Di amore e di autismo ai tempi del nazismo
Il ghetto ebraico di Cracovia e uno strano ragazzo, per alcuni “subnormale e idiota”, fanno da sfondo a “L’Aquilone di Noah” di Rafael Salmerón (Uovonero). Dai 14 anni in su
Malinconico, struggente, disperatamente umano. C’è molta poesia e molta verità storica ne “L’Aquilone di Noah”, romanzo per ragazzi dai 14 anni in su firmato dallo spagnolo Rafael Salmerón e ambientato durante l’occupazione tedesca in Polonia. Il piccolo Noah vive insieme alla famiglia a Cracovia, dove il 19 ottobre del 1932 è venuto al mondo nel quartiere ebraico di Kazimierz, terzo figlio dell’orologiaio Leopold Baumann e di sua moglie Dora. Noah non piange e non farfuglia, si chiude nel più profondo dei silenzi e il suo nome, col tempo, viene associato ad alcuni aggettivi come speciale, strano, bizzarro, subnormale, idiota. Così, mentre la situazione degli ebrei di Cracovia precipita di giorno in giorno, mentre il rapporto tra i coniugi Baumann si consuma nel gelo dell’indifferenza e del disprezzo, nella strana mente di Noah c’è posto solo per il suo aquilone. A proteggerlo da tutto e da tutti, perfino dalla sua stessa madre, è solo il fratello Joel, il gigante buono che veglia costantemente su di lui. Fondamentale sarà l’incontro con la famiglia Hiller, che farà scoprire a Joel e Noah la forza dell’amore, anche in un ambiente drammatico come quello del ghetto.
(Recensione tratta dal numero di luglio di SuperAbile INAIL, il mensile dell’Inail sui temi della disabilità)
Antonella Patete