Dopo Giulia, torna il silenzio? Telefono Rosa: “Ancora donne ammazzate. E si fa davvero poco”

Intervista alla presidente di Telefono Rosa Moscatelli: “Da inizio anno, aumentate del 15% le chiamate di ragazze dai 18 anni in su. La violenza dilaga tra i giovani, manca educazione al rispetto. siamo stanche e molto arrabbiate, sono anni che urliamo senza alcun risultato”

Dopo Giulia, torna il silenzio? Telefono Rosa: “Ancora donne ammazzate. E si fa davvero poco”

“Le donne continuano a essere ammazzate e ci sembra che davvero si stia facendo poco, da parte delle istituzioni e della politica. Siamo stanche e arrabbiate. Chiediamo che non si parli di violenza contro le donne solo il 25 novembre e dopo un femminicidio. Bisogna fare informazione sempre”. A parlare è la presidente di Telefono Rosa, Maria Gabriella Carnieri Moscatelli, che Redattore Sociale ha interpellato, nei giorni in cui l'attenzione mediatica e politica verso la violenza contro le donne sembra inesorabilmente calare. Dopo giorni di prime pagine e prime serate, dedicate alla drammatica storia di Giulia e poi alla ricorrenza del 25 novembre, il rischio è che torni il silenzio e si spengano i riflettori. Un rischio che andrebbe scongiurato, visto che l'informazione sembra aver accresciuto la consapevolezza e il coraggio di denunciare, fino a raddoppiare il numero delle telefonate ricevute dal 1522, il numero di emergenza del Dipartimento per le pari opportunità.

Dottoressa Moscatelli, avete registrato anche voi questo aumento, come Telefono Rosa?
Sì, dall’inizio dell’anno abbiamo risposto ad oltre 4 mila richieste di aiuto. Quello che ci preoccupa di più è l’aumento delle chiamate da parte delle ragazze giovani, dai 18 anni in su. Abbiamo avuto un incremento del 15%. Questo è un dato importante, ci sottolinea che la violenza tra i giovani sta dilagando e questo significa che manca un’educazione e una formazione sul rispetto e la parità di genere. Dall’altra parte però il fatto che le giovani ci chiamino ci fa sperare che qualcosa si sta muovendo e che le ragazze sono più consapevoli del problema.

È stata altissima la partecipazione alle manifestazioni di queste settimane. Pensate che questo possa aiutare a contrastare la violenza contro le donne?
Unirsi per combattere la violenza di genere può sempre aiutare. Ci siamo emozionate nel vedere così tante persone. Però siamo stanche e molto arrabbiate, sono anni che urliamo senza alcun risultato. Basta leggere la cronaca per vedere che qualcosa non funziona. Le donne continuano ad essere ammazzate e ci sembra che davvero si stia facendo poco, e parlo delle istituzioni e della politica.

I femminicidi purtroppo continuano, nonostante la grande risonanza mediatica e le mobilitazioni dopo la morte di Giulia. Come vi spiegate questo aumento?
Ce lo spieghiamo perché, ribadiamo, non stiamo facendo nulla per arginare il fenomeno. Non basta parlare di violenza per sconfiggerla. Dobbiamo fare di più. Molto spesso tutto il lavoro viene lasciato a noi come associazioni, ma da sole non possiamo abbattere un fenomeno tanto vasto e pericoloso per tutta la società.

Quali sono i principali strumenti, secondo voi, per invertire questa tendenza in modo strutturale?
Lo strumento più importante è la prevenzione. Parliamo sempre e solo del dopo, ma mai del prima. La politica e le istituzioni devono occuparsi di creare un piano serio e concreto di formazione ed educazione. Dobbiamo partire dalle scuole materne e arrivare a tutti i gradi, fino all’università. La formazione è fondamentale in tutti i settori e per tutti gli operatori che si interfacciano con la violenza come: forze dell’ordine, medici, magistrati, giornalisti e assistenti sociali. Ovviamente per farlo servono fondi.

Cosa può fare, a questo scopo, l'informazione?
L’informazione può fare tantissimo. Chiediamo però che non si parli di violenza contro le donne solo il 25 novembre e dopo un femminicidio. Bisogna fare informazione sempre. Le donne che hanno bisogno di aiuto devono sapere che esistono Associazioni come il Telefono Rosa e soprattutto che esistono i centri antiviolenza.

Chiara Ludovisi

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)