Dalla mensa alla tavola. A Genova lo chef Ivano Ricchebono prepara un pranzo per i senza dimora con la Comunità di Sant'Egidio

La Sant’Egidio di Genova celebra una Messa in memoria di Pietro Magliocco e delle persone senza dimora, vittime del freddo e dell’abbandono e lo chef Ivano Ricchebono con la sua brigata prepara il pranzo per 130 “amici di strada”.

Dalla mensa alla tavola. A Genova lo chef Ivano Ricchebono prepara un pranzo per i senza dimora con la Comunità di Sant'Egidio

Pietro Magliocco faceva il tappezziere. Un negozio ben avviato, una famiglia, un’agenda piena di appuntamenti e commissioni. Fintanto che la gente ha iniziato a preferire la pittura alla carta da parati. Ed è proprio allora che iniziano i guai. Costretto a chiudere il negozio, Pietro non riesce a reinventarsi e a trovare un nuovo lavoro. Sopraggiungono problemi in famiglia e lui si ritrova a vivere in strada. Dorme nella stazione ferroviaria di Sampierdarena ed è stata una delle prime persone che i volontari della Sant’Egidio di Genova hanno conosciuto durante il loro servizio serale. Arriva l’inverno e le temperature calano drasticamente. Il freddo si fa sentire soprattutto di notte. Pietro si ammala. La tosse si fa insistente e la febbre sale. Viene portato d’urgenza in ospedale. Polmonite bilaterale. Pietro muore a 57 anni la notte stessa del suo ricovero.

Sono trascorsi trent’anni da quell’11 febbraio 1993 e da allora sono 140 le persone – uomini e donne senza dimora – che sono morte a Genova vittime del freddo, dell’abbandono e della durezza della vita in strada. L’ultimo di loro si chiamava Pavel. Anche lui, come Pietro, viveva a Sampierdarena. Era molto conosciuto e amato. “Non aveva studiato – ricordano gli amici – ma parlava nove lingue, sapeva voler bene e farsi voler bene e la sua più grande paura era morire senza che nessuno se ne accorgesse e lo ricordasse”.

Domenica scorsa, 12 febbraio, i volontari della Sant’Egidio di Genova – che 4 sere alla settimana offrono assistenza su strada a circa 140 persone senza dimora – hanno ricordato, come fanno ogni anno, Pietro e tutti gli amici morti per la durezza della vita in strada. Perché dalla memoria dell’ingiustizia nasca una città più umana e attenta ai poveri. La giornata – raccontata sulle pagine Fb e Ig della Sant’Egidio – si è aperta con la Messa presieduta nella basilica della SS. Annunziata del Vastato da don Maurizio Scala, responsabile del servizio della Sant’Egidio alle persone che vivono per strada. Insieme a lui anche p. Nicola Gay di san Marcellino e don Antonio Lovato. Sotto le tre navate affrescate di quella che è una delle chiese più rappresentative dell’arte genovese e del barocco del primo Seicento si sono ritrovati circa 130 “amici di strada”, come li chiamano alla Sant’Egidio.

“Queste sono morti che non possiamo accettare – ha sottolineato don Scala durante l’omelia – non si può vivere per strada e non si deve morire per strada”.

Persone che per varie ragioni si ritrovano inghiottite dal grigiore dei marciapiedi, che le rende invisibili, privandole anche della dignità del nome. Una dignità che i volontari di Sant’Egidio hanno restituito loro durante la s. messa di domenica scorsa.

“Anche quest’anno, dopo la preghiera dei fedeli abbiamo ricordato tutte le persone che sono morte per strada – racconta al Sir don Scala – leggiamo i loro nomi, uno per uno, lentamente, e chi e ha conosciute si avvicina all’altare e accende una candela. È una processione lenta, ricca di ricordi e affetto verso queste persone. Alla fine della celebrazione, poi, abbiamo regalato a tutti un fiore e, come ricordo, un’immagine raffigurante un’icona del buon samaritano”.

