"Diamo (un po’) i numeri" con il podcast di Psicoradio

Grandi e piccoli, interi o decimali, algebrici, complessi o razionali. Ma soprattutto dai tanti significati. Ogni sabato, nel podcast realizzato dai redattori della radio curata da pazienti psichiatrici, scopriamo un numero e ciò che vi si nasconde dietro. Il via è con il numero 180

"Diamo (un po’) i numeri" con il podcast di Psicoradio

I numeri possono essere grandi e piccoli, interi o decimali, algebrici, complessi o razionali. Ma soprattutto possono avere significati diversi, possono essere interpretati e si prestano a letture più o meno chiare e ortodosse. I numeri sono ovunque, e da sempre si dice che chi è matto dà i numeri. Allora la redazione di Psicoradio, la radio di Bologna fatta da pazienti psichiatrici, ha deciso di “dare i numeri”, ma solo un po’: la nuova rubrica “Diamo (un po’) i numeri” affronterà, settimana dopo settimana, un numero diverso e proporrà un podcast che ne farà la “smorfia”, per descrivere ciò che un numero può sembrare e ciò che veramente nasconde. 

Si tratta di una nuova serie di podcast (la terza) realizzati da Psicoradio per Redattore Sociale: dopo le "finestre di Psicoradio" che hanno raccontato il lockdown nella primavera 2020 e lo "Psico (dizio) radio" che ha descritto alcuni termini usati e abusati della salute mentale, si parte ora dunque con una nuova avventura. Appuntamento ogni sabato sulle pagine di Redattore Sociale. 

La legge 180, approvata il 13 maggio 1978, ha chiuso i manicomi. Ma in Italia esiste ancora una cultura manicomiale? È proprio sul numero 180 che si concentra la prima puntata della nuova rubrica “Diamo (un po’) i numeri”, ideata dalla redazione di Psicoradio, la radio di Bologna fatta da pazienti psichiatrici. I manicomi erano luoghi nei quali si veniva rinchiusi e dai quali era difficile uscire, luoghi che poco avevano a che fare con la cura e molto con il controllo. Luoghi nei quali, come sosteneva Franco Basaglia, motore della legge 180, “nessuna terapia può dare sollievo a persone costrette in situazione di sudditanza e cattività dai medici che devono curarle”. Luoghi di “una desolazione assoluta”, come li descrive chi ha lavorato per la loro chiusura, come lo psichiatra Filippo Renda. Luoghi nei quali esseri umani, rinchiusi fin da bambini, come Italo Cadelano, dovevano lottare per essere riconosciuti come “persone, persone come tante altre”. Ma nonostante quel numero 180, simbolo della chiusura dei manicomi, c'è ancora una cultura manicomiale che continua a esistere: nelle strutture con personale che non guarda ai pazienti, nelle residenze chiuse e con le sbarre alle finestre, nelle cure fatte solo di farmaci e nei rapporti di potere totalmente sbilanciati tra medici e pazienti. “Sono passati 43 anni dalla chiusura dei manicomi. Per realizzare quel che quel numero 180 ci ha ha fatto immaginare, c'è ancora da lottare”, concludono i redattori di Psicoradio.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)