Dalla piccola Diana ai suicidi in carcere, “servono servizi per la salute mentale e le dipendenze”
Gisella Trincas (Unasam) indica il denominatore comune di alcune recenti tragedie: “Questi fatti sono il segnale che lo Stato è assente di fronte alle fragilità. La maggior parte dei detenuti ha problemi mentali, condannati per reati bagatellari. Affrontare il disagio mentale e sociale sia la priorità della prossima legislatura"
“Tante, diverse tragedie, un denominatore comune: l'incapacità dei servizi di cogliere i segnali d'allarme e prevenire le tragedie”: così Gisella Trincas, presidente di Unasam, commenta alcuni degli ultimi drammatici fatti di cronaca, dai suicidi in carcere – con numeri che aumentano ogni giorno – alla morte della piccola Diana. “Un uomo che uccide la moglie a colpi di bastone, una mamma che abbandona in casa la bambina di 18 mesi per 6 lunghi giorni fino alla sua atroce morte; e, ancora, Donatella, 27 anni, che si suicida in carcere, come altre 46 persone prima di lei, solo dall'inizio del 2022. Questi fatti tragici – continua - sono l'ennesimo segnale di una società che non sta bene, di uno stato assente sulle questioni fondamentali, che riguardano la qualità della vita, la convivenza civile, un percorso di civiltà che stenta ad andare avanti da troppo tempo”.
E ricorda, Trincas: “Sono continue le denunce dalle organizzazioni della società civile, tra cui Unasam, riguardo le condizioni disumane in cui versano le carceri italiane e il fallimento della riforma carceraria. La maggior parte dei detenuti ha problemi di salute mentale e dipendenze e sta in carcere per reati bagatellari. Ma vanno denunciate anche le condizioni in cui sono costretti a lavorare gli stessi agenti penitenziari. Soprattutto, va denunciata l'assenza, sul territorio, di servizi di comunità, orientati alla prevenzione e capaci di intercettare i bisogni delle persone”. E' per questo, afferma Trincas, che “si interviene a tragedie avvenute: questo significa che i servizi territoriali di salute mentale e per le dipendenze, così come gli stessi servizi sociali non conoscono il territorio e i suoi bisogni e non sono in grado d'intervenire per tempo, per prevenire le tragedie. Leggi importanti che sono state emanate negli anni, ma se le confrontiamo con l'attuale organizzazione e orientamento della stragrande maggioranza dei servizi esistenti, ci renderemo conto delle gravi responsabilità di coloro che quelle leggi, quei regolamenti e quelle raccomandazioni dovevano applicare, mettendo in campo risorse umane e culturali”.
Le responsabilità riguardano anche il mondo dell'informazione e della comunicazione: “Non siamo stati capaci neppure di utilizzare il servizio pubblico radiotelevisivo per campagne d'informazione e sensibilizzazione, così che tutti possano individuare i servizi da attivare sul territorio in caso di necessità - fa notare ancora Trincas - Servono quindi campagne che favoriscano la solidarietà, l'accoglienza; occorre utilizzare risorse pubbliche per le vere emergenze sociali, come la salute mentale, la povertà, le dipendenze, la disabilità. E occorre affrontare anche la questione dei luoghi della cura, che accolgono le persone che vivono un problema importante di salute e una necessità assistenziale. E' anche in questi luoghi che, spesso, si consumano questi drammi.
E' di questo che le nostre istituzioni dovrebbero occuparsi: non di finanziare la guerra o le grandi opere pubbliche, che ci faranno viaggiare più velocemente. Al contrario, bisogna andare più lentamente, osservare il mondo che ci circonda, le persone che ci vivono accanto, per cogliere i segnali d'allarme e intervenire come società civile, oltre che come servizio pubblico. E' necessario non lasciare sole le persone in difficoltà, affrontare il disagio sociale e mentale, ma nell'ottica del superamento del disagio stesso e non del controllo e della repressione. Sappiamo bene quali sono le gravi criticità di organizzazione dei servizi e delle risorse: come Unasam, abbiamo più volte denunciato e sollecitato, portando tali questioni anche nella Conferenza nazionale sulla salute mentale. Eppure, oggi non registriamo ancora alcun segnale concreto, che indichi una strada diversa da perseguire. E assistiamo a continue tragedie. Affrontare il disagio mentale e sociale: riteniamo che questa debba essere una priorità nell'agenda politica della campagna elettorale e della prossima legislatura”.
Chiara Ludovisi