“Il dramma di queste morti avviene con la complicità dell’indifferenza degli uomini. Ma Dio non è indifferente e ci chiede di rispondere all’indifferenza con un amore più forte, che non sia tiepido e approssimativo”.

Un amore concreto, caldo e invitante, un amore che profuma di casa e di festa in famiglia, come un buon piatto di pasta al forno. A prepararlo per tutti i 130 “amici di strada” e i volontari della Sant’Egidio sono stati lo chef stellato Ivano Ricchebono e la sua brigata del ristorante “The Cook”.

“Per 25 anni ho fatto parte degli scout – racconta Ricchebono al Sir –. Poi gli impegni di lavoro mi hanno portato lontano da questo mondo. Ma è sempre rimasto vivo in me il desiderio di fare qualcosa per gli altri. Ho contattato così la Sant’Egidio e ci siamo accordati per avviare un percorso di volontariato. Abbiamo iniziato a Natale dello scorso anno. L’idea era di fare qualcosa di significativo per chi non ha la possibilità di permettersi il pranzo di Natale perché vive in strada o perché non ha le possibilità economiche”. Nelle sale del convento francescano in piazza della Nunziata, Ricchebono con la sua brigata (Simone Belfiore, Sara Priano, Luca Traverso, Yari Sorgon, Ivona Jerković, Alberto Trovato, Nicolò Pellegrino, Elisa Arduini e Federico Zerboni) hanno servito un menù a base di lasagne al forno, arrosto con purè di patate e crostata di frutta.

“È stata un’esperienza che, da un punto di vista umano, ha toccato molto sia me che i giovani che lavorano con me – ricorda Ricchebono –. Abbiamo così pensato di far sì che quella non fosse un’iniziativa fine a se stessa, ma che avesse un seguito. Mettersi a disposizione degli altri è un motto mio, della mia famiglia e dei ragazzi che lavorano con me, con i quali sto cercando di fare un percorso di formazione non solo professionale, ma anche umano. Devo dire che i ragazzi sono disponibili e felici di partecipare. Sono loro che si propongono per venire. Sanno che quello che fanno in più, lo fanno per un bene che li fa stare anche bene”.

Il menù preparato per il pranzo di domenica scorsa prevedeva pasta al forno, arrosto di tacchino con patate e crostata con le nocciole.

“Ho ancora negli occhi – racconta Ricchebono – la gioia di queste persone quando si sono visti servire questi piatti semplici, che però sognavano da chissà quanto tempo e che non sempre possono permetterseli, perché non hanno i mezzi per mangiare tutti i giorni. Sono rimasto molto colpito anche dall’attaccamento che hanno l’uno per l’altro. Sono molto solidali tra di loro e sono felici di mantenere vivo il ricordo di chi ha vissuto le loro stesse difficoltà e che oggi non c’è più”.

Un menù semplice, quello di domenica scorsa, cucinato a regola d’arte e servito con la cura e l’attenzione che si ha per le persone care, di famiglia. Perché quella che domenica si è seduta a tavola nelle sale dell’ex convento dei francescani è una grande famiglia, in cui si condividono le difficoltà, così come le gioie. E si festeggiano anche i compleanni. “Stefan, romeno che vive da tempo in strada, proprio domenica ha compiuto 47 anni – racconta don Scala – e lo abbiamo festeggiato con una bella torta di compleanno. Lui si è commosso. Chi vive in strada diventa agli occhi della gente un invisibile, di cui non si sa il nome. Figuriamoci il giorno del compleanno”.

“La solidarietà ha un sapore speciale – sottolinea lo chef Ricchebono –, che va oltre al piatto gastronomico che cerchiamo di pensare per le persone per cui cuciniamo. Per noi il cibo è più di un semplice nutrimento. È una fonte di gioia e di felicità”.

“Se abbiamo già altri appuntamenti in calendario? A Pasqua di sicuro, ma non è detto che con la Sant’Egidio non si riesca ad organizzare un altro pranzo anche prima”.

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Fonte: Sir