Doggy Slurp, il cibo per cani è solidale
Nella periferia della Capitale una trentina di giovani con diversi tipi di disabilità produce biscotti artigianali per gli amici a quattro zampe. Grazie all’idea geniale di tre mamme e al supporto del quartiere
I giovani con disabilità non lievi, diventati maggiorenni, difficilmente riescono a trovare un’occupazione retribuita. Ma un’idea geniale è venuta a Loredana Fiorini, presidente dell’associazione di promozione sociale Hermes onlus: visto il successo dei laboratori culinari e della pet therapy con i cani, attività molto apprezzate da una trentina di ragazzi fra cui suo figlio Davide, ha pensato di unire il dilettevole all’utile e di avviare qualche mese fa la produzione artigianale di biscotti per gli amici a quattro zampe.
Neppure la pandemia è riuscita a fermare questa vulcanica mamma 54enne, insieme ai volontari e agli operatori dell’associazione romana, che opera nel quartiere Tor Bella Monaca, alla periferia Sud Est della Capitale, precisamente in via Elisabetta Canori Mora, 7. Così a febbraio è nato l’originale progetto “Doggy Slurp”, in collaborazione con la onlus Marco Pietrobono che ha finanziato l’acquisto del forno industriale insieme a Faber Arredamenti, e con il dottor Riccardo Passeri, direttore sanitario della Clinica veterinaria Villa Ida a Fiuggi (Frosinone): «Ci ha fornito le ricette con gli ingredienti e i loro giusti dosaggi per realizzare i biscotti. Li prepariamo in tre varianti di gusti: a base di würstel, di pesce o di verdure. Ma i più gettonati sono i primi», racconta con entusiasmo Loredana, di professione infermiera, che all’associazione fondata nel 2010 da lei e altre due mamme dedica tutto il suo tempo libero, compresa qualche nottata. A supporto del progetto anche il Servizio disabile adulto VI Distretto della Asl Roma 2.
"Anzitutto abbiamo promosso una campagna di sensibilizzazione con una raccolta fondi per questo nuovo progetto», prosegue Loredana. «Stiamo ricevendo molte ordinazioni via e-mail (a doggyslurp@gmail.com) e iniziamo a spedire pacchi; in quartiere facciamo la consegna a domicilio e se ne occupa anche mio figlio insieme al suo assistente. Davide è tetraplegico e ipovedente grave, gli piace andare in giro in macchina e partecipa così a questa attività. Noi accogliamo giovani con disabilità diverse: motorie, sensoriali, cognitive. Ognuno di loro ha un ruolo nella filiera del progetto, ma erano già abituati a preparare pasta, pane, pizza, taralli, ciambelline e dolci».
Per questi speciali biscotti, si va dalla polverizzazione di alcuni ingredienti nel robot frullatore all’impasto a mano della sfoglia e alla porzionatura attraverso gli stampi a forma di osso o zampa, poi c’è chi inforna e segue la cottura. Dopo il raffreddamento, altri imbustano, tagliano e attaccano le etichette (con la grafica curata da un’altra mamma) per sigillare le confezioni da 300 grammi ciascuna, infine la vendita diretta a offerta libera in sede oppure la distribuzione in quartiere. I ricavi, al netto delle spese, vengono reinvestiti dalla onlus e utilizzati per l’organizzazione di uscite di gruppo, pizze e gite in gelateria.
Fra i ragazzi protagonisti dell’attività c’è anche Serena, 25 anni, con disturbo dello spettro autistico: «Ogni lunedì mattina è ansiosa di vestirsi bene per andare alla sede dell’associazione, dove controlla le mail arrivate con l’aiuto della sua assistente, passa gli ordini al magazzino, attacca le etichette. Al liceo artistico faceva diversi lavoretti di segreteria», racconta la mamma Piera Pace, ex insegnante, sorpresa per l’effetto positivo di questa attività «nel percorso di crescita di mia figlia, con risultati sorprendenti nella partecipazione. All’inizio ero titubante nel coinvolgerla in questo tipo di attività, invece Loredana ha insistito nell’affidarle il ruolo di “capo segreteria” del progetto e ha avuto ragione: questo lavoro serve per l’autostima dei ragazzi, li gratifica». E poi c’è una motivazione molto intima che appassiona Serena: il ricordo della sua labrador Chicca, che l’ha affiancata per 16 anni, fino al 2018.
«Per lei è stata come un’amica, una compagna di giochi, una sorella. Così associa questo lavoro alla sua cagnolina». Serena esprime la sua gioia per questa attività «con tanti sorrisi; parla poco, ma si fa capire molto bene. Spero che in futuro il progetto possa diventare un lavoro», auspica Piera. E lo spera anche Loredana, che punta ad avere i permessi perché nell’arco di 18 mesi la onlus possa svolgere questa attività costituendosi come impresa sociale. «Intanto abbiamo presentato un bando per chiedere un cofinanziamento di 9.500 euro per un anno alla Chiesa Valdese, dai fondi dell’8 per mille. La risposta dovrebbe arrivare dopo l’estate», spiega la presidente.
Nel frattempo le iniziative dell’associazione continuano anche nei mesi estivi, dalle uscite in piscina alla danzaterapia. «Siamo un segno di speranza nel quartiere e riceviamo il sostegno della comunità. Poi ci sono le altre mamme e le famiglie di volontari che non vivono in casa la condizione della disabilità, ma hanno deciso di supportarci: in tutto contiamo un centinaio di soci. Fin dall’inizio ci ha mosso l’obiettivo di creare i servizi che non c’erano: Hermes, nella mitologia greca, è il messaggero dei sogni. E noi non smettiamo di sognare un futuro sereno per i nostri figli, durante noi e dopo di noi. Alla fine della scuola, non ci può essere per loro solo la prospettiva di fare una passeggiata al parco con l’assistente o addirittura con la badante: hanno bisogno di relazioni, di sentirsi parte del mondo».
(L’articolo è tratto dal numero di agosto-settembre di SuperAbile INAIL, il mensile dell’Inail sui temi della disabilità)
Laura Badaracchi