e in ogni territorio la relativa durata è molto variabile”.
Si tratta, per Aibi, di un “ennesimo dazio pagato alla burocrazia che comporta l’allungamento dei tempi anche per lunghi mesi e assimila per legge, fino al momento in cui l'adozione sia trascritta, il minore adottato al minore in affido, con evidenti limitazioni della responsabilità genitoriale, oltre ai conseguenti disagi, in alcuni casi anche gravi, per lo stesso minorenne. Inoltre, diversi Paesi non accettano di collaborare con l’Italia proprio perché preoccupati da questa situazione di ‘limbo’ in cui il minore adottato si trova a versare, in attesa dell’acquisizione di una cittadinanza che può arrivare anche a distanza di oltre un anno”.

La spiegazione

“Con la ratifica della Convenzione dell’Aia del 1993 sulla cooperazione in materia di adozione internazionale (legge 476/1998) e l’attivazione nel 2000 dell’albo degli Enti autorizzati a seguire le procedure di adozione di minori stranieri per delega del Governo, in particolare la Commissione per le Adozioni Internazionali (CAI), si è aperta una nuova era per le adozioni di minori all’estero – ricorda Aibi -. Nell’attuale sistema è vietato il ‘fai da te’ e le procedure avvengono con l’accompagnamento delle coppie da parte degli Enti previsti nel quadro degli accordi internazionali tra Paesi. Ogni Paese ha un’autorità centrale di riferimento che controlla e approva ogni singola adozione”.
Ma vi è di più. “L’ingresso stesso in Italia di ogni minore adottato avviene solo e soltanto dopo l’emissione di un certificato, da parte della CAI, che attesta l’avvenuto rispetto delle procedure e, in particolare, il fatto che ci siano tutte le condizioni e garanzie previste nella Convenzione dell’Aia. Questa Convenzione prevede in particolare che i due Paesi coinvolti si impegnino a riconoscere pienamente le adozioni pronunciate in base alle procedure previste. Quindi, l’adozione piena, legittimante, pronunciata all’estero dovrebbe essere già efficace e attribuire ai bambini i diritti fondamentali per loro previsti in maniera analoga ai figli naturali, compreso l’acquisto della cittadinanza”.
“Con una retromarcia clamorosa, invece, la ratifica della Convezione è stata fatta dall’Italia prevedendo, all’articolo 34 della legge sulle adozioni, che ‘Il minore che ha fatto ingresso nel territorio dello Stato sulla base di un provvedimento straniero di adozione o di affidamento a scopo di adozione gode, dal momento dell'ingresso, di tutti i diritti attribuiti al minore italiano in affidamento familiare’ – afferma l’Aibi -. Per il riconoscimento della sentenza straniera di adozione, infatti, è incredibilmente previsto in Italia un doppio controllo del Tribunale per i minorenni cui i genitori dovranno chiedere il riconoscimento della sentenza straniera di adozione già riconosciuta dalle altre autorità”.
Per l’associazione, “l’assurdo di questa procedura di doppio controllo è che si dovrà attendere che, sulla base degli stessi documenti, i giudici italiani scrivano che sono state rispettate le procedure (cosa già fatta dalla CAI per l’Italia) prima che agli uffici anagrafici sia ordinato dal Tribunale dei minori di iscrivere l’adozione nei registri dello Stato civile. Insomma, pura assurda burocrazia che ben potrebbe essere ovviata se la stessa CAI trasmettesse l’ordine di trascrivere la sentenza all’anagrafe”.

La proposta degli Enti autorizzati all’Adozione Internazionale

Questa situazione è stata oggetto di specifiche raccomandazioni che Ai.Bi., insieme alle oltre 100 associazioni del Gruppo CRC, ha indirizzato al Governo italiano nel Rapporto di monitoraggio  dell’attuazione della Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia.
In particolare, le associazioni hanno denunciato come la procedura in essere porti come conseguenza “un evidente e significativo allungamento dei tempi (talvolta oltre un anno dall’ingresso in Italia) e un conseguente disagio, in alcuni casi anche gravissimo, per il minorenne stesso. Quest’ultimo infatti, prima della trascrizione, risulta assimilabile al minorenne in affidamento con evidente limitazione della responsabilità genitoriale; per non dire delle situazioni di fallimento adottivo, anche entro l’anno dall’ingresso in famiglia, in cui la persona di minore età si trova sostanzialmente in stato di abbandono in Italia senza averne ancora acquistato la cittadinanza”.
Per questi motivi il gruppo CRC, di cui Aibi fa parte già da oltre 15 anni, nel 12° rapporto CRC appena pubblicato, ha raccomandato "al Parlamento di approvare una modifica della Legge 184/1983 che permetta al minorenne straniero adottato di acquistare la cittadinanza italiana a seguito dell’autorizzazione all’ingresso in Italia da parte della Commissione per le Adozioni Internazionali."
“Speriamo che l’appello venga presto colto perché i diritti fondamentali dei bambini non possono attendere”.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